Intelligenza Artificiale nelle aziende sanitarie: passare dal “se” al “come” dell’adozione
di Giulia Cappellaro e Chiara Sgarbossa
25 OTT -
Gentile Direttore,l'intelligenza artificiale (IA) sta rapidamente trasformando la medicina e la sanità. Se l’IA ha il potenziale di migliorare la pratica clinica in diversi ambiti – diagnostica, pianificazione dei trattamenti, personalizzazione della cura, monitoraggio dei pazienti e stratificazione del rischio – la sua reale efficacia dipende dalla concreta implementazione e dalla misurazione degli impatti. È quindi essenziale preparare le aziende sanitarie all’adozione di tali soluzioni, adattandole alle specificità di ciascuna organizzazione. La vera domanda oggi è come poter adottare l'IA in modo efficace, rispettando la natura istituzionale e organizzativa di ogni azienda.
Queste riflessioni sono emerse in un recente studio condotto congiuntamente da Università Bocconi e dall’Osservatorio Sanità Digitale del Politecnico di Milano nell’ambito del progetto PNRR MUSA. Lo studio ha coinvolto i CIO di enti sanitari pubblici e privati in Lombardia (ASST, ATS, IRCCS, gruppi e case di cura private accreditate), con l’obiettivo di mappare l'adozione di applicazioni di IA in ambito clinico. Hanno partecipato 46 aziende, con un tasso di risposta del 75% nel settore pubblico e oltre la metà dei gruppi ospedalieri privati. Il 43% delle aziende ha dichiarato di lavorare su applicazioni di IA in ambito clinico, con differenze in termini di fase (sviluppo, sperimentazione, piloting, implementazione) e natura delle applicazioni.
Dallo studio emergono due strategie aziendali di approccio all'IA. Il primo approccio prevede l’internalizzazione dello sviluppo e implementazione delle applicazioni. È una strategia adottata da una minoranza di rispondenti (13%), con missione istituzionale di ricerca (principalmente IRCCS), sia pubblici che privati. Questi enti hanno predisposto una governance interna formale per i progetti IA e spesso collaborano con enti accademici o provider tecnologici, condividendo dati e competenze cliniche. Il finanziamento proviene principalmente da fondi nazionali e internazionali di ricerca (63%), con un minore contributo dal budget aziendale (29%). Le applicazioni di IA – la maggior parte delle quali ancora in fase sperimentale – riguardano medicina fisica e riabilitativa, neurologia, oncologia, diabetologia e medicina di laboratorio. Le principali barriere all’adozione di soluzioni IA percepite sono la normativa sulla protezione dei dati (valutata mediamente 4,5 su una scala da 1 a 5), la mancanza di modelli di rimborso (4,2) e l’interoperabilità dei sistemi (4,0).
Il secondo approccio si basa esclusivamente sull'acquisto di applicazioni IA già sul mercato, dotate di marchio CE. Questa strategia è più comune in aziende che mirano a innovare i percorsi di cura senza necessariamente investire in ricerca e sviluppo, come ASST e gruppi di poliambulatori e case di cura private (e rappresentano il 30% del campione). La governance è meno formale, con il coinvolgimento di diverse professionalità – dall’ingegneria clinica ai medici – in base al know-how specifico. Le applicazioni sono prevalentemente finanziate con risorse interne (76%) e integrate in dispositivi medici (es. sistemi di radiologia). Questo approccio richiede una gestione attenta delle sfide di integrazione tecnologica e organizzativa, con difficoltà percepite legate alla cultura organizzativa (3,6) e alla normativa sulla responsabilità medica (3,4).
I due diversi approcci devono essere attentamente valutati dalle aziende, anche sulla base della strategia che intendono perseguire, considerando sia i benefici che i rischi. Da un lato, infatti, lo sviluppo interno può consentire di personalizzare le soluzioni alle esigenze specifiche, ma richiede competenze avanzate e risorse significative, nonché il coinvolgimento di team multidisciplinari. Dall’altro lato, l'acquisizione di soluzioni già disponibili sul mercato consente un’implementazione più rapida, ma deve prevedere la selezione attenta delle applicazioni già disponibili sul mercato e la relativa integrazione con i sistemi già esistenti.
In questo contesto, a prescindere dal tipo di approccio utilizzato, sarà fondamentale investire sulla formazione del personale delle aziende sanitarie per poter sfruttare appieno le potenzialità dell’IA. Dalla rilevazione emerge, tuttavia, che ancora poche aziende hanno già avviato programmi di formazione su queste tecnologie. Sarà quindi importante avviare collaborazioni con istituzioni accademiche e tecnologiche per comprendere meglio i benefici e i rischi per i diversi attori coinvolti, così da sostenere lo sviluppo e l’adozione delle tecnologie IA in modo efficace e sostenibile.
Giulia CappellaroProfessoressa Associata, Università Bocconi e CERGAS BocconiChiara SgarbossaDirettrice Osservatorio Sanità Digitale, Politecnico di Milano
25 ottobre 2024
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