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Aggressioni al personale, per trovare le soluzioni va evitato il riduzionismo

di Federico Durbano

03 SET - Gentile Direttore,
le scrivo in merito alla recrudescenza di atti aggressivi verso il personale sanitario che sono stati registrati nel solo mese di agosto (Empoli, Monfalcone, Castellammare, Crotone, tanto per citare quelli assurti alle cronache nazionali). Al netto del fatto che il caldo umido è il fattore ambientale di rischio più elevato per i comportamenti aggressivi (cfr. la corposa letteratura scientifica disponibile), numerose sono le altre variabili che possono intervenire, di tipo relazionale ed organizzativo.

Molti (soprattutto in area sindacale) attribuiscono tale situazione alla perdita di fiducia nei confronti dei sanitari da parte della popolazione esasperata dalla mancanza di operatori sul territorio. Quindi sottolineano una situazione legata alle carenze di organico. Tutto vero. Un territorio che fa acqua rende l'area dell'emergenza-urgenza un collo di imbuto in cui tutto si incanala, compreso il disagio e le tensioni sociali.

Altri, più interventisti, sollecitano la presenza di maggiori presidi di polizia nei servizi di emergenza urgenza. Ma questo non risolverebbe il problema dei presidi territoriali (ad esempio nel territorio della ASST Melegnano e della Martesana, sempre ad agosto, una collega territoriale è stata aggredita nel suo ambulatorio territoriale - non psichiatrico!), a meno di non militarizzare tutti i punti di erogazione sanitaria.

Almeno quelli della sanità pubblica: non ho ancora letto alcun fatto di cronaca che coinvolga i servizi della sanità privata. Forse perché i servizi privati vengono vissuti come servizi di eccellenza (essendo privati) rispetto ad un servizio pubblico che, essendo pubblico ed universalista, viene percepito come di serie B (o peggio), ed essendo "gratis" può essere svilito e danneggiato in tutte le sue componenti (secondo il principio che se è pubblico è di tutti ma non è mio, posizione ben distante da quella della cultura anglosassone dove il pubblico è vissuto come mio). Senza rendersi conto che in realtà il SSN/SSR lo paghiamo, e salato (almeno chi paga le tasse lo paga salato).

I Ministri della Salute e dell'Interno hanno sottolineato il loro sforzo nel rendere sicuri gli ospedali (ma il territorio?), viene sottolineato come le leggi siano state riviste con pene più significative. Vero. Ma prima di arrivare ad una condanna (che non riceve la stessa risonanza mediatica dell'episodio scatenante) passano tempi biblici, sempre che nel frattempo la denuncia venga fatta: molto spesso una serie di vessazioni amministrative e/o la paura di ritorsioni inibisce l'azione legale da parte delle vittime.

Infine, alcuni più illuminati sottolineano la necessità di migliorare il senso di educazione civica delle nuove generazioni per creare un futuro migliore. Parole sacrosante. Ma qui mi soffermo: non essendo più un giovanissimo, mi ricordo le lezioni di educazione civica che mi erano state impartite alle scuole medie (ora scuola secondaria di primo grado) e al liceo (ora scuola secondaria di secondo grado). Abbiamo imparato gli articoli principali della Costituzione, abbiamo avuto una infarinatura sulla organizzazione dello Stato, della Giustizia, ci sono state impartite lezioni di convivenza civile, chi sgarrava andava diritto dal Preside (ora Dirigente Scolastico), figura riconosciuta come persona autorevole, e nessuno osava contestare le sanzioni disciplinari. Da padre vedo come l'educazione civica viene insegnata oggi: trasversale tra tutte le materie, ogni docente pensa di fare quello che ritiene nella manciata di ore (un paio all'anno scolastico) che gli sono concesse in un anno e viene chiamata educazione civica. Per carità, temi come il bullismo a volte vengono affrontati, ma il nocciolo della educazione civica non viene minimamente sfiorato. Una volta si faceva la lettura del quotidiano in classe per affrontare temi sociali, oggi non se ne parla. E anche questa era educazione civica. Non voglio entrare in merito al ruolo delle famiglie in questo processo educativo, che sarebbe lungo e complesso.

Quindi, per tirare le somme di questa mia, per migliorare le cose nel medio-lungo termine non bastano i Ministeri della Salute (che di fatto ha un portafoglio vincolato) e dell'Interno, ma serve anche il coinvolgimento strutturale e progettuale della Giustizia (per garantire la celerità e certezza della pena sono necessari interventi strutturali sui nostri Codici, ancora imbalsamati in un modello pre-bellico nella loro sostanza) e dell'Istruzione (per rivedere gli attuali programmi didattici di educazione civica in maniera più utile allo sviluppo di una società civile sana e formata). Il tutto sempre con l'avvallo del MEF, che è il vero gestore delle risorse.

Le operazioni culturali sono quindi importanti, ma non dobbiamo dimenticare che senza risorse gli operatori perdono sempre più la lucidità a causa del sovraccarico di lavoro, e questo inavvertitamente può mettere gli stessi operatori in una situazione relazionale di reattività, di sottile aggressività od oppositività verso l'utenza (inconscia ed inconsapevole), di rassegnazione passiva e di disinvestimento. Sono segnali che vengono percepiti dall'altro (utente) e interpretati in maniera distorta dai preconcetti e pregiudizi cui accennavo in apertura. A questa situazione si deve rispondere con una adeguata formazione (non corsi di autodifesa ma corsi di comunicazione efficace, oltre al dovuto supporto organizzativo e psicologico, come sostenevo in una mia precedente lettera). Valide essendo tutte le altre considerazioni su risorse e investimento.

Non possiamo quindi essere eccessivamente riduzionisti cercando una soluzione sola unica e magica che ci consoli emotivamente, le soluzioni sono molteplici e devono coinvolgere una molteplicità di interlocutori. Il ruolo degli stakeholders (sindacati, associazioni professionali, società scientifiche) diventa quindi centrale nel tenere sotto pressione le Istituzioni per la messa in campo delle soluzioni integrate e complessive necessarie nel breve-medio termine per evitare sia la deriva di svilimento della sanità pubblica che porta ai riprovevoli episodi descritti sia la perdita di appeal per la professione. Ma la progettazione sul breve-medio periodo si deve inserire in una progettazione più ampia e a lungo raggio temporale per costruire una sanità di nuovo autorevole e rispettata. Questo Governo afferma di avere i numeri per farlo. Noi stakeholders dobbiamo vigilare perché si avveri. Senza far proliferare Tavoli e convitati (spesso di pietra) che rassicurano l'aspetto emotivo ma non portano a soluzioni, i ruoli istituzionali devono recuperare la loro "responsabilità" che non può essere delegata e dispersa.

Dott. Federico Durbano
Direttore S.C. Psichiatria Martesana UOP 34
Direttore Dipartimento Salute Mentale e Dipendenze
Azienda Socio-Sanitaria Territoriale Melegnano e della Martesana

03 settembre 2024
© Riproduzione riservata

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