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Il pesce e il pescatore nel Servizio sanitario nazionale

di Franco Cosmi

01 AGO -

Gentile Direttore,
un vecchio, noto e spesso citato proverbio cinese recita: “Date a un uomo un pesce e mangerà un giorno. Insegnategli a pescare e mangerà tutta la vita”. Le voci che si alzano per salvare il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) prevalentemente chiedono il pesce. Poche si soffermano sulla capacità di migliorare la capacità di pesca dei 4 attori fondamentali (politico, medico, scienziato, paziente) che dovrebbero contribuire a migliorarlo, integrando le loro competenze e non rimpallando le responsabilità, sempre ricordando che il SSN non può essere un mercato e che il Mercato non può essere un Servizio. Bisogna trovare l’equilibrio in un sistema che vede crescere il numeratore della richiesta di prestazioni per l’invecchiamento complessivo della popolazione e l’aumentata fragilità di quella più giovane e la riduzione del denominatore per l’assottigliarsi dei servizi per la carenza di risorse ma anche per difficoltà nel lavoro di vario tipo per responsabilità professionali e carichi emotivi che gli operatori fanno fatica a sopportare, oltre alla asfissiante burocrazia e litigiosità.

IL POLITICO. L’Autonomia Differenziata legittimerà il divario tra Nord e Sud e potrebbe essere il de profundis per la riduzione delle diseguaglianze regionali e territoriali. Il prevalente rimedio richiesto più pesce in termini di personale e risorse economiche. Non possiamo negare l’incapacità di molte Regioni nel corso degli anni a utilizzare bene il pesce a loro consegnato. Anni di commissariamento, con tutti i governi, non sono serviti a niente se non ad alimentare i tre cancri radicati da tempo: evasione fiscale con relativo definanziamento e aumento del debito, corruzione con relativi enormi sprechi, cattiva burocrazia con ripercussioni sulla buona assistenza e attribuzione di carichi e responsabilità non realistiche agli operatori sanitari. Se i pescatori usano sempre gli stessi metodi, con le stesse idee e capacità, è difficile che la pesca migliori. Bisognerebbe arrivare ad una democrazia fondata sul metodo scientifico, ma credo che ci spingiamo troppo avanti. Il potere, soprattutto quando è in difficoltà, è costretto a subire la scienza ma non la ama, perché fondamentalmente il consenso ha bisogno del bisogno e non della conoscenza.

IL MEDICO. Il medico sta imparando a pescare con varie tecniche ma talvolta dimentica che l’amo principale è quello scientifico e non quello filosofico o autoreferenziale. Tutti gli altri ami del “prestazionificio” che favoriscono inappropriatezza e sprechi non fanno che alimentare una pesca faticosa ma poco efficace, utile per il mercato e il PIL ma non per la salute. Non sempre è facile distinguere il pesce buono da quello cattivo ma una buona e rigorosa ricerca scientifica ci può sempre aiutare se il nostro obiettivo è quello di rendere l’acqua più limpida o almeno meno torbida. Bisognerebbe curare a spese del SSN solo chi è davvero malato e limitarsi alle cure di dimostrata efficacia, ricordando che ogni procedura può apportare benefici ma anche danni.

LO SCIENZIATO. Dalla sua criptica e talvolta capziosa torre conoscitiva è capace di emanare sentenze sull’incapacità dei pescatori ma spesso è incapace di fornire metodi concreti per migliorare la pesca. Talvolta fa confusione nella comunicazione non distinguendo la scienza dalla filosofia, la certezza dalla probabilità, la logica dalla matematica, la probabilità dalla casualità, la statistica dalla stocastica, le linee guida dai protocolli. Anche nel tumultuoso avanzamento tecnologico che stiamo vivendo, la domanda fondamentale per la tutela della salute rimane sempre la stessa: “questo provvedimento fa bene, fa male o non fa niente?”. Di ogni cura bisogna scegliere quella con maggiore valore terapeutico aggiunto e lasciare al mercato le altre. La proposta scientifica di modelli di riferimento basati sull’evidenza è doverosa per permettere a medico e paziente una decisione condivisa, dato che né l’uno né l’altro è scienziato o statistico, per evitare pericolosi modelli autoreferenziali.

IL PAZIENTE. È lui il più interessato a migliorare la capacità di pesca per non accontentarsi del pesce di giornata. Dovrebbe chiedersi cosa può fare lui per il SSN considerato che il 50% delle malattie è dovuto a stili di vita errati. Molte spese si potrebbero ridurre con la prevenzione, con l’accettazione del rischio inevitabile o imprevedibile, della sicurezza possibile e sostenibile e della rassegnazione, quando inevitabile, per evitare la disperazione. Dovrebbe incalzare il politico per un sufficiente finanziamento e una buona organizzazione e burocrazia, ma spesso è colluso con lui. Dovrebbe condividere le scelte con il medico ma il più delle volte confonde le aspettative con i bisogni e i diritti e scambia l’insuccesso con l’errore. Dovrebbe richiede allo scienziato più ricerca ma si accontenta della più facile e sbrigativa illusione e propaganda. Le illusioni del ragionamento filosofico delle prestazioni lo lusingano più di quello scientifico della relazione fino a quando la credenza non deve cedere il posto all’evidenza.

Ricordiamo che la moltiplicazione dei pesci, insieme a quella dei pani, una volta è accaduta, ma non illudiamoci che il miracolo si ripeta sempre. Il vero miracolo è la collaborazione tra politico, cittadino, medico e scienziato per consentire l’integrazione di una medicina senza mercato temperata dalla appropriatezza e dalla aziendalizzazione per concretizzare l’art. 32 della Costituzione con quella di mercato temperata dalla solidarietà e dalla tassazione per rispettare l’art.81.

Franco Cosmi

Medico Cardiologo
Perugia



01 agosto 2024
© Riproduzione riservata

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