Gentile Direttore,
ho appreso che nello stesso giorno, lo scorso 12 giugno 2023, mentre l’Osservatorio Permanente sull’Aborto (osservatorioaborto.it) presentava nell’aula del Senato il suo 2° Rapporto sui costi e gli effetti sulla salute delle donne della legge 194 in Italia, con il titolo: “Verso la privatizzazione dell’aborto”, sul Suo Quotidiano veniva riportata la notizia della pubblicazione della Nuova Guida dell’OMS (WHO) sull’aborto farmacologico, un “nuovo manuale per operatori sanitari per aiutarli a fornire servizi di aborto di qualità per donne e ragazze”.
L’intento di questo “Manuale di pratica clinica per la cura dell’aborto di qualità” è dichiaratamente esplicito: favorire e sostenere l’autogestione dell’aborto da parte delle donne, anche attraverso la telemedicina, ove possibile. Proprio la conferma del tema rappresentato nel nostro 2° Rapporto!
Le confesso la mia profonda perplessità che sorge su questo rinnovato rilancio dell’aborto-fai-da-te cercando di renderlo sicuro ed efficace fondandosi su raccomandazioni al personale sanitario.
Evidentemente il direttore della ricerca e salute sessuale e riproduttiva dell’OMS e capo del programma speciale delle Nazioni Unite per la riproduzione umana (HRP), Pascale Allotey, vorrebbe far credere che sia sufficiente una “guida” per l’aborto farmacologico “fatto in casa” perché le diverse e documentate complicanze, anche gravi e mortali, ampiamente documentate dalla letteratura scientifica internazionale vengano così prevenute.
Le nostre ricerche sulle complicanze fisiche immediate e a distanza di un aborto farmacologico (meglio definirlo chimico), ci portano a dire che, prima ancora di “addestrare” il personale sanitario alla “cura dell’aborto di qualità”, è doveroso informare la donna delle reali condizioni di rischio per la sua salute che questo tipo di aborto volontario comporta.
Il principio del rispetto dei diritti umani che questa Guida si prefigge da parte dei sanitari preposti a questo tipo di “cura per l’aborto” autogestito, nell’intento di permettere la scelta autodeterminata della donna, nel rispetto della sua privacy (che troppo spesso significa solo essere lasciata da sola in tutte le fasi della procedura abortiva), è di fatto in antitesi con il diritto alla salute fisica e psichica che deve essere riconosciuto per la stessa donna.
Ben vengano dunque le informazioni adeguate per un giusto consenso informato, ma la verità scientifica sulle reali complicanze immediate, compresa la mortalità (M. Greene, N.E.J. Med., 2005; FDA 31.12.2018; AIGOC C.S. N.5 del 28.08.2020) non vanno nascoste o sottovalutate.
Come pure non possono essere sottaciute le complicanze fisiche “a distanza”, quale il rischio di successive gravidanze ectopiche, di parti pretermine con conseguenze sulla mortalità e morbilità perinatale del feto, specialmente deficit neurologici permanenti (Jacobson 2002, Calhoun 2013, Institute of Medicine U.S. National Accademy of Sciences 2018, Lemmers Hum. Repr. 2016, Saccone Am.J. Obst. Gynec. 2016), fino al rischio di cancro del seno della donna, rischio crescente con il numero degli aborti volontari, sia chimici che chirurgici (De Veber, Carrol 2007, Malvia 1982-2005, Bhadoria 2013, Huang 2014, Joel Brind-Branch College New York 2017, Brind e Lanfranchi 2018).
Dr. Alberto Virgolino
Presidente dell’Associazione Italiana Ginecologi ed Ostetrici Cattolici (A.I.G.O.C.)