Gentile Direttore,
ascoltiamo con attenzione le voci che si levano da più parti dal mondo della medicina a partire dagli articoli di Vittorio Mapelli e di Giuseppe Belleri, pubblicati dal suo giornale, che paventano il timore che una scuola di specializzazione in medicina di famiglia possa portare ad una formazione teorica e non pratica dei futuri medici.
Ci sentiamo di tranquillizzare tutti i colleghi, e non, che leggendo del nostro impegno a favore dell’istituzione di una scuola di specializzazione universitaria in medicina di famiglia sono preoccupati per una possibile “teorizzazione” di una branca medica ove la pratica è indispensabile. Vorremmo ricordare che, oggi, non esistono specializzazioni teoriche ma tutte fanno dell’esercizio pratico, da effettuarsi sotto la guida di un collega esperto, punto cardine della formazione.
E’ inimmaginabile, per esempio, che un futuro specialista in radiologia e diagnostica per immagini acquisisca il titolo senza aver “letto” e refertato centinaia di radiografie o che un nuovo chirurgo non abbia partecipato attivamente a numerosissime sedute operatorie; così come un neo cardiologo non abbia passato centinaia di ore in corsia. Stiamo parliamo di percorsi di specializzazioni universitarie, proprio quel tipo di percorso che vorremmo dare al futuro medico di famiglia.
Ribadiamo che l’intento di una scuola di specializzazione non è quello di dare solo una formazione teorica, certamente utile ma non sufficiente a formare alcuno specialista e quindi nemmeno quello in medicina di famiglia. Siamo impegnati a fornire un core curriculum unico su tutto il territorio nazionale che dia una preparazione a tutto tondo e non solo teorica. Vorremmo istituire un corpo docente con possibilità di carriera che, come per tutte le altre branche, acceda agli incarichi previa valutazione dei titoli posseduti e subordinato al superamento di un concorso pubblico. Infine, puntiamo a stimolare la ricerca nel setting della medicina di famiglia e, come già sostenuto in altre occasioni, ridare dignità ed appeal alla professione medica.
Leonida Iannantuoni