Gentile Direttore,
l’importante contributo di Roberto Polillo sul tramonto della dominanza medica, con suoi contraccolpi tra i professionisti sanitari, mi induce ad intervenire per aggiungere alcuni tasselli al mosaico. La “guerriglia” ingaggiata a suo tempo da Medicina democratica contro il baronato clinico ed universitario ha analogie con la ventata libertaria americana degli stessi anni, portata avanti degli alternativi à Jobs e Gates, poi sfociata nella rivoluzione informatica del decennio successivo.
Il loro obiettivo era la democratizzazione della conoscenza, gratuita e accessibile a tutti, ma l’esito è stato in parte inatteso: fake news, hater e gruppi antiscientifici, radicalizzazione politica, torbido marketing nel web profondo, sorveglianza sociale elettronica in stile grande fratello, monopoli multinazionali sfuggenti al controllo statale e fiscale etc...
Agli effetti collaterali della “rivoluzione” democratica in medicina, descritti da Polillo, vorrei aggiungere due risvolti del paradigma epidemiologico fatti propri dagli attori della scena, latori di altri obiettivi ed interessi: la dimensione “tecnica” e il concetto di rischio.
La definizione positiva di salute ha favorito una graduale sovrapposizione tra legittimi bisogni sanitari ed assistenziali e desiderio soggettivo di benessere, colorato di edonismo e narcisismo fino agli estremi del potenziamento delle normali funzioni organiche, nel segno del perfezionismo sanitario e della generalizzata avversione al rischio per la fiducia in un progresso medico-sanitario illimitato. L’associazione tra la promessa di salute totale e un diritto positivo introduce una componente normativa, nel senso della protezione democratica del welfare, con importanti risvolti di consenso e aspettative sociali, sfociate nell’endemica crisi dei bilanci pubblici e nella parziale ritirata dell’offerta.
Per comprendere più approfonditamente le radici dell’odierno malessere sociale, venuto al pettine nella sfera sanitaria con la pandemia, bisogna fare un altro passo indietro nella storia fino alla prima metà dell’ottocento. Per il professor Alessandro Orsina, autore de “La democrazia del narcisismo”, la crisi attuale può essere ricondotta alle contraddizioni delle democrazie liberali, tratteggiata ne la “Democrazia in America” da Alexis de Tocqueville.
Secondo la chiave di lettura di Orsina “quello democratico è un disegno intrinsecamente contraddittorio” in quanto accredita “la promessa che ciascun essere umano abbia pieno ed assoluto controllo della propria esistenza conducendola come e dove meglio crede” fino alla “pretesa da parte degli esseri umani che quella promessa sia mantenuta” (Orsina 2018, p. 21).
La promessa-pretesa di autorealizzazione ed emancipazione soggettiva si converte in diritto dovuto e sfocia nella deriva della democrazia del narcisismo, destinata però ad essere delusa in quanto “l’assoluta autodeterminazione individuale è incompatibile con la condizione umana, perciò è sempre stata e sempre resterà un’utopia” (ibidem p. 105). La democrazia liberale ha rilanciato quella promessa e assecondato la pretesa, ma così facendo “si è cacciata in una trappola che, da cinquant’anni a questa parte, lentamente ma inesorabilmente la sta stritolando” (ibidem p. 105).
In questo scenario il passaggio dalle attese di un benessere totale all’avversione per ogni rischio è breve e inarrestabile; salvo poi constatare i limiti dell’offerta pubblica di benessere per l’impossibilità di soddisfare una domanda virtualmente illimitata ed altrettanto insostenibile.
Questa cornice interpretativa storica pone il SSN nell’epicentro del sisma che scuote il welfare state occidentale, sullo sfondo della vana attesa “che la promessa democratica di autodeterminazione integrale sia integralmente mantenuta” (ibidem p. 48).
Dott. Giuseppe Belleri
Ex MMG - Brescia