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Lo screening polmonare in Italia: un vuoto da riempire

di Giulia Veronesi

10 OTT -

Gentile direttore,
ogni anno in Italia muoiono circa 34.000 persone per cancro al polmone. Questa neoplasia è la prima causa di morte per tumore tra gli uomini e la seconda tra le donne, con un tasso di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi del 16% tra gli uomini e del 23% tra le donne. Circa il 60% di questi decessi, quindi circa 20.000 l’anno, si riscontra in una fascia ben definita della popolazione: forti fumatori (almeno un pacchetto di sigarette al giorno) di età superiore ai 55 anni.

Nel corso degli ultimi due decenni diversi studi clinici hanno evidenziato che l’esecuzione di una tomografia computerizzata a basso dosaggio (LDTC), esame semplice da effettuare e non invasivo, è in grado di individuare i tumori al polmone nella loro fase iniziale, quando le possibilità di cura con successo sono molto maggiori e si può intervenire chirurgicamente salvaguardando maggiormente la qualità di vita del paziente. In particolare, due studi pilota realizzati nel nostro Paese seguendo per lunghi periodi popolazioni di forti fumatori hanno evidenziato una riduzione della mortalità superiore al 20% ed un aumento del tasso di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi del 72%, contro il 15% dei tumori diagnosticati in assenza di screening.

Sulla base di queste premesse, è ragionevole stimare che un programma di screening sistematico con LDCT su una popolazione stimabile in Italia nell’ordine del milione e mezzo-due milioni di persone – i forti fumatori o ex forti fumatori di età pari o superiore a 55 anni – permetterebbe di ridurre del 20-40% la mortalità per neoplasie polmonari, corrispondente a circa 5.000 decessi in meno all’anno, con una migliore qualità della vita complessiva per i pazienti con una diagnosi precoce.

In sostanza, la maggiore efficacia della LDCT rispetto alla radiografia toracica, unita alla relativa facilità nell’individuare la popolazione da sottoporre a screening, ci consegnano una risorsa sanitaria di grande efficienza: non a caso uno studio promosso nel 2021 dalla Global Lung Cancer Coalition ha stimato che occorrano 320 LDCT polmonari per prevenire un decesso per tumore al polmone; per contro, occorrono 864 sigmoidoscopie per prevenire un decesso per cancro colon-rettale, e dalle 646 alle 1.724 mammografie per prevenire un decesso per carcinoma mammario.

Questo è il razionale dal quale è partito il gruppo di lavoro istituito dal sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri il 19 maggio 2022, che vede al proprio interno esperti in radiologia, chirurgia, pneumologia, epidemiologia clinica, economia dei servizi pubblici e rappresentanti dei pazienti. Al termine delle sua attività, il gruppo di lavoro ha messo a punto un programma pilota di screening polmonare, della durata di tre anni, che si propone di creare consapevolezza sull’importanza della prevenzione polmonare tra i forti fumatori, coinvolgendo per il reclutamento dei soggetti a rischio e per il follow-up sia le strutture territoriali, in primo luogo i medici di base ma anche le reti oncologiche, le regioni e le aziende sanitarie locali; il tutto centralizzando le informazioni ottenute per garantire il controllo di qualità e il rispetto dei criteri di efficacia.

Nello specifico, si prevede di individuare centri di riferimento regionali con adeguate infrastrutture radiologiche, personale specificamente formato e dedicato alla gestione del programma di screening, e una struttura multidisciplinare che sia in grado di gestire la presa in carico complessiva dei pazienti con noduli polmonari e/o tumore polmonare e che preveda un team di pneumologia, chirurgia toracica, oncologia medica, radioterapia, anatomia patologica, radiologia, medicina nucleare.

Il progetto prevede una struttura di governance a livello nazionale, che identifichi la popolazione bersaglio, recluti la prima coorte e curi la realizzazione dei primi rapporti annuali, coordinando la formazione e la condivisione tra tutti gli attori del sistema: i dipartimenti di prevenzione, gli ospedali e i centri specialistici, I distretti sanitari e le case della comunità, i medici di medicina generale, gli infermieri di famiglia e comunità. Dovrà inoltre essere messa a punto una piattaforma di raccolta dati integrata caratterizzata da elevata configurabilità, che consentirà sia la gestione dei singoli screening, con la definizione della logistica dei controlli e la definizione di profili di rischio individuali, sia l’estrazione centralizzata dei dati anonimizzati necessari per la valutazione dei risultati complessivi del programma e per la definizione di eventuali aggiustamenti.

Nel complesso, il progetto prevede che su una popolazione target di 1,9 milioni di individui ad alto rischio circa l’8%, ovvero 150.000 persone, possano essere convinti a sottoporsi a screening annuale in un arco temporale di tre anni. Ciò si traduce in un totale di individui da sottoporre a screening ogni anno che varia tra i 100 della Valle d’Aosta e gli 8.000 in Lombardia, che a loro volta determineranno un numero di tomografie che al terzo anno, considerando le tomografie di follow-up, andranno dalle 270 in Valle d’Aosta alle 20.000 in Lombardia.

Il costo del progetto è stato calcolato dal gruppo di lavoro in 12,664 milioni di euro per la prima annualità, che cresceranno gradualmente nel secondo e terzo anno, in considerazione dell’aumentato numero di tomografie da effettuare per effetto delle visite di follow-up. In totale, alla fine dei tre anni di sperimentazione il costo complessivo del progetto è stato stimato in 55,482 milioni di euro, che comprendono anche le attività di comunicazione (creazione di un sito, evento di lancio, campagna pubblicitaria), l’invio di lettere di invito a 3 milioni di potenziali partecipanti allo screening, una piattaforma FAD per la realizzazione di corsi online, un call center dedicato.

Il tavolo ha consegnato i risultati del proprio lavoro alla fine del mese di settembre, così come prevedeva il decreto istitutivo; in questo modo il Ministero avrebbe potuto presentare i risultati del lavoro del tavolo al Governo ed al Parlamento in vista dell’approvazione della legge di Bilancio. Con la fine anticipata della legislatura il lavoro della commissione rimane comunque un patrimonio a disposizione del nuovo esecutivo, considerate anche le nuove raccomandazioni europee che supportano fortemente lo screening polmonare nei fumatori.

Ridurre l’impatto socio-sanitario del tumore al polmone è un obiettivo che il Servizio Sanitario Nazionale non può ignorare, perché è possibile salvare migliaia di vite ogni anno e migliorare la qualità della vita dei pazienti con un investimento efficiente in attività di prevenzione. In primo luogo, non va dimenticato, occorre promuovere corretti stili di vita e diffondere consapevolezza sui rischi del fumo; ma è importante anche definire un percorso di screening per i soggetti più a rischio, che consenta di intercettare il più precocemente possibile l’insorgenza del tumore.

Giulia Veronesi

IRCCS San Raffaele
Componente del Consiglio Superiore di Sanità



10 ottobre 2022
© Riproduzione riservata

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