Gentile Direttore,
l’intervento del Prof. Cavicchi in merito alla Conferenza nazionale sulla salute mentale ha stimolato il dibattito. Avendo partecipato alla Conferenza, per un giudizio oltre la dichiarazione finale, credo sia utile attendere la pubblicazione delle diverse relazioni e degli interventi. Ciò potrà consentire di cogliere la qualità delle proposte e quali siano stati i complessi riferimenti culturali, politici e sociosanitari di un mondo associativo molto variegato, ricco e con tante sensibilità alla ricerca di ascolto e dialogo.
Condivido quanto ha scritto Antonello D’Elia e non lo ripeto. Mi concentro invece sui diritti che erano il tema della conferenza. Diritti individuali e sociali da vedersi indissolubilmente legati. A questo proposito la 180 fissa un patto sociale e le condizioni per gli Accertamenti e i Trattamenti Sanitari Obbligatori (e coercitivi). Una questione molto attuale come si è visto con le vaccinazioni e con il Covid. E’ il core della 180 la quale stabilisce che di norma gli accertamenti e trattamenti sanitari sono volontari. La salute è vista come un diritto individuale e un interesse sociale. Per questo la 180 è un bene comune a tutti.
Infatti, la 180 ha rappresentato e rappresenta un punto di emancipazione e di equilibrio molto elevato, un accomodamento molto ragionevole tra interessi a volte contrastanti. Lo sforzo è mantenere e se possibile ampliare l’ambito della volontarietà. Vanno in questa direzione i recenti pronunciamenti della Corte di Cassazione (sentenze 33.290 del 19 dicembre 2024 e 24.124 del 9 settembre 2024) e della CEDU (condanna dell’Italia per le contenzioni con sentenza 7 novembre 2023, Lavorgna c. Italia, ric. 8436/21).
Se dopo la 180 ulteriori passi avanti sono stati fatti con la legge 18/2009 (ratifica della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità) e con la legge 219/2017 sul consenso informato e le DAT, vi sono timori di un ritorno al passato magari in nome dell’ordine pubblico o per una crisi del welfare pubblico universale che è lo strumento per rendere effettivo ed esigibile il diritto alla salute.
In questo quadro occorre segnalare come il principio di autodeterminazione non abbia ancora trovato piena applicazione nel fine vita. Il “suicidio assistito” non ha una normativa nonostante la sentenza della Corte Costituzionale. Persino le terapie antalgiche e la palliazione previste dalla legge 38 del 2010 in molte realtà restano diritti sulla carta perché mancano i servizi.
Su questi temi, rispetto ad altri Paesi, siamo molto in ritardo e il divario si allarga sulla Gestazione per Altri, sui diritti delle coppie LGBTQ+ e dei loro figli.
Altri diritti come l’interruzione volontaria di gravidanza stanno subendo attacchi e limitazioni di fatto con azioni assai discutibili o inaccettabili verso le donne. I diritti all’educazione, all’istruzione, al lavoro, alla casa sono sempre più spesso derubricati a mere opportunità.
Molto viene da lontano ma diverse norme sono più recenti. Si pensi alla compressione del reddito di cittadinanza, la riduzione dei fondi per la lotta alle povertà economica ed educativa, per il fondo affitti, la non autosufficienza e le disabilità. Una situazione che, pur con un’occupazione in aumento, ha determinato il record di quasi 6 milioni di poveri di cui un terzo minori. Non solo ma vi è il sommerso della condizione giovanile, tra disoccupazione, NEET e disagi.
Le politiche repressive e le leggi sulle droghe sono alla base di un elevato numero di carcerazioni. Le norme sui migranti e la cittadinanza stanno creando una popolazione di esclusi e clandestini. L’espressione del dissenso rischia di venire meno tollerato e punito se verrà approvato il c.d. “sicurezza”.
Poi vi sono tutti i problemi noti in ambito sociale e sanitario. Le riforme del titolo V della Costituzione ma anche altre questioni come l’aziendalizzazione, l’intramoenia, la privatizzazione…. L’elenco è già stato fatto più volte e purtroppo sembra si voglia continuare con l’autonomia differenziata.
Non si è ancora riusciti a depenalizzare l’atto medico, a superare al posizione di garanzia degli psichiatri, a deburocratizzare il lavoro (ad esempio con l’autocertificazione delle malattia breve), né a fare un piano nazionale per la sicurezza delle cure con adeguati strutture, investimenti e formazione. Tutti questi elementi hanno rilevanti impatti sulla salute mentale.
