Gentile direttore,
qualcuno mi ha chiesto di dire qualcosa a proposito della vicenda di Giulia e Filippo. Al riguardo, non parlo delle cose che non conosco, posso al massimo nutrire qualche sospetto in base a brandelli di indizi, per di più televisivi.
I brandelli televisivi. Sono stata colpita dalla distanza con la quale il padre di Filippo parlava del figlio. Non avendo compreso la prima volta che l'uomo intervistato fosse il padre, avevo avuto l'impressione che si trattasse di un vicino di casa. Poi mi ha colpita la convinzione con la quale quel genitore ha asserito che Filippo non avrebbe mai potuto fare del male a Giulia, perché la amava, e sia il figlio che chiunque si augurerebbe di avere. E ancora mi ha colpito che rivelasse ex post che il figlio gli avrebbe confessato che, se non si fosse riparata la frattura sentimentale tra lui e Giulia, egli si sarebbe tolto la vita. Mi sono detta che quella relazione parentale meritava una riflessione non più di questo naturalmente.
Il fatto che il dolore, pure espresso a chiare lettere dal giovane, sia passato sotto silenzio, non abbia risvegliato preoccupazioni e determinato scelte preventive, non mi meraviglia per altre ragioni. La cittadinanza ha ormai imparato a non chiedere aiuto, visto che aiuto non è dato dalle istituzioni a questo preposte: chi si occupa ormai delle situazioni critiche, offrendo una sponda accogliente al dramma delle famiglie, che spesso non è soltanto economico? I drammi che si consumano sotto il sole ogni giorno sono lasciati a chi li vive, senza che la scuola, ad esempio, denunci casi di bullismo, perché la scuola è ormai sopraffatta dal giudizio e dalla prevaricazione delle famiglie di studenti che tengono condotte non solo inadeguate, ma addirittura minacciose. Tutti sappiamo come oggi gli insegnanti finiscano sotto il tiro incrociato di alunni indisciplinati e dei loro genitori improvvidi. La scuola spesso si limita a consigliare terapie per le vittime di bullismo, non per i bulli. La trasgressione penale dei minori è stata da tempo abbandonata a un perdonismo che non paga, in sostituzione di una punizione che non pagava, senza che fossero messi in piedi processi di cura, riabilitazione, rieducazione degni di questo nome. L'abbandono prepara il peggio, ed il peggio è quanto sta avvenendo.
D'altra parte, chi potrebbe opporsi al fatto che il bullismo possa evolvere in stalking? Ne parlai quasi venti anni or sono in un convegno promosso presso il Tribunale di Torino, se ben ricordo. Ma l'abbandono che più mi tocca è quello della Salute Mentale, in ritiro progressivo, ostinato e non sanzionato da chi potrebbe, in ritiro dalle proprie responsabilità. L'esperto di Salute Mentale sa bene che una situazione di cui si deneghi la gravità è destinata a peggiorare, ma non offre la propria competenza per paura. Questa infingardaggine codarda e consapevole è quanto di peggio possa accadere in una società e prepara la jokerizzazione del mondo annunciata con sapienza dalla pellicola Joker.
Se non vogliamo che ciò accada, tutti, tutti siamo chiamati a riassumere una responsabilità: la Giustizia deve ricordare alla Salute i compiti per legge a questa affidati; la Salute Mentale deve svolgere le sue funzioni, tutte, anche quelle gravose, anche quelle che passano attraverso forme di coazione gentile, chiedendo i mezzi necessari per fronteggiare i problemi -a partire dall'aumento dei posti letto nei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura- e indicando le strategie preventive; la Scuola deve denunciare con fermezza le situazioni a rischio e chiedere le risorse necessarie per svolgere al meglio il compito educativo; la Famiglia deve tornare a porre dei limiti, a dire i no necessari alla crescita equilibrata dell'essere umano, deve smettere di illudersi che il rampollo sia perfetto quando così non è e imparare a chiedere aiuto. Ecco, se tutte queste istituzioni avessero funzionato al meglio, non credete che Giulia avrebbe invocato aiuto, sperando che qualcuno si occupasse del dolore di Filippo, di cui ha continuato lei ad occuparsi sacrificando la propria vita? Non credete che qualcuno avrebbe chiesto aiuto per Filippo, il cui dolore esondava da un pezzo? Sono convinta che sì, un aiuto sarebbe stato chiesto, e sarebbe stato dato. Ecco perché ritengo che la soluzione prospettata dalle forze politiche sia marginale e poco influente: come si può persuadere i giovanissimi della opportunità di rispettare l'altro, se la società in cui vivono non rispetta neppure il dolore patente e non si impegna ad aiutare chi ha bisogno di aiuto, a farlo davvero, perché chiacchiere e tabacchere ‘o ligno, ‘o Banco ‘e Napule nun se ‘mpegna…
Gemma Brandi
Esperta di Salute Mentale applicata al Diritto