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ALPI: una risorsa per il Sistema sanitario pubblico

di Filippo Gianfelice

04 SET -

Gentile direttore,
la pubblicazione recente da parte del Ministero della Salute della Relazione annuale sullo stato di attuazione dell’esercizio dell’attività̀ libero-professionale intramuraria - Anno 2022 - , mette ancor più in evidenza, con dovizia di dati e precisione scientifica, quanto da anni la nostra organizzazione sindacale sostiene: l’ALPI, l’attività libero professionale svolta in intramoenia dalla dirigenza sanitaria va difesa perché è esercitata nel pieno rispetto della complessa normativa che la regola, produce ricavi per oltre un miliardo di euro l’anno per le Aziende con un saldo attivo di oltre 250 milioni di euro, ha destinato, dal 2017 al 2022, oltre 350 milioni di euro all’abbattimento delle liste d’attesa, non determina l’allungamento delle liste d’attesa, rappresentando meno del 10% delle prestazioni erogate in regime istituzionale, globalmente considerate; in sostanza rappresenta una risorsa per il SSN

Ma andiamo con ordine.

Il Rapporto del Ministero della Salute analizza con molta attenzione l’applicazione della normativa in tema di ALPI nelle varie regioni, ed apprezza lo sforzo compiuto per rispettare quanto disposto pianificando e mettendo in atto quanto necessario. Tutte le regioni hanno individuato specifiche misure dirette ad assicurare, nel rispetto delle vigenti disposizioni contrattuali, il definitivo passaggio al regime ordinario del sistema dell'attività̀ libero-professionale intramuraria, hanno prodotto ed applicato linee guida regionali per la gestione dell’ALPI, e 16 su 21 hanno costituito l’organismo paritetico con funzioni di verifica e sanzionatorie (così come stabilito dell’Accordo della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome in data 18 novembre 2010 – rep. Atti. N. 198/CSR) (vedi tab.1).

Tab. 1 fonte Ministero della Salute


Appare quindi assolutamente ripetitivo proporre ulteriori sistemi di verifica e controllo sull’ALPI come riproposto nell’articolo 4, comma 2 del decreto legge 7 giugno 2024, n. 73 convertito in legge 29 luglio 2024, n. 107 (cosiddetto Decreto liste d’attesa) dove si ribadisce il tema del controllo sull’attività svolta in ALPI, demandandolo alle direzioni sanitarie, con le relative sanzioni in caso di messa in evidenza di irregolarità, a fronte appunto di Organismi paritetici in Regione ed Azienda già presenti e funzionanti (“2. Presso ogni azienda sanitaria e ospedaliera è in ogni caso assicurato il corretto ed equilibrato rapporto tra attività istituzionale e corrispondente attività libero-professionale di cui all'articolo 15-quinquies, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, con il divieto che l'attività libero-professionale possa comportare per ciascun dipendente e per ciascun professore e ricercatore universitario inserito in assistenza un volume di prestazione superiore a quello assicurato per i compiti istituzionali. A tale fine, l'attività libero-professionale è soggetta a verifica da parte della direzione generale aziendale, con la conseguente applicazione di misure, consistenti anche nella sospensione del diritto all'attività stessa”).

Altro punto sempre messo in evidenza da detrattori di questa attività è la correlazione dell’attività svolta in ALPI in confronto a quella svolta in istituzionale: orbene, nella Relazione del ministero della salute si mette in evidenza come tutta l’ attività svolta in ALPI, globalmente considerata, rappresenta l’8.3% del totale delle prestazioni ambulatoriale (4.954 milioni vs 59.682 milioni dato anno 2022) con variabili rispetto alla tipologia di prestazioni ambulatoriali (dal 3% della visita fisiatrica al 33% della visita ginecologica) o strumentali (dal 1% della TAC al 36% dell’ecografia ginecologica) mentre addirittura le prestazioni in regime di ricovero sono meno dello 0,3% del totale: e questo con alcune differenze regionali (quasi il doppio in Emilia Romagna e Toscana rispetto a Campania e Calabria).

L’esiguità dei numeri sarebbe sufficiente a spiegare l’inutilità di un blocco di tale attività che nulla apporterebbe alla riduzione delle liste d’attesa. Si aggiunge a questo la rilevazione della diminuzione costante del numero dei Medici che svolgono L’ALPI.

I numeri sono significativi perché negli anni 2014-2022 si è passati da n. 53000 medici che svolgevano tale attività a circa n. 44500 con un rapporto percentuale fra medici in ALPI e totale dei Dirigenti medici presenti nel SSN che passa dal 44.2% al 38,5% sempre in questo arco di tempo. Le cause possono ritrovarsi, (come dal sondaggio svolto dall’Anaao Assomed nei primi mesi dell’anno e in corso di pubblicazione), in una normativa farraginosa, dall’eccessivo carico fiscale e dalla necessità di spazi maggiori per tale attività che spingono verso l’abbandono dell’attività all’interno dell’ospedale per migrare verso strutture private

L’ALPI rappresenta inoltre un processo che si auto sostiene, producendo ricavi per le Aziende (vedi grafico 1)



e rappresenta un’importante fonte di finanziamento per l’abbattimento delle liste d’attesa, essendo il 5% della tariffa destinate a tale scopo dalla legge “Balduzzi” del 2012 (articolo 2, comma 1, lettera e) del Decreto legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito in legge 8 novembre 2012, n. 189): questo ha destinato oltre mezzo miliardo di euro negli ultimi dieci anni a tale scopo, con una crescita nell’ultimo anno di rilevazione Altro dato che emerge e che apre molti spunti di riflessione è che la spesa procapite per le prestazioni effettuate in libera professione è pari a circa 20€ per cittadino (vedi grafico 2) e rappresenta una piccola quota (2% ca) di quanto invece viene speso per l’acquisto di prestazioni sanitarie totalmente intese “out of pocket”. Il rapporto Gimbe 2023 riporta infatti una spesa procapite per prestazioni sanitarie private di ca $920 nell’anno 2022 e in aumentata rispetto a circa 600$ del 2020.

Appare evidente come l’attività intramuraria della dirigenza sanitaria, anche dopo la pubblicazione della Relazione sullo stato di attuazione dell’esercizio dell’attività̀ libero-professionale intramuraria per l’anno 2022, rappresenti una componente attiva nell’ambito del SSN, sia per la quota d’introiti prodotta, sia per la funzione nel contrasto e recupero della spesa sanitaria nei confronti del sistema privato. Difenderla è una scelta contro coloro che vogliono tentare di ridurla o abolirla, e non servono nuove leggi, perché già presenti e correttamente applicate.

Filippo Gianfelice

Coordinatore Nazionale Osservatorio Libera Professione Anaao Assomed



04 settembre 2024
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