Gentile direttore,
medici in pensione a 72 anni, ci risiamo. Resta inaccettabile la proposta di trattenere in servizio il personale medico, dipendente o convenzionato, e i docenti universitari in Medicina e Chirurgia fino al compimento del settantaduesimo anno di età, ritenuta inammissibile all’esame della manovra in commissione Bilancio ed ora nuovamente presentata e sottoposta al vaglio del Senato tra gli emendamenti al Milleproroghe.
La motivazione alla base del provvedimento, che la maggioranza propone di adottare fino al 31 dicembre 2026, sarebbe quella di “garantire i livelli essenziali di assistenza” a fronte sia delle carenze di personale, che rappresentano attualmente l’emergenza più tangibile del nostro servizio sanitario pubblico, sia dei bisogni di salute sempre più complessi ai quali esso è chiamato a rispondere.
Tuttavia – e va sottolineato con forza ed amarezza – non si possono dare soluzioni semplicistiche e inadeguate alle criticità di un sistema sanitario allo stremo, già gravato, peraltro, da una delle quote più elevate, tra i Paesi Europei, di camici bianchi di età pari o superiore a 55 anni, e da carichi di lavoro poco compatibili con un ulteriore innalzamento dell’età pensionabile.
L’Italia conferma di non essere un Paese per giovani, e la sanità non fa eccezione.
Dopo anni di mancata progettualità, che ha determinato le carenze che il Servizio Sanitario Nazionale si trova ad affrontare, si continua nel segno della scarsa lungimiranza e della inadeguata programmazione, alimentando ulteriormente lo stillicidio di cui sono vittime soprattutto i giovani medici, e lasciando ancora scoperte le falle divenute, ancor di più durante la pandemia così come nella fase post-pandemica in atto, ormai profonde.
Si prospetta il serio rischio che le assunzioni, già fortemente limitate, vengano ulteriormente bloccate, soprattutto nei settori e nelle branche più usuranti e divenute nel contempo sempre meno attrattive, in primis quella dell’emergenza-urgenza che di certo non può contare su un provvedimento che nei prossimi anni manterrebbe in servizio medici over 70, o nell’ambito delle cure primarie, nelle quali si impone un'evoluzione radicale quanto rapida per vedere realizzata la riforma del territorio prevista dal PNRR e dal DM 77, e che come tale richiede necessariamente la spinta propulsiva del personale giovane.
In sintesi, quando la toppa è peggiore del buco.
I nodi irrisolti, vista la complessità delle problematiche che ne sono alla base, vanno affrontati, piuttosto che con le ennesime soluzioni tampone, con una visione di sistema.
L’unica strada percorribile per rilanciare e potenziare il nostro servizio sanitario è quella di aumentare le assunzioni favorendo il turnover e l’inserimento dei giovani; di migliorare le condizioni lavorative, soprattutto in Pronto Soccorso, ma non solo; di introdurre adeguati incentivi professionali ed il giusto riconoscimento in termini di tutele e di trattamento economico; di porre in atto una approfondita revisione dei contratti della dirigenza medica rimasti ancorati a modelli ormai anacronistici.
Le istituzioni mostrano ancora una volta di essere distanti anni luce dalle esigenze reali del Paese, in particolare per quanto riguarda i giovani medici, sui quali è invece necessario investire sul piano economico quanto su quello formativo, scientifico e professionale, per non continuare ad alimentarne la fuga già in atto dal SSN, sia verso l’estero che nel privato.
Come SIGM continueremo la presa di posizione con le istituzioni per ottenere un cambio di rotta radicale rispetto alle proposte poco lungimiranti, oltre che controproducenti per il servizio sanitario, messe finora in campo dalla politica.
Annalisa Napoli