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Legge Gelli, indulgere sul pubblico per penalizzare il privato

di Pierfrancesco Cirillo

10 LUG -

Gentile direttore,
la coerenza e la congruenza uno stato la esprime con le leggi che vara: nel caso in esame, l’incoerenza sfocia nell’ipocrisia! A sei anni dall’entrata in vigore, è giusto fare un bilancio realistico degli effetti di una legge mal scritta e mal applicata.

E lo facciamo da un punto di vista sicuramente parziale, ma di chi vive sulla propria pelle una norma che ha evidenti problemi di asimmetria e di dubbia costituzionalità, tollerati solo perché utili a salvare il servizio sanitario pubblico, ma a totale svantaggio del settore privato e libero professionale: un doppiopesismo francamente intollerabile.

Si è svolto il 28 giugno 2023, presso la Sala Zuccari del Senato, il convegno organizzato dalla Società Medico Giuridica Melchiorre Gioia:” Legge 24/2017 per una normativa che tuteli integralmente i pazienti, le strutture e gli operatori sanitari”.

Senza dubbio un titolo ambizioso, e la Società Melchiorre Gioia, per mano del suo Presidente Giovanni Cannavò, ha sempre avuto un atteggiamento critico e costruttivo su questo argomento.

Ma è possibile con questa legge salvaguardare pazienti, strutture e operatori sanitari?


La risposta è fin troppo semplice….

Intanto partiamo da un assioma evidentemente sconosciuto dal legislatore: non esiste solo il servizio sanitario nazionale, che Dio lo benedica e lo tuteli, ma esiste anche una fiorente e diffusa sanità privata e libero professionale, che coinvolge, a vario titolo, il 70% degli operatori sanitari.

La Legge Gelli enuncia all’Art. 7 “Responsabilità civile della struttura e dell'esercente la professione sanitaria
1. La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell'adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell'opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché' non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose.

2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero nell'ambito di attività di sperimentazione e di ricerca clinica ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale nonché attraverso la telemedicina.

E qui cominciano i problemi: perché se può essere pacifico che una grande struttura con medici dipendenti, come un ospedale, venga ritenuta responsabile per sé e per tutto il suo personale, il pensiero che una Clinica Privata scelta dal Chirurgo, per sottoporre ad intervento un paziente, sia considerata egualmente responsabile, sembra incredibile e inverosimile a tutti coloro che ogni giorno frequentano le sale operatorie, per quanto si impegnino i giuristi nel parlarci di responsabilità contrattuale ed extra-contrattuale.

E, ancora peggio, se da quel intervento scaturisce un sinistro, e il giudice di un processo civile condanna in solidale la struttura e il chirurgo, e la struttura non è assicurata, come capita in moltissimi casi, (perché un obbligo, come sancito all’Art. 10, ma senza sanzione NON E’ UN OBBLIGO), la compagnia assicurativa del chirurgo, anche la migliore, che ricordiamo, copre esclusivamente il professionista dalle richieste di risarcimento presentate da terze parti, risulterà inefficace in quanto non coprirà mai i danni in solido con la clinica, soggetto spesso gestito da srl con solvenza limitata e sovente introvabile.

Siamo gli unici in Europa ad avere un concetto giuridico di “Responsabilità da contatto sociale”, variamente interpretato, che negli anni è mutato grazie a sentenze di Cassazione, ma che ancora può significare tutto ed il suo contrario.

Questa è la vita reale! E sarebbe opportuno che le leggi venissero redatte o controllate da persone che hanno un’esatta percezione ed esperienza della vita reale!

E allora?

Allora nulla: si perpetua l’asimmetria con l’Art. 9 “Azione di rivalsa o di responsabilità amministrativa”, che recita: “Ai fini della quantificazione del danno,……, si tiene conto delle situazioni di fatto di particolare difficoltà, anche di natura organizzativa, della struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica, in cui l'esercente la professione sanitaria ha operato. L'importo della condanna per la responsabilità amministrativa e della surrogazione di cui all'articolo 1916, primo comma, del codice civile, per singolo evento, in caso di colpa grave, non può superare una somma pari al valore maggiore della retribuzione lorda o del corrispettivo convenzionale conseguiti nell'anno di inizio della condotta causa dell'evento o nell'anno immediatamente precedente o successivo, moltiplicato per il triplo.”

