Gentile direttore,
le dichiarazioni del ministro Schillaci sul possibile passaggio alla dipendenza dei medici di famiglia stanno suscitando numerose reazioni specie perché arrivano dopo la presentazione di un disegno di legge che aveva fatto ritenere definitivamente accantonata l’ipotesi della dipendenza. Questa continua alternanza di dichiarazioni da parte della politica sul rapporto di lavoro che deve avere il medico di famiglia appare piuttosto surreale e alimenta una situazione di precarietà e di incertezza che non sta certo giovando al nostro lavoro.
Il ministro Schillaci ritiene che il modo per risolvere il problema della presenza dei medici di famiglia nelle case di comunità sia mandarci i giovani medici con un rapporto di dipendenza. L’idea può certamente avere la sua ragione di essere, ma ci sono delle criticità molto evidenti che il ministro dovrebbe dirci come intende risolvere, almeno per renderci conto di non essere di fronte all’ennesima “boutade”.
Per esempio, è sicuro il ministro che la maggioranza politica di cui fa parte sostenga la sua idea, visto che solo qualche giorno prima la senatrice Cantù della Lega ha presentato un disegno di legge che confermava senza alcun dubbio il rapporto di convenzione per i medici di famiglia? Il ministro ha effettivamente la forza politica per affrontare questo cambiamento che è fortemente osteggiato dalla Fimmg, sindacato maggioritario dei medici di famiglia? Come intende il ministro approvare la dipendenza, a colpo di decreti? I giovani medici da soli saranno sufficienti a coprire il fabbisogno delle case di comunità? Da ultimo come intende affrontare il problema previdenziale visto che oggi i medici di famiglia hanno l’Enpam come cassa autonoma?
Attendiamo di conoscere cosa ci riserverà il futuro e se il cambiamento sarà effettivamente “a breve“ come ha promesso il ministro o se ancora una volta si dovrà aspettare anni.
Nel frattempo, anche la FIMMG, alle cui decisioni obtorto collo si devono adeguare tutti i mmg iscritti e no, dovrebbe rendersi conto che la Convenzione che difende a spada tratta è oggi diventata così gravosa da far desiderare, a buona parte dei colleghi, la dipendenza.
Si lavora senza limiti di orario, non si hanno ferie, malattia, infortuni, tredicesima e persino con la maternità le giovani colleghe sono in difficoltà a lasciare per qualche mese il lavoro; non se ne parla poi di un possibile part time per accudire figli piccoli o genitori anziani. L’assenza di sostituti rende la situazione spesso tragica. E in cambio cosa abbiamo? La possibilità di gestire il proprio lavoro? Assolutamente no. Tra incudine e martello siamo chiamati a rispondere da una parte a pazienti sempre più esigenti e pretenziosi, pena la ricusazione e dall’altra a tutte le richieste dell’azienda sanitaria a cui ormai basta una email per convocarci per qualsiasi cosa ritenga necessario: corsi di aggiornamento “obbligatori”, incontri di valutazione ( UVMD) per inserimenti di anziani in casa di riposo, progetti per disabili, incontri di programmazione ( esempio per le campagne vaccinali) e quant’altro , senza contare una routine sempre più mortificante fatta spesso di ricettazione di richieste altrui, compilazione di piani terapeutici, invio dei flussi etc, etc…
La convenzione oggi è divenuta una dipendenza mascherata senza i vantaggi della vera dipendenza. Ha ragione la segretaria SMI Pina Onotri quando afferma che della” libera professione ci rimane ormai solo il rischio di impresa”.
La convenzione come è oggi sembra destinata principalmente a garantire dei privilegi destinati a una piccola élite che può aspirare a posti ben retribuiti dentro l’Enpam.
Serve una nuova convenzione che riporti il medico al centro del processo decisionale, lo sgravi dalla burocrazia e che elimini il ricatto delle aziende sanitarie; una nuova convenzione che dia valore all’autogoverno della professione, renda il medico autonomo e responsabile delle proprie scelte e ci ridia la possibilità di decidere un tempo adeguato per l’ascolto, la vista e il ragionamento clinico.
Se non è possibile ottenere questo allora forse è decisamente meglio diventare dipendenti con un tempo di lavoro fisso, senza telefoni che suonano a tutte le ore e senza messaggi whatsapp, senza la possibilità di essere convocati alle nove di sera per riunioni aziendali; con ferie e malattie pagate, senza spese di gestione dello studio (affitto, luce, acqua, gas).
Il mantenimento del rapporto di convenzione dipende anche dalla volontà dei sindacati in primis la FIMMG, di uscire dalla logica del mantenimento dello status quo per essere disponibili a lavorare a un nuovo accordo che ridia dignità all’essere medico.
Ornella Mancin