Gentile Direttore,
il dibattito sul futuro della nostra sanità entra nel vivo attraverso varie visioni frutto di differenti angolazioni del campo operativo e osservazionale. Come spesso accade nelle situazioni difficili ognuno tende a legittimare il proprio punto di vista corroborandolo con l’utilizzo popperiano dei dati. AGENAS docet.
Lo speaker’s corner così efficace in questi tempi per noi comuni professionisti della sanità che stiamo registrando le difficoltà del sistema a mettere in atto cambiamenti strutturali salvifici del SSN. Difficile che vengano messe in campo nel medio periodo proposte di ri-riforma complessive del sistema soddisfacenti per i vari stakeholder. Si tende infatti a disegnare modelli basati sulla realtà sociale “desiderata” e non sull’esistente.
Parte del nostro Paese che ci piaccia o meno è affascinato dalle politiche neo liberiste che mal si concertano con un sistema sanitario universalistico e solidale. A questo si aggiunge la storica congiuntura delle scarse risorse disponibili e dei conflitti interni per l’accaparramento. Il terreno è reso ancor più fertile dal “prestazionismo” imperante che ormai connota l’offerta e organizzazione dei servizi come ho scritto in questo mio precedente contributo ,“Il circolo vizioso della sanità visto solo come prestazione”.
La situazione sta degenerando. Paradigmando gli anglosassoni o le genti di palude, di cui portiamo geni sul DNA, è tempo di time-out e concertare azioni che attivino risposte in progress ai problemi contingenti a cominciare dai professionisti e dai pazienti. Titolari del sistema sono il principale bersaglio degli sfavorevoli esiti del suo malessere.
I professionisti sono pochi stanchi e demotivati, i pazienti sono tanti disillusi e arrabbiati.
“Solo i cittadini possono salvare il SSN” dice Antonio Panti sul suo giornale. Aggiungo come hanno fatto altri che i professionisti possono dare il contributo maggiore.
Operiamo allora con sperimentazioni organizzative, pur migliorabili metodologicamente, che mettano in relazione i professionisti della salute dei vari setting assistenziali con i pazienti. In tanti anni di lavoro nell’organizzazione sanitaria le maggiori soddisfazioni professionali le ho condivise con i colleghi nelle occasioni di confronto professionale e analisi clinica/organizzativa.
Propongo pertanto solo un esempio, quale stimolo per attivare ragionamenti propositivi che possano successivamente essere valutati e corroborati dagli esperti.
Dobbiamo connettere l’assistenza ospedaliera con quella territoriale. Drenare gli ospedali dalle tante prestazioni ambulatoriali. Permeare la cultura dei professionisti del territorio con quella degli ospedalieri e viceversa.
Attiviamo la co-presenza dei professionisti ospedalieri e territoriali nelle strutture. A cominciare dalle Case della Comunità dove presenti, ai Nuclei di Cure Primarie, agli ambulatori associati dei MMG o in strutture ad hoc per i MMG che operano singolarmente.
Tale attività, remunerata con istituti premianti/incentivanti (agli esperti le modalità: LP, fondi per la formazione, disagio, bilanci ad hoc, ecc.) può essere effettuata sia con la presenza dei pazienti (visita diretta per casi specifici) che in analisi congiunta dei casi. Siano questi candidati a richiesta specialistica che già in attesa e non evasi. Coordinamento, inoltre, della presa in carico del paziente cronico ecc.
L’aspettativa del progetto è di migliorare l’appropriatezza delle richieste e la presa in carico da parte dello specialista. Implementare reciprocamente la cultura e i saperi dei diversi setting, ridurre gli accessi al PS e beneficiare del confronto fra pari nell’ambito professionale.
È solo un piccolo esempio, perfezionabile, che necessita di strategie specifiche da parte degli organizzatori commisurate alla tipologia territoriale e alla struttura dei servizi presenti.
Le risorse necessarie sono relative a:
Dal punto di vista gestionale non appaiono risorse difficili da reperire. Si sprecano attualmente molte più risorse per la gestione della domanda prestazionale che spesso produce scarsi risultati di salute per il paziente e poca soddisfazione per i sanitari.
I benefici invece potrebbero essere tangibili anche nel corso del tempo; riduzione degli accessi alle prestazioni sia ambulatoriali che di PS e migliore percezione della qualità del lavoro per i professionisti.
Il punto critico è rappresentato dal management promotore/facilitatore. È un gran lavoro e bisogna crederci!
Nunzia Boccaforno