Pepp e pensioni, tutela dei sanitari e non solo
di Marco Perelli Ercolini
11 NOV -
Gentile Direttore,le scrivo come vicepresidente FEDERSPEV, in quanto ritengo occorra prendere delle posizioni chiare e avere una visione d’insieme quando si parla di sanitari. Noi, come FEDERSPEV, seguiamo le necessità degli operatori sanitari over 65, ma aiutiamo gratuitamente anche i giovani che lavorano nel mondo sanitario per informarli sui loro diritti in merito alle pensioni e al loro lavoro.
Combattiamo per il servizio sanitario nazionale che troppa politica ha rovinato negli anni e vorrei riflettessimo sul fatto che Governo, dopo la bollinatura e la firma del Capo dello Stato, ha trasmesso il Disegno di legge di Bilancio 2025 al Parlamento ed è iniziato alla Camera dei Deputati il suo iter per l’approvazione, che deve avvenire entro il 31 dicembre prossimo. Sulla decisione del Governo hanno indubbiamente influito le decisioni della Corte dei Conti che ha sollevato dubbi sulla legittimità costituzionale della misura restrittiva adottata per il 2023 e il 2024, che colpiva gli assegni pensionistici medio-alti e pure i nostri ricorsi legali sulle vessazioni nei confronti delle pensioni negli anni.
Nell’ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale, il collegio dei giudici contabili ha precisato che “la penalizzazione dei titolari di trattamenti pensionistici più elevati lede non solo l’aspettativa economica ma anche la stessa dignità del lavoratore in quiescenza” e che “la pensione più alta della media è il meritato riconoscimento per il maggiore impegno e capacità dimostrati durante la vita economicamente attiva”.
Ricordiamo che la perequazione non è un aumento della pensione, ma è il tentativo di mantenerla con lo stesso potere d’acquisto di fronte alla svalutazione monetaria intercorsa. Gli incrementi per il 2025, speriamo…ma prudentemente diciamo: certi solo dopo l’approvazione e pubblicazione nella G.U. saranno questi: le rendite non superiori al trattamento minimo (598,61€ al mese) godranno, oltre alla rivalutazione del 100% dell’indice Istat, anche una rivalutazione straordinaria del 2,2% (con riassorbimento della rivalutazione straordinaria del 2,7% riconosciuta quest’anno); le rendite entro le quattro volte il minimo (cioè entro i 2.394,44€ lordi al mese al 31 dicembre 2024) avranno la rivalutazione del 100% dell’indice Istat; le rendite superiori a quattro volte e comprese entro le cinque volte il minimo (cioè entro 2.993,04€ lordi al mese al 31 dicembre 2024) avranno il 100% dell’indice Istat sino a 2.394,44€ ed il 90% dell’indice Istat per la quota eccedente; le rendite superiori a cinque volte il minimo (cioè oltre 2.993,04€) avranno il 100% dell’indice Istat per la quota sino al 2.394,44; il 90% dell’indice Istat per la quota superiore a 2.394,44€ sino a 2.993,04€ e il 75% dell’indice Istat per la quota eccedente 2.993,04€. L’aumento delle fasce di indicizzazione fa da contraltare alla diminuzione dell’inflazione.
L’indice Istat per il 2024 dovrebbe, infatti, attestarsi intorno all’1% rispetto al precedente 5,4% e 8,1% del 2022 quando la rivalutazione degli assegni d'oro e d'argento è stata fortemente compressa. Ormai non è un mistero che per fare cassa il Governo agisce come una fisarmonica comprimendo la rivalutazione degli assegni più alti nei periodi di alta inflazione. In questo modo, tuttavia, il potere d'acquisto delle rendite viene compromesso progressivamente nel tempo per l'effetto trascinamento e le pensioni diventano poi solo debiti di valuta e non più di valore.
Inoltre vorrei far presente che ci sono PEPP, nuovo strumento di pensione integrativa europea che consentono ai cittadini europei di accedere a un nuovo prodotto di previdenza complementare volto ad integrare i regimi pensionistici individuali pubblici, professionali e nazionali. Chissà come mai in Italia nessuno ne parla. Questo sentirsi italiani e non europei è un’altra scelta politica che lede noi cittadini tutti, non solo chi lavora o ha lavorato in Sanità, perché la Commissione europea punta sul concetto ONEHEALTH e sulla convinzione che la Sanità non sia un costo, ma un investimento.
Non possiamo più permetterci di investire in formazione per giovani brillanti e poi perderli perché in Italia non si valorizzano come in altri Stati europei le competenze, non gli si consente un percorso di lavoro e di previdenza per il futuro adeguati e non si ha un piano strategico condiviso con obiettivi a lungo termine e non, come sempre, a “termine” di cariche di governo.
Prof. Marco Perelli ErcoliniVicepresidente FEDERSPEV
11 novembre 2024
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