Gentile Direttore,
lo stato di disagio ed incertezza circa il futuro della MG è grande ed è destinato ad aggravarsi nei prossimi anni per un’emergenza annunciata, avviata verso una irreversibile cronicizzazione. I primi dati sulle domande pervenute nel Lazio per il Corso di Formazione specifica sono sconfortanti ed obbligano a rivedere tutti i calcoli della programmazione territoriale dei prossimi anni: a fronte di 531 posti disponibili i candidati sono solo 104. Se questo trend dovesse essere confermato a livello nazionale ci troveremmo di fronte ad una crisi peggiore di quella che ha investito i corsi di specializzazione universitaria. Nonostante il rinvio del termine di presentazione delle domande e i tentativi di promuovere l’attrattività economica del Corso la risposta dei potenziali candidati, se verrà confermata dai dati nazionali, è sintomatica di una profondissima e altrettanto sottovalutata crisi vocazionale.
Pesano tre anni in cui nonostante la gravità della situazione ha prevalso l’indecisione e l’incapacità di prospettare un percorso di cambiamento coerente e credibile, per non parlare del disinteresse per il rinnovo dell’ACN, in una situazione economica a dir poco travagliata, l’accanimento burocratico, la campagna di denigrazione mediatica della categoria e l’indecoroso trattamento economico dei corsisti. L’incapacità di cogliere la radicalità del travaglio della medicina territoriale è seconda solo all’insistenza con cui la categoria è stata posta sul banco degli imputati per la risposta al Covid e di cui ora si raccolgono i frutti avvelenati: il combinato disposto tra uscita pensionistica spesso anticipata e un impari ricambio generazionale per demotivazione dei candidati, destinato ad aprire una voragine incolmabile nei ranghi dell’assistenza primaria territoriale sul breve periodo.
La proposta “terapeutica” avanzata negli ultimi anni prevede l’abbinamento tra specializzazione, in sostituzione dell’attuale formula del Corso regionale, e passaggio al rapporto di lavoro subordinato, propugnato da un’alleanza trasversale di associazioni professionali e forze politiche. Tuttavia, a distanza di un anno dall’insediamento del nuovo governo non è disponibile un progetto di transizione dal Corso regionale attuale alla futura scuola di specializzazione in MG. È facile immaginare che un’operazione del genere possa richiedere non meno di un triennio, che potrebbe quindi coincidere con la fase acuta del deficit di medici nelle zone più disagiate del territorio, senza contare l’indefinito impegno finanziario per il passaggio da un assetto formativo e soprattutto giuridico all’altro.
La posizione sindacale è favorevole alla specializzazione, ma di netta contrarietà alla dipendenza, a strenua difesa della formula convenzionale nel tentativo di conservare l’attuale limitata autonomia organizzativa e gestionale garantita dal regime di parasubordinzione dell’ACN. Le controproposte strategiche del sindacato maggiormente rappresentativo, emerse dal recente congresso, sono su due fronti.
Da un lato l’ENPAM prospetta un futuro imprenditoriale edilizio, che si dovrebbe concretizzare nel progetto di finanziamento delle case della salute Spoke da parte dell’ente pensionistico, dai contorni ancora poco chiari, in chiave sussidiaria. Trasformare il medico convenzionato in un imprenditore di sè stesso significa aderire ad una logica di mercato e libero-professionale che è esclusa a priori dall’assetto dell'ACN. Basta confrontare la rigidità organizzativa, della quota capitaria e delle varie indennità, stabilite a livello nazionale e adeguate con grande ritardo all’inflazione, con la libertà d'impresa del vero libero professionista che può rivedere a propria discrezione l'offerta organizzativa e le tariffe delle prestazioni all'evoluzione del mercato, dei costi, della domanda etc.. Inoltre, la proposta imprenditoriale ha un sapore paradossale a fronte delle legittime richieste di maggiori tutele garantite dalla dipendenza e a maggior ragione per le incertezze collegate alla contingenza economica e alle nebulose prospettive normative sul lungo periodo.
Dall’altro, sul versante prettamente sindacale è venuta la proposta di riconoscimento delle “Aft come soggetto mono-professionale medico, capace di erogare prestazioni sanitarie e di caratterizzarsi come forma giuridica di interesse sociale e pubblico”. In pratica la Fimmg candida le AFT ad amministrare i servizi territoriali per conto del SSN appaltatore. Tuttavia, difficilmente le Aft saranno in grado di amministrare strutture complesse e articolate come la rete territoriale Hub e Spoke di case della Comunità senza appoggiarsi alle Coop di emanazione sindacale, che dal canto loro dovranno vincere la relativa gara di affidamento della gestione affrontando la concorrenza di società del settore nelle singole regioni.
Insomma, sono ancora molte le incognite sul futuro della MG e soprattutto le proposte in campo, da parte di tutti gli attori, appaiono deboli e impari a fronte della drammaticità e profondità della crisi in atto.