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Come suonare il de profundis della sanità pubblica

di Luigi Pianese

26 GIU -

Gentile direttore,
credo che mai come in questo periodo le siano giunte così tante “richieste di aiuto” da parte di medici e professionisti sanitari in favore della nostra martoriata e agonizzante sanità pubblica.

Grida quasi disperate e accorati appelli in sostegno ad un sistema sanitario reso ogni anno sempre meno “immune” dagli attacchi del virus della politica e dell’economia di scala che mira al possesso completo di questo importante settore della vita pubblica.

È di poche settimane fa l’apertura del Ministero della Salute alla libera professione intramoenia anche per tutte le altre professioni sanitarie come già per quella medica.

Gli ordini professionali (e molti operatori sanitari), e tra questi anche il mio neonato Ordine autonomo dei Fisioterapisti, hanno subito intonato ed innalzato canti di giubilo.

Praticamente la politica è riuscita anche questa volta nell’intento, reiterato e perpetrato negli ultimi 30 anni (ed in modo particolare a partire dal 1992), di far recitare a noi stessi operatori sanitari, ed a reti quasi unificate, il “De profundis della Sanità Pubblica tra canti di giubilo”.


Non ci è bastato purtroppo l’esempio e l’esperienza che questo sciagurato sistema (la libera professione intramoenia introdotta nel 2003 dalla famigerata legge Bindi-Turco) ha già prodotto nella classe medica, generando divisioni e sperequazioni sia tra i medici che tra i pazienti.

È utile ricordare che questo sistema è stato introdotto con la scusa della crescente domanda di servizi sanitari e della limitata disponibilità di risorse pubbliche che quindi hanno reso “necessario” incentivare l'attività di libera professione dei medici, al fine di migliorare l'accessibilità e la qualità dei servizi offerti ai pazienti migliorando al contempo l'efficienza del sistema sanitario.

Un sistema introdotto anche come un mezzo per contrastare l'evasione fiscale e la concorrenza sleale, poiché garantisce che i medici che esercitano la libera professione rispettino le norme e i regolamenti fiscali e professionali.

Per questo, alla notizia della possibile apertura per la cosiddetta intramoenia a tutte le restanti professioni sanitarie, tutti felici o quasi: da una parte i colleghi che lavorano come dipendenti pubblici che intravedono finalmente la possibilità di poter valorizzare economicamente maggiormente le proprie competenze, dall’altra i colleghi che lavorano come liberi professionisti e con studi propri che intravedono finalmente il modo in cui far terminare una concorrenza sleale da parte di quei colleghi dipendenti pubblici che operavano “al di fuori delle regole” con i pazienti gestiti in modo “non congruo alle norme in essere” al di fuori del proprio turno di lavoro dipendente, e nel mezzo le amministrazioni che intravedono la possibilità di aumentare ancora la “cassa” (che spesso langue) con nuovi proventi derivanti dall’attività libero professionale espansa.

Un sistema infine e più in generale, quello della introduzione di normative che hanno permesso ai medici dipendenti pubblici di esercitare la libera professione, che è stato motivato dalla necessità di migliorare l'efficienza e l'accessibilità del sistema sanitario, valorizzare il lavoro dei medici e garantire la legalità e la trasparenza dell'attività svolta.

E difatti, dopo 20 anni dall’introduzione, è sotto gli occhi di tutti quanto queste nobili e buone intenzioni (almeno per chi aveva creduto alla narrazione ufficiale) abbiano o meno preso corpo oppure abbiano in realtà creato sperequazioni e divisioni sia tra la classe medica (tra chi, grazie alla propria branca di specializzazione, ha potuto beneficiare di queste norme e chi invece non ha potuto farlo) che tra i pazienti, con ulteriore emarginazione e sofferenza tra chi poteva permettersi visite pur sempre “private” con il “nuovo sistema” e che invece è finito ulteriormente in coda nelle liste di attesa interminabili del nostro “sistema sanitario un tempo fu universalistico”.

Una storia incredibile per la quale a dire il vero non ho mai visto in questi 20 anni la volontà, in sanità pubblica, di fare barricate per evitare che questo ennesimo vilipendio della salute e della sanità pubblica prendesse corpo e procedesse indisturbato.

Pensi direttore cosa potrebbe accadere se queste norme “di (dubbio?) buon senso” fossero state ulteriormente allargate a tutte le categorie di lavoratori della pubblica amministrazione e dello stato. Provi a immaginare cosa potrebbe accadere se le stesse norme avessero come oggetto di interesse gli insegnanti della scuola pubblica o i dipendenti pubblici tutti più in generale, pensi se queste norme fossero allargate alle nostre forze dell’ordine e di polizia, pensi a cosa potrebbe accadere se fossero aperte alla magistratura.

Chissà perché purtroppo questo problema fino ad oggi se lo sia posto solo una piccolissima ed inascoltata parte dell’opinione pubblica e degli addetti ai lavori.

Dr. Luigi Pianese
Fisioterapista clinico, ricercatore e formatore



26 giugno 2023
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