Gentile Direttore,
siamo rimasti positivamente impressionati dalle reiterate attestazioni di solidarietà e condivisione di illustri rappresentanti della psichiatria, nei confronti delle carenze rappresentative del Tavolo di Lavoro per la Salute Mentale presso il Ministero della Salute. Non ci risulta tuttavia che, a tali manifestazioni di condivisione siano seguite dichiarazioni formali coerenti nei confronti del Ministero da parte dei componenti del Tavolo in questione, in particolare dalla SIP, che pure ci risulta sia rappresentata in questo Tavolo, e al cui Vicepresidente replichiamo volentieri avendoci gentilmente citato.
Le considerazioni sul presunto appiattimento di visione ed approccio sono purtroppo basate sui dati ufficiali citali da Rebecchi, non sono quindi opinabili, in quanto fatti. Mentre i DSM si interrogano su come applicare le metodologie psicologiche di comprovata efficacia facciamo notare, sommessamente, che sono trascorsi 15 anni da quando realtà sanitarie di altri paesi hanno implementato altre modalità di intervento coerenti con le linee guida internazionali. Chi è del campo, credo che troverebbe qualche difficoltà a considerare i coordinatori dei progetti IAPT inglesi (David Clark, per l’area adulti e Peter Fonagy, per l’area dell’età evolutiva) dei pericolosi talebani della psicologia, orientati alla distruzione nel modello di presa in carico integrata dei pazienti. Siamo contenti che siano state citate nel dettaglio le linee NICE la cui applicazione è appunto uno dei punti di forza del modello IAPT, recentemente ribattezzato NHS Talking Therapies for anxiety and depression. Avendo la pazienza di leggere attentamente l’articolazione di tali servizi e dei modelli di intervento che, come evidenzia NICE, non sono quindi unicamente la CBT (ma anche IPT, EMDR, consulenza sistemica) si potrà apprezzare anche il chiaro riferimento all’integrazione con l’intervento farmacologico che, ovviamente, viene contemplato. Quindi, se siamo d’accordo nel voler evitare la stantia contrapposizione farmaco-psicoterapia, crediamo che sarebbe utile interrogarsi sul perché in altri paesi sono state assunte scelte organizzative diverse che, è importante ricordarlo, sono state affiancate anche dall’attenta valutazione di illustri economisti (non psicologi!) della London School of Economics che hanno orientato il Governo inglese nelle politiche di spesa sanitaria.
Naturalmente, vivendo in un paese democratico e soprattutto non volendo utilizzare i dati scientifici ed economici come dogmi, si è liberissimi di esprimere le proprie riserve sulla fondatezza scientifica del modello organizzativo inglese che sicuramente avrà dei difetti, ma che ha cercato di proporre soluzioni assistenziali concrete per il diffuso mancato trattamento psicologico dei disturbi mentali. Potremmo anche pensare che, qui in Italia abbiamo fior fior di esperti della materia che non sono da meno né del Prof. Clark (D- Index 110) che del Prof.Fonagy (D-Index 139): tali credenziali crediamo possano ampiamente rassicurare sulla corretta lettura ed applicazione delle Linee Guida NICE, doverosamente precisata da De Rossi. Crediamo però che, a meno che non si sospetti che esista una congiura internazionale degli psicologi verso i modelli integrati di cura, si dovrebbero tenere presenti anche i commenti di altre realtà nazionali: “IAPT ha suscitato una attenzione internazionale favorevole. Nel 2012 un editoriale sulla rivista scientifica Nature affermava che il programma “rappresenta uno standard mondiale”. Più recentemente (dicembre 2018) un articolo sul Canadian Globe and Mail era intitolato “Per una migliore assistenza alla salute mentale bisogna guardare alla Gran Bretagna”. Basandosi sul modello del Regno Unito, la Norvegia ha ora 40 servizi IAPT. Il programma New Access per la depressione e l’ansia in Australia è fortemente influenzato da IAPT, Stoccolma ha un servizio IAPT di grande successo e molti altri paesi stanno sviluppando piani per servizi simili”.
E’ vero che, come ricordato da Angelozzi, l’Italia non può prescindere dalle radici culturali basagliane nella tutela della salute mentale. Proprio nella cruda constatazione del mancato rispetto di tali principi riteniamo sia doveroso valorizzare le realtà che propongono modelli virtuosi di erogazione dei trattamenti psicologici in maniera integrata, nel rispetto della specificità del contributo di ogni professione e delle sue esigenze di coordinamento delle risorse, verifica dell’appropriatezza dei trattamenti erogati e monitoraggio rountinario dei risultati. Vigileremo con attenzione sulla coerenza di tutti nel perseguire una dimensione organizzativamente integrata e scientificamente fondata della tutela della salute mentale e che rispetti in pieno il contribuito della psicologia e degli psicologi.
Elena Bravi
Guido Rocca
Vicepresidente SIPSOT (Società Italiana di Psicologia dei Servizi Ospedalieri e Territoriali)