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Vogliamo migliorare il Ssn o rilanciare edilizia e assicurazioni?

di Francesco Buono

01 SET - Gentile Direttore,
non passa giorno che purtroppo non si debbano leggere un po’ ovunque stucchevoli panegirici delle immaginifiche “Case della Comunità” come soluzione dei mali che affliggono la Sanità Territoriale: grandi strutture centralizzate ove concentrare tutti i servizi medici e sanitari rivolti ad una multiforme utenza, dai bambini ai grandi anziani, da chi può permettersi taxi o lunghe attese di mezzi pubblici a chi ha difficoltà anche solo ad uscire di casa, da chi abita in grandi città a chi invece si trova in frazioni isolate e distanti da esse. Ed ovviamente diretti da figure “primariali” di stretta osservanza politica, non potendosi in questo Paese certo parlare di “merito” ed amenità del genere…

Ultimamente qualcuno ha preso di mira le UCP (Unità di Cure Primarie), presenti nel Lazio come denominazione e differentemente appellate in altri contesti regionali, sia pure nella logica differenziazione costitutiva ed organizzativa.
A tal fine si fa ampio uso dell’aneddotica, certamente suggestiva come descrizione di facile digeribilità per un lettore da “fast food”, ma certamente non veritiera se si voglia osservare tale panorama ad occhi aperti e non soltanto dal buco della serratura, magari con uno studio statistico serio ed imbastito da professionisti.

Spuntano quindi pittoresche immagini del medico che utilizza tale ambito orario suppletivo per amene attività che nulla hanno a che vedere con l’assistenza al cittadino, e andando di questo passo resto in attesa di un futuro “upgrade” che ci narri di un medico che riceva il quotidiano preferito immerso in un rilassante idromassaggio, nel mentre nell’attigua cucina (?) gli altri membri del “microteam” gli preparano una tisana drenante…indubbiamente simpatica vignetta, poi però suona la sveglia, il sogno si interrompe e bisogna mettersi al lavoro.

E il lavoro è ben altra cosa, consta di ampliamento dell’offerta oraria che globalmente considerata supera di gran lunga le sbeffeggiate “tre ore” dedicate agli utenti e pertanto risulta di grande utilità a fasce di essi che magari possono recarsi a visita in ore “difficili”; di attività cliniche e strumentali di primo livello, in parte già attuate ed in parte auspicabilmente implementabili se vi si destina nei fatti ciò che già è previsto da anni; di gestione di aspetti clinico-terapeutico-amministrativi costituiti da tappe di percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali e da Piani Terapeutici per alcune classi di farmaci; di risposte a quantità - inimmaginabili alcuni anni orsono - di e-mail, sms ed altri sistemi di comunicazione che sfiorano per un massimalista anche il centinaio al giorno; di visite a domicilio programmate ma anche improvvise; ecc ecc

Le UCP assolvono anche a molti di questi compiti, alcuni dei quali esorbitano da tale arco orario per espandersi a tutta la giornata, inclusa spesso la prima serata, ma tutto ciò è ostinatamente e compulsivamente - oserei dire - ignorato forse perché non è comodo sottolinearlo, ed è più facile e “modaiolo” ripetere il mantra della dipendenza che pretende di proporre in realtà in termini riduzionistici (proprio e principalmente dal punto di vista dell’impegno temporale) uno schema orario, finito il quale il medico “stacca”…non essendo ovviamente immaginabile che poi abbia “compiti a casa” che qualcuno simpaticamente ha equiparato ai compiti in classe degli insegnanti, quasi che questi venissero svolti ogni giorno…

Il buon Carlo Marx parlava a suo tempo di opportuna distinzione tra “struttura” e “sovrastruttura”, intendendo per la prima il reale substrato economico che stava alla base dei fenomeni che era dato vedere nella società del suo tempo, e per la seconda il velo ideologico che mascherava la prima onde celarne all’attento occhio dello studioso la vera natura, consistente nei meccanismi della produzione che consentivano il soddisfacimento degli interessi di pochi.

Il tempo è passato, la società da industriale (caratterizzata dalla produzione dei beni materiali) è divenuta in gran parte post-industriale (caratterizzata dalla produzione di beni immateriali), ma credo di poter dire che, peraltro in assonanza con quanto sosteneva Benedetto Croce, di certo non marxista, il criterio interpretativo resta tecnicamente valido: ecco quindi che, poste tutte le ossessioni verbali che è dato di leggere stucchevolmente da qualche tempo, il pensiero non può non indirizzarsi verso alcune ipotesi che cerchino, similmente peraltro a quanto avviene in Medicina, di capire quale causa sia presente dietro ai sintomi che capita di osservare.

In tale ambito, posto che l’esigenza di un’assistenza personalizzata e non irregimentata in orari e strutture rigide è presente nei cittadini con buona pace di chi pretende di parlare a loro nome senza averli interpellati, viene da chiedersi “cui prodest” cancellare autoritativamente con un tratto di penna uno status giuridico (convenzionamento) e numerosissime strutture periferiche (gli studi dei Medici di Famiglia) offrendo un nuovo “centralismo” (non certo democratico questa volta…) costituito da pochi edifici popolati da “soldatini” agli ordini di “capataz” senza arte né parte emanati dalla politica, a somiglianza di altri e ben noti ambiti.

E la ricerca causale non può non investire i campi assicurativi privati, visto il fiorire di essi anche sotto forma di fondi integrativi, che come è noto hanno anch’essi professionisti di varia origine che li gestiscono e che qualcuno avrà designato a compiti direzionali, visto che su tematiche analoghe recentemente c’è chi si è soffermato parlando di altri Enti legati alla professione medica ed alle sue rappresentanze: onestà intellettuale pertanto vuole che si consideri anche questo aspetto, che seguendo la logica dovrebbe essere ancor più alimentato proprio dalla persistenza del bisogno a fronte della sottrazione dell’offerta pubblica abilmente sostituita da quella a pagamento per chi può.

Ed è di certo comprensibile che un Ente previdenziale solido ed in salute nonostante pregressi ricatti tutti abilmente e virtuosamente superati faccia “gola” a chi tali virtuosismi nel passato raramente ha dato prova di porre in essere (sull’esempio della fagocitosi del Regno delle Due Sicilie da parte del Regno di Sardegna, ma questo è un altro discorso…), ma forse è il momento di dissipare tale velo ideologico e di dire le cose come stanno: si vuole togliere al cittadino il “proprio” medico di famiglia, “horribile dictu” così recentemente definito proprio da chi ne avversa la figura (lapsus freudiano?) suo fiduciario, in nome di un insieme di figure anonime fiduciarie del sistema.

E per i nostalgici che possono economicamente, il personale medico privato come “brutta copia” di alcune figure professionali presenti negli USA.

Vogliamo una volta per tutte dirlo ai cittadini???

Francesco Buono
Medico di Medicina Generale, Roma

01 settembre 2023
© Riproduzione riservata

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