Aggravato dalla post pandemia e dai riflessi delle guerre il clima richiederebbe un nuovo patto sociale che è fondamentale ricostruire secondo la logica della reciprocità diritti-doveri. Da questo siamo molto lontani e vista tutta una serie di norme come flat tax, condoni, ed evasione fiscale la Conferenza ha bene evidenziato il rischio di sistema di welfare pubblico sempre più povero e meno universale. Rischio che è molto grave per la salute mentale dato che è esclusa dalle polizze assicurative. La privatizzazione dei servizi è un’altra preoccupazione ma una cosa è privatizzare l’erogatore e un’altra ancor più grave, il pagatore. Quindi per la salute mentale è essenziale la difesa dei diritti ed è al contempo fondamentale il mantenimento e la qualità dei servizi pubblici universali. Restare senza cure e abbandonati è una condizione inaccettabile. Molte associazioni e utenti lo hanno detto con forza chiedendo attenzione a tutti gli aspetti della salute (vista la morbilità e mortalità prematura delle persone con disturbi mentali).
Sempre in tema di diritti, pur con tutti i miglioramenti della legge 180 le persone con disturbi mentali subiscono ancora stigmi e discriminazioni sia in ambito penale che civile. Basta pensare al doppio binario, alla pericolosità sociale e alle misure di sicurezza, alle garanzie per i TSO, all’istituto dell’amministrazione di sostegno.
Vi è ancora un grande lavoro da fare insieme a partire dalle condizioni di vita reali delle persone e delle loro famiglie. Molte persone vivono in povertà, con lavoro precari o pensioni molto al di sotto del minimo vitale. E’ stato detto con molta dignità. I tanti bisogni delle persone e l’insieme delle risorse in primis quelle degli utenti richiedono attenzione e un’attivazione di tante forme di prendersi cura che vanno molto oltre la psichiatria. Questa dovrebbe essere gentile, per questo è stato ricordato Eugenio Borgna, dialogante in grado di comprendere il dolore mentale e la sofferenza relazionale e non solo incentrata sugli aspetti psicofarmacologici. Per questo servono risorse, revisione della formazione universitaria, nuovi servizi di comunità, strumenti come Budget di salute, dialogo aperto, partecipazione organica di utenti esperti e delle famiglie. Un dialogo interistituzionale è essenziale per la salute mentale nei contesti sensibili (carceri, centri migranti, Residenze anziani…).
In tema di diritti e qualità delle cure vi è preoccupazione per una proposta di legge (n.1179/2024) che interviene sui TSO (requisiti e durata), in carcere porta i posti psichiatrici al 3% dei detenuti (oltre 1800 posti) con la previsione di effettuare TSO in ambito detentivo. Inoltre per la sicurezza dei familiari, amplia la posizione di garanzia dei servizi rispetto alla pericolosità della persona con disturbi mentali. Un’altra proposta di legge (n. 1171/2024) prevede di raddoppiare il numero di posti in SPDC. Ancora vi sono proposte per creare REMS nazionali… riproponendo modelli ex OPG nonostante la sentenza 22/2022 della Corte Costituzionale e l’accordo Stato Regioni del 28 novembre 2022 ancora in larga misura inattuato. Su tutti questi punti durante la Conferenza sono emerse proposte e alternative molto importanti e la richiesta di dialogo con le istituzioni nazionali e regionali.
In tema di diritti da più parti è stato espresso un grande timore di tornare ad una psichiatria restraint, coercitiva e dell’obbedienza giudiziaria. Se è vero che anche su questo punto i problemi vengono da lontano, e quindi tanti hanno motivi per un’autocritica, va detto diverse proposte sono relativamente recenti. Anche il tema delle risorse. In base al Rapporto SIMS nel 2023 rispetto al 2022 il personale complessivo del servizio pubblico si è ridotto di 987 unità (-3,2%). Rispetto al 2016 il calo è di 2.472 unità (-7,8%). I dati sui servizi sono assai critici anche a fronte di un utenza in aumento. Rimettere i diritti e doveri al centro di un nuovo patto sociale può essere il lavoro da fare assieme, perché la 180 resti ancora un bene comune.
Pietro Pellegrini