Gentile direttore,
è possibile rendere visibile il valore delle associazioni che si occupano di tutela dei diritti dei pazienti? Come si misura il capitale sociale prodotto? Questi interrogativi sono alla base della ricerca “Le leve per generare futuro: creare e misurare il valore delle associazioni di advocacy” presentata dall’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari (ALTEMS) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in occasione della Summer School “Patient Advocacy Camp” a Treviso l’8 e il 9 settembre scorsi. Parlamentari, organizzazioni civiche, istituzioni e i ricercatori del Patient Advocacy Lab (PAL) di ALTEMS si sono confrontati per capire quali elementi sono alla base del valore del mondo associativo, quali ostacoli, qual è il lavoro da fare per il futuro. Il tutto in una due giorni in cui circa 90 associazioni di cittadini e pazienti, nazionali e venete che agiscono in sanità, hanno lavorato insieme per formarsi alla “sanità partecipata”, slogan comune a tutti i partecipanti.
Più volte il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dichiarato che il Capitale Sociale prodotto dall’attivismo civico rappresenta una forza e una ricchezza del Paese ineliminabile ed indispensabile. La capacità di creare risposte per i cittadini e per le istituzioni, di mobilitare risorse volontarie, di dedicare tempo viene rappresentato in molti dei bilanci sociali delle associazioni, che restano uno strumento importante per riconoscersi anche se è difficile “misurare su carta” valori che spesso sono intangibili. L’analisi condotta su 64 associazioni ha permesso di vedere luci ed ombre di questo strumento, con però una indicazione chiara circa la necessità di rappresentarsi e rappresentare pubblicamente il proprio valore. Da questo deriva una esigenza fondamentale: il capitale sociale deve essere fondato soprattutto sull’attivazione di legami, sulla costruzione di ponti, sulla creazione di network e azioni collettive. Non bisogna essere solo bravi e dispensatori di bene, ma mobilitare risorse che permettano a tutta la società di cambiare grazie ad una cultura fondata sulla collaborazione, il riconoscimento dell’altro, la riduzione della competizione. Per fare questo si sono messe alla prova le associazioni stesse mediante una ricerca-azione e un focus group formato da leader associativi.
Si è lavorato sulle sfide da accettare, sulla co-progettazione di piani di azione comuni, sulla costruzione del percorso per realizzarli, sulle competenze da acquisire per costruire capitale sociale tangibile e collaborativo. Ostacoli tanti: gestire le differenze e i conflitti, pianificare, costruire, esercitare leadership ma con umiltà. Alla fine, ne è derivato un quadro molto positivo che risponde alla domanda iniziale: è possibile costruire e misurare capitale sociale partendo da questo grande patrimonio associativo? La risposta è sì ma lavorando insieme, consapevoli delle proprie identità ma anche del valore dell’altro e delle differenze.
Eugenio Di Brino
Teresa Petrangolini
Patient Advocacy Lab (PAL) di ALTEMS, Università Cattolica del Sacro Cuore - Roma