In parole povere, in caso di danno risarcibile, per un danno causato da una struttura pubblica, il paziente si dovrà accontentare di quello che trova, se lo trova, e non potrà certo opporre un sequestro, data l’impignorabilità di un servizio pubblico.

Ma nel privato è lo stesso?

Certo che no! Un qualsiasi avvocato avrà buon gioco nei confronti di qualunque struttura non pubblica, a meno che la stessa non abbia attivato i mezzi di tutela del proprio patrimonio che spesso hanno un costo notevolmente inferiore a qualsiasi assicurazione.

Il povero chirurgo vedrà gli ufficiali giudiziari citofonare, perché, data la struttura incapiente e data la non efficacia dell’onerosa assicurazione, saranno i suoi beni a risarcire i danni.

A meno che anche il chirurgo non abbia messo in atto un piano di tutela del proprio patrimonio: negli ultimi 10 anni, è stato registrato un aumento del 130% di ricorso al “Wealth planning” ( fonte Fondazione Nazionale Commercialisti), ovvero l’attuazione di un piano di tutela del proprio patrimonio, inattaccabile da terzi; ed i medici sono al secondo posto dopo industriali ed imprenditori!
E se qualcuno ancora si domandasse il perché, allora, buon per lui, non vive queste contraddizioni sulla propria pelle.

Ultima incongruenza, con decisi dubbi di costituzionalità:

Secondo lo schema introdotto con la Legge Gelli-Bianco, il medico (o l’equipe medica), dipendente della struttura, risponde solo del danno extracontrattuale, in quanto non sussiste nessun contratto tra paziente e medico. (Ma questo è valido solo nel pubblico)

Ai sensi dell’art. 2947 c.c. il termine di prescrizione in questo caso è di 5 anni

Per ciò che riguarda la struttura sanitaria (ospedale, clinica e similari), tra il paziente e questa, si instaura un vero e proprio contratto finalizzato alla corretta erogazione della prestazione sanitaria.

Trattandosi di responsabilità contrattuale, contrariamente a quanto visto sopra, il danneggiato potrà agire nei confronti della struttura entro il termine prescrizionale di 10 anni.

E nel privato?

Qui abbiamo solo prescrizione a 10 anni, per cui abbiamo di nuovo l’asimmetria di medici dipendenti con una prescrizione a 5 anni e medici liberi professionisti, a 10 anni.

Ma qui ritorna la mancanza della vita reale!

Ipotizziamo un esempio: c’è la possibilità che una grande azienda ospedaliera, pubblica o convenzionata, per casi particolari, contrattualizzi, anche per solo un intervento chirurgico, un grande esperto, con un rapporto libero-professionale.

Per cui al tavolo operatorio avremo una equipe chirurgica fatta di personale dipendente al 99%, con la sola eccezione del grande esperto: in caso di danno ed eventuale sinistro, noi avremmo, per lo stesso caso, due potenziali differenti profili di prescrizione! Ma qualcuno si è domandato come può essere possibile ciò?

Ultima ma doverosa considerazione, tornando al titolo del convegno: la tutela del paziente.

In che modo la Legge Gelli ha potuto pensare di tutelare il paziente, mettendo tutti i professionisti sanitari nelle condizioni di dover tutelare e difendere il proprio patrimonio, pur obbligandoli ad una assicurazione che la legge stessa rende inefficace?

Manca la ciliegina sulla torta: a distanza di sei lunghi anni, i decreti attuativi di tale legge sono ancora latitanti: mi piace pensare che tutto ciò non avvenga a causa della proverbiale inefficienza italica, ma per mano di una mente illuminata che non vuole aggiungere un danno ulteriore alla beffa esistente!

Insomma: Incongruenze, asimmetrie, doppiopesismi, dubbi di costituzionalità, per una legge che lascia tanti operatori sanitari e tanti pazienti nel baratro della precarietà, a causa di regole poco chiare e spesso anche ingiuste.

Leonardo Sciascia commenterebbe ancora una volta: “La sicurezza del potere si fonda sull'insicurezza dei cittadini.”

Pierfrancesco Cirillo
Past-President AICPE Associazione Italiana di Chirurgia Plastica Estetica



10 luglio 2023
© Riproduzione riservata

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