Gentile Direttore,
ho letto con interesse la lettera a Lei inviata dal collega Luigi Di Candido, che riportava alcune sue valutazioni sul recente Congresso delle Scuole di Specializzazione in Medicina di Emergenza e Urgenza, che si è tenuto ad Assisi alla fine di maggio.
Ero presente al Congresso e, al contempo, sono professore a contratto della Scuola di Specializzazione in Medicina di Emergenza e Urgenza dell’Università di Firenze dal momento della sua creazione, avvenuta nel 2009, e colgo alcune sollecitazioni su cui può valere la pena riflettere.
Joe Lex, professore di Medicina d’Urgenza negli USA, in una conferenza del 2014, disse che la Medicina d’Urgenza consiste “nei 15 minuti più interessanti di ogni altra specialità”. E cosa ci rende diversi dagli altri specialisti? La differenza consiste nel fatto che noi lavoriamo in ambienti molto diversi, dal domicilio del paziente al Dipartimento di Emergenza, in qualsiasi orario, con pazienti affetti da patologie estremamente varie ed il nostro motto è “Anyone, anything, anytime, ossia Ognuno, qualsiasi cosa, in qualsiasi momento”. Noi non scegliamo, ci prendiamo cura di chi chiama o si presenta alla porta dell’ospedale, e il nostro obiettivo non è tanto fare subito una diagnosi, ma inquadrare un sintomo, capire se la patologia sottostante può mettere o meno a rischio la vita del paziente, e decidere di conseguenza quale può essere il trattamento e la destinazione più appropriata per quel paziente.
Apparentemente queste affermazioni potrebbero confermare quell’idea di “superuomini” e “superdonne” che retoricamente qualcuno pensa vogliamo attribuirci! In realtà, io credo che esso costituisca un modo preciso di intendere la specificità della figura del medico d’urgenza, maturata in paesi con una lunga tradizione, non invece chiara dalle nostre parti. La più importante conseguenza di questa idea di medico d’urgenza, per nulla scontata in questo momento storico, è che questo approccio richiede una formazione specifica. Il mestiere dell’urgentista non è qualcosa che può fare chiunque in quanto medico, magari con poca esperienza perché, per rifarmi alla metafora marina, spesso capita di partire con sole e mare calmo ma dopo poche ore la forza del mare aumenta e ci vogliono skippers esperti per riportare la barca in porto, o, per noi, per inquadrare correttamente il nostro paziente.
Alla base di questo modo di essere urgentista, e qui mi dissocio un po’ dalle parole del mio collega, è necessaria una solida base di conoscenze mediche ed una buona padronanza nello svolgimento di una lunga serie di procedure, alcune semplici e altre molto meno, da acquisirsi durante gli anni della formazione. A questa imprescindibile formazione nelle Technical Skills, è necessario affiancare una altrettanto solida formazione nelle Non-Technical Skills, perché i setting in cui gli urgentisti lavorano sono caratterizzati da una serie di fattori, elevata pressione psicologica e di tempi, scarsità di informazioni, composizione sempre variabile della squadra, interruzioni frequenti, rumore, e chi più ne ha più ne metta, che rendono l’errore possibile e frequente.
Del resto sappiamo bene che “Una squadra di ottimi professionisti non è necessariamente un’ottima squadra”: se mettessimo insieme gli 11 calciatori migliori del mondo nei diversi ruoli difficilmente avremmo la squadra migliore del mondo. In quest’ottica la simulazione ha sempre fatto parte del training formativo fin dal primo anno di specializzazione, convinti che rappresenti uno strumento eccellente per garantire la formazione, in ambiente sicuro, sia delle Technical che della Non-Technical Skills. Questo impegno continuo ha consentito ai nostri specializzandi di vincere sia il campionato Italiano (SimCup, 2018) che quello Europeo di Simulazione (Euro SimCup, 2019) dimostrando che l’allenamento costante nelle Non-Technical Skills contribuisce alla gestione efficace ed efficiente delle urgenze.
L’aereonautica insegna, noi abbiamo cercato di imparare e di trasmettere ai nostri giovani un’idea di sicurezza che si basi sull’analisi degli errori, che ci sono e ci saranno, e non sulla colpevolizzazione del presunto responsabile. Il nostro obiettivo non è certo quello di creare novelli Rambo, ma professionisti capaci e consapevoli, ottimi medici, capaci di un efficace e soddisfacente lavoro di team!
Gli urgentisti non sono chiamati alle traversate in solitaria, ma ad una quotidiana condivisione di ogni atto, con i colleghi, per il bene e la sicurezza dei pazienti. E guardando indietro, la cosa che più mi dispiace è sapere che tanti degli specialisti formati in questa scuola, che hanno creduto in questa disciplina, si stanno rivolgendo verso altre specialità: forse la chiave per dare un futuro a questa specialità è riconoscerne le caratteristiche specifiche e, in vista di quelle, formare in modo adeguato chi la sceglie come mestiere per la vita!
Francesca Innocenti,