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Assistente infermiere: riflessioni a caldo

di  Annalisa Pennini e Giannantonio Barbieri

09 SET - Un anno fa, proprio in questi giorni, scrivevamo un articolo per proporre una riflessione giuridica e organizzativa sugli infermieri e (possibili) assistenti per la salute.

Oggi, a distanza di un anno, il dibattito si ri-apre, cambiando terminologia. Troviamo articoli e documenti dove si parla di assistente infermiere, ma anche del cosiddetto super-OSS.

Dal Ministero della Salute arrivano due decreti che hanno l’intento di normare lo sviluppo dei due profili e che sono ora all’attenzione delle Regioni e potrebbero essere, a breve, approvati in Conferenza Stato-Regioni.

I decreti propongono una revisione del profilo dell’OSS e una formazione aggiuntiva per diventare “assistente infermiere”. Quindi scompare la pregressa dicitura “assistente per la salute” e questa nuova figura non viene più, così, riferita al sistema salute ma legata all’infermiere o all’infermieristica.

Però l’assistente infermiere, stando alle bozze dei decreti, è un OSS con ulteriore formazione. E qui un po’ di confusione c’è. Non che i documenti dello scorso anno fossero così trasparenti nelle attribuzioni di funzioni e responsabilità, ma ora, con questi ultimi, si chiarisce che la partenza di tutto è il profilo dell’OSS.

L’assistente infermiere è un OSS con una formazione aggiuntiva e questo, invece, ci lascia perplessi, sul piano lessicale, ma anche concettuale e pratico.

Ci sfugge, infatti, perché non continuare a chiamarlo OSS con formazione complementare o altri titoli simili. Perché spingersi ad “assistente infermiere”? Forse perché la figura dell’OSS con formazione complementare del 2003, come si legge, ha avuto scarso impatto sulle organizzazioni? Oppure perché i problemi citati: bisogni di salute, modificazioni delle realtà organizzative e invecchiamento della popolazione sono affrontabili solo con nuove figure?

Dal punto di vista organizzativo è apprezzabile lo sforzo di riconoscere la necessità di adottare modelli organizzativi innovativi nei quali integrare diverse tipologie di operatori con la professione infermieristica e con il resto dell’èquipe multiprofessionale.

Non vorremmo essere fraintesi: non siamo contrari allo sviluppo di figure di supporto all’infermiere, anzi. Gli infermieri e l’infermieristica ne hanno bisogno. Ci preoccupa la partenza e l’arrivo. La partenza da un profilo OSS per arrivare all’assistente infermiere. L’arrivo: quali scenari reali e concreti nei rapporti con l’infermiere? E quali rapporti infermiere – OSS – assistente infermiere?

Fra i tanti perché che hanno caratterizzato lo scarso impatto, nel 2003, dell’OSS con formazione complementare vi era quello della necessità di far crescere la consapevolezza negli infermieri delle responsabilità e degli spazi di autonomia per poter governare il processo assistenziale, prendere decisioni e attribuire attività con appropriatezza e sicurezza agli OSS (anche con formazione complementare).

Questa parte è rimasta, ed è un problema aperto. E’ l’enorme problema della valorizzazione della professione infermieristica. Questo nuovo scenario, riproporrà gli stessi problemi?

Infine, una cosa è certa. All’infermiere rimangono le responsabilità.

Da un punto di vista generale, infatti, la responsabilità dell’assistenza generale infermieristica, sulla base del D.M. 739/1994, rimane in capo all’infermiere, il quale “identifica i bisogni di assistenza infermieristica della persona e della collettività e formula i relativi obiettivi”, oltre che pianificare, gestire e valutare l’intervento assistenziale infermieristico.

Sicuramente l’infermieristica dovrà ridefinire il proprio campo d’azione e rivedere, nel senso di riflettere, diversi modelli di responsabilità, considerando che l’assistente infermiere svolgerà le attività sue proprie “attenendosi alla pianificazione o alle indicazioni infermieristiche, con la supervisione o collaborando con l’infermiere”.

E fondamentale, ancora una volta, sarà la riflessione sui comportamenti dei vari professionisti operanti nel contesto e dei apporti fra loro, in termini di decisioni, azioni e possibili errori.

L’errore potrà avere diverse cause. Interpretazione sbagliata, scelta di una norma non adeguata e pianificazione di una strategia non adatta a raggiungere gli obiettivi specifici.

Agli infermieri le responsabilità legate ai mistakes; si tratta di quei casi in cui l’azione avviene come pianificata ma viene scelta una regola sbagliata a causa di una errata percezione della situazione oppure quando ci si trova di fronte a situazioni insolite che richiedono risposte che devono essere trovate al momento e viene compiuta un’azione sbagliata per carenza di conoscenze.

Rimane l’antico tema della culpa in eligendo e della culpa in vigilando in capo al personale infermieristico, ossia la colpa nella scelta del soggetto chiamato ad eseguire una determinata attività e la colpa nella omessa o inadeguata “supervisione”.

Gli scenari sono tutti da disegnare, ma all’infermiere e all’infermieristica, rimane l’enorme responsabilità di gestire questo passaggio, di farsi uniti in una identità, che fra nuovi e vecchi termini rischia di disperdersi, definitivamente.

Annalisa Pennini
PhD in Scienze Infermieristiche - Sociologa

Giannantonio Barbieri
Avvocato esperto di Diritto Sanitario

09 settembre 2024
© Riproduzione riservata

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