Gentile Direttore,è
entusiasmante per chi, come me, che da direttore di un Dipartimento di Salute Mentale, partecipare al “coro” mediatico sulla necessità di un’adeguata e coerente programmazione sanitaria nell’organizzazione dei servizi e delle risorse, contro la “deregolazione” lasciata alle decisioni di singole realtà territoriali.[1]
Questo è il punto centrale: ora la politica ha una nuova opportunità per produrre policies in grado di poter tangibilmente rispondere ai bisogni di quel 20-30% della popolazione che soffre ogni anno di una condizione clinica rilevante riconducibile alla patologia mentale.
Ben venga quindi il richiamo e con esso la possibilità di altri Manifesti a suo sostegno: se noi alziamo la testa, la alzeranno i pazienti, i familiari, le Associazioni e tutti coloro che riconoscono la tutela e la cura della salute mentale come diritto e come valore a garanzia del capitale sociale.
Ma esiste un altro aspetto, ancora in ombra, che credo sia oggi necessario riproporre e magari riportare nel difficile lavoro che seguirà a questa fase mediatica: noi (psichiatri) di buone occasioni ne abbiamo già avute. Faccio riferimento al Piano di Azioni Nazionale per la Salute Mentale[2] del 2013 e al Documento dei Percorsi di Cura[3] del novembre 2014. Si tratta di documenti a forte valenza “regolatoria”, prodotti da tavoli tecnici sotto l’egida politica della Conferenza Unificata. Quanto i Dipartimenti di Salute Mentale hanno realmente operato per garantire la diffusa e sistematica applicazione dei loro contenuti nei servizi a favore dei Livelli Essenziali di Assistenza e dei Percorsi di Cura esigibili (anche in momenti storici in cui i problema delle risorse non era cogente come oggi)?
Quella fu certamente occasione per avviare la programmazione sanitaria nell’organizzazione dei servizi e delle risorse di cui sopra, occasione sicuramente poco sfruttata per svariati motivi che oggi avrebbe certamente senso riconoscere e superare. Motivi che qualcuno ci ha fatto notare non una volta: per doverosa neutralità, faccio riferimento solo all’Accademia (Bocconi), che tanto nel 2017[4] quanto nel 2022[5], sottolinea che “la insufficiente omogeneità della disciplina in termini di visione, disegni e modelli può aiutare a comprendere una certa difficoltà percepita dalla psichiatria nella interlocuzione con il sistema sanitario nel suo complesso, nonostante la crescente attenzione che il tema della salute mentale riceve”. E quel che è peggio, “In assenza di una idea sufficientemente definita e articolata di ciò che sarebbe importante ottenere, le richieste, inevitabilmente deboli nella competizione, rimangono solo quelle relative a una generica attenzione e a un aumento delle risorse destinate ai Dipartimenti”.
E la riflessione epidemiologica conferma: lo studio QUADIM[6] pone in evidenza che “il sistema di salute mentale italiano potrebbe essere migliorato aumentando l'accessibilità agli interventi psicosociali, migliorando la qualità dell'assistenza per i pazienti al primo episodio, concentrandosi sulla salute somatica e sulla mortalità e riducendo la variabilità regionale”. Non solo risorse quindi, ma anche organizzazione e prassi nei servizi le più scientifiche ed omogenee possibili, tale da garantire un altrettanto omogeneo governo clinico, contro il rischioso e purtroppo frequente ricorso alla creatività, che oggi (nel tempo della EBM) è più espressione di disperazione organizzativa che di produttiva ricerca di innovazioni e cambiamenti.
Cosa c’è da fare? I 91 Direttori della “Lettera”[7], possibilmente sotto l’egida delle Società Scientifiche (di cui è auspicabile il più sereno e proficuo avvicinamento) si confrontino, ispirati dal bisogno tanto di omogeneità quanto di intenti e prassi condivise, iniziando la nuova strada da quanto di buono abbiamo (purtroppo ancora) nel cassetto. Questo sarà certamente lo stimolo per il dialogo “forte e chiaro” con la politica, con i servizi ed i professionisti che in essi operano, con le Direzioni delle Aziende Sanitarie verso il vero cambiamento. E le risorse che arriveranno troveranno il terreno più fertile dove garantire al meglio la tutela della salute mentale e la cura esigibile, in una chiara prospettiva di efficacia e di efficienza.
Giorgio Bianconi
Note:
[1] COMUNICATO STAMPA del Coordinamento Direttori di Psichiatria Regione Lombardia, della Società Italiana di Psichiatria e della sua sezione lombarda (SIP-LO)
[2] Piano di Azioni Nazionale per la Salute Mentale (PANMS), Conferenza Unificata del 24.1.2013
[3] DEFINIZIONE DEI PERCORSI DI CURA DA ATTIVARE NEI DIPARTIMENTI DI SALUTE MENTALE PER I DISTURBI SCHIZOFRENICI, I DISTURBI DELL’UMORE E I DISTURBI GRAVI DI PERSONALITÀ, Ministero della Salute, 13.11.2014
[4] Pacileo G., Tozzi. V.D. (2017), Salute mentale in Italia. Sfide e prospettive manageriali nella sanità che cambia, Milano, Egea.
[5] Del Vecchio M. et al. (2022), Fabbisogni e modelli di servizio in trasformazione: il ruolo dei Dipartimenti di Salute Mentale, Rapporto OASI.
[6] Lora, A. et al. (2022), The quality of mental health care delivered to patients with schizophrenia and related disorders in the Italian mental health system. The QUADIM project: A multi-regional Italian investigation based on healthcare utilisation databases. Epidemiology and Psychiatric Sciences, 31, E15. doi:10.1017/S2045796022000014
[7] Salute Mentale. “Risorse urgenti per oltre 2mld per il prossimo triennio”. L’appello alle istituzioni di 91 Direttori dei Dipartimenti, Quotidiano Sanità, 11 gennaio 2023.