Gentile Direttore,
il 5 Dicembre si è svolto lo sciopero generale dei medici, degli infermieri e delle altre categorie professionali della Sanità. Gli organi di stampa ci hanno fatto conoscere le cifre di un’adesione plebiscitaria allo sciopero, segno che la misura è colma e che è arrivato il momento di denunciare lo stato precario in cui versa la nostra Sanità di Stato.
Tutti i responsabili sindacali e professionali della Sanità hanno ritenuto di commentare la giornata con i toni ultimativi che la situazione richiede: “Non tollereremo..., In piazza contro lo sfruttamento consapevole della Sanità..., Siamo stanchi, delusi e arrabbiati per la totale mancanza di rispetto nei confronti di una intera classe professionale..., Dopo l’ennesima manovra economica che ignora le esigenze dei professionisti della Salute, mette in discussione i loro diritti acquisiti e dimentica le necessità della sanità pubblica, è giunta l’ora di scioperare...., etc”.
Naturalmente, non è mancata la voce dei politici a supportare le istanze dei professionisti: “Li chiamavano eroi, oggi il Governo umilia i lavoratori del Ssn..., In piazza per salvare la Sanità pubblica..., In piazza con loro per una battaglia di democrazia..., Meloni deve dare risposte ai cittadini, il Ssn si sta sgretolando..., etc”.
Oggettivamente, si deve convenire che il finanziamento del Servizio Sanitario italiano è uno dei più ristretti tra i Paesi sviluppati e che anche gli stipendi dei dipendenti sono tra i più bassi d’Europa. Rispetto alla media della spesa sanitaria europea, all’Italia mancano 808 euro a cittadino, corrispondenti ad un sottofinanziamento di ben 47.6 miliardi per l’intera Nazione ogni anno (dato 2022, analisi GIMBE).
Il divario tra l’Italia e gli altri Paesi è letteralmente esploso a partire dal 2008, in coincidenza con l’arretramento economico della Nazione al tempo dei “governi tecnici”, ma deve essere chiaro che i tagli alla spesa sanitaria erano iniziati diversi anni prima e che nel 2008 il finanziamento della Sanità del nostro Paese scontava già una differenza in meno di circa 38 miliardi di Euro all’anno con il finanziamento medio di Francia e Germania. Oggi l’Italia spende addirittura il 40% in medo della media di Francia e Germania.
A partire dalla metà degli anni ’90 la gestione economica ed organizzativa della Sanità è stata giustamente messa sotto controllo dallo Stato che, a norma di Legge, ha affidato il compito alle Regioni attraverso l’istituzione delle Aziende Sanitarie al posto delle Unità Sanitarie Locali. Dotate di personalità giuridica e quindi di responsabilità amministrativa, le Aziende sanitarie hanno messo in atto con scrupolo le indicazioni regionali a razionalizzazione un Servizio sanitario ritenuto pletorico ed inefficiente. Valutazione che si è poi dimostrata non completamente coerente con la realtà dei fatti.
Abbiamo assistito ad una corsa a “potare i rami sovrabbondanti o secchi della pianta sanitaria” che doveva essere snellita e resa più vigorosa e produttiva: tagli di Reparti, accorpamenti di strutture, riduzioni di posti letto, blocco delle assunzioni di tutti i dipendenti. Le conseguenze sono sotto i nostri occhi. Ma a questo risultato non siamo giunti dalla sera alla mattina, bensì nell’arco di 20 anni. Chi ha la responsabilità di tutto ciò?
Qualcuno pensa di non avere responsabilità? Qualcuno pensa che tutta la responsabilità possa essere messa in capo solo ai funzionari nominati alla guida delle Aziende Sanitarie? Le organizzazioni sindacali e professionali dei dipendenti della Sanità sono sicure di aver svolto completamente la loro parte nella sorveglianza e tutela degli interessi normativi ed economici dei loro iscritti? I dirigenti dei Reparti pensano di aver rappresentato con costanza e vigore gli interessi dei loro pazienti cui l’assistenza veniva ristretta per la mancanza di mezzi e personale?
I professionisti sanitari ritengono che non avrebbero potuto fare nulla di diverso che accettare sempre le difficoltà causate dalle deficienze di organici e di mezzi nello svolgimento della loro attività di lavoro? Perché nessuno ha scioperato prima come forma di protesta contro quanto già avveniva da anni?
E i politici? I politici che oggi sono all’opposizione e che hanno governato negli anni passati sono sicuri di non avere responsabilità nelle condizioni attuali della Sanità e ritengono possibile che uno sfascio di venti anni sia sanabile in un anno?
C’è una sola parte della società che non ha colpe e si tratta dei pazienti. Esattamente di quella parte della società che sta contribuendo di tasca con 40 miliari di Euro all’anno per la cura della propria salute. Oggi rinunciano alle cure alcuni milioni di persone perché non possono permettersi di pagarle privatamente, ma domani potrebbe accadere che un maggior numero di persone non possa affrontare le spese sanitarie personali.
A quel punto, la protesta civile, che non ha interessi particolari da difendere, se non quelli vitali, potrebbe incaricarsi di mettere finalmente a nudo le inadempienze di tutti e potrebbe favorire una presa di coscienza anche di quanti oggi continuano a sostenere che le responsabilità siano sempre e solo di altri.
Giovanni Oliviero Panzetta
Già Primario di Nefrologia e Dialisi, Trieste
Vicepresidente Associazione Salute e Sanità, Trieste