Gentile Direttore,
molto opportunamente QS sta dando spazio alla previsione della possibile politica sanitaria da parte del prossimo governo guidato da Fratelli d’Italia. Alcuni giorni fa è stata fatta qui una analisi di quanto previsto nel programma unitario del centro-destra e di quanto ricavabile dal programma di Fratelli d’Italia.
E’ abbastanza evidente, direi a chiunque, che si tratta di obiettivi buttati là tanto per caratterizzarsi rispetto al precedente Governo, anzi ai precedenti Governi, senza alcuna consapevolezza sulle criticità attuali del Servizio Sanitario Nazionale e soprattutto senza alcuna idea di come affrontarle. Se mai ci fosse qualche dubbio al riguardo basta (ri)leggere qui su QS le posizioni di Gemmato, responsabile sanità di Fratelli d’Italia, sulla riforma della medicina territoriale.
Gemmato, titolare dell'omonima farmacia di Terlizzi (Ba), ritiene che occorre "puntare sui medici di famiglia e dei farmacisti dotati di strumenti diagnostici di base. Con la dotazione che nel Pnrr è prevista, di 7 miliardi di euro, per la telemedicina, questi professionisti, se forniti di apparecchiature idonee, possono fare degli studi e delle farmacie degli hub in cui fare le analisi di prima istanza, le ecografie, gli elettrocardiogrammi. Si potrebbe contare in questo modo su una sanità diffusa che può sopperire anche alla chiusura di tanti ospedali e permettere un'assistenza accessibile a tutti”. Il virgolettato è importante perché attribuisce una posizione in modo chiaro e univoco a chi la fa.
Uno potrebbe fare presente che nei programmi elettorali, si sa, si scrive un po’ quello che suona bene e attira consensi. In realtà non è vero e tra i programmi elettorali nella parte sulla sanità ce n’erano anche di fatti bene o abbastanza bene, come quello del Partito Democratico tanto per fare un esempio.
Il problema in realtà è che le elezioni non si vincono coi programmi ma con gli slogan e che quando arrivano le elezioni i giochi sono già fatti.
Solo che fatti bene o fatti male, e quello di Fratelli d’Italia è fatto male, i programmi ti condizionano e quando governi ne devi tenere per forza conto.
Di questo nelle Marche, il laboratorio di un governo a guida Fratelli d’Italia, abbiamo fatto esperienza. Il programma elettorale del centro-destra alle elezioni regionali del 2020 in sanità prevedeva due impegni: il superamento dell’Azienda Sanitaria Unica Regionale (ASUR) e il superamento della politica di integrazione strutturale degli ospedali di primo livello “troppo vicini” per essere efficienti.
Questi due impegni si sono tradotti nello slogan di una sanità più vicina ai cittadini, in pratica lo stesso slogan del programma sulla sanità di Fratelli d’Italia alle ultime elezioni (una sanità al servizio della persona).
Detto fatto, le uniche due cose che ha fatto in sanità il centro-destra in due anni di governo della Regione Marche sono proprio queste: trasformazione dell’ASUR in cinque Aziende Sanitarie Territoriali e ritorno ad una rete ospedaliera frammentata con 14 ospedali di primo/secondo livello contro i 10 da DM 70. Tutti gli altri problemi “veri” dalle liste di attesa al collasso dei Servizi di Pronto Soccorso sono peggiorati e di molto.
Per inciso il centrodestra nelle Marche alle ultime elezioni è andato comunque benissimo, visto che ad un ultimo aggiornamento al Senato il Centrodestra ha preso il 44,8% dei voti contro il 26,3% del centrosinistra, con Fratelli d’Italia che ha preso il 29,5% dei voti contro il 19,9% del Partito Democratico.
Quindi adesso ci confrontiamo con il programma del centrodestra e di Fratelli d’Italia che presenta alcuni punti oscuri e alcuni impegni chiari. Preoccupano gli uni e gli altri. Faccio un esempio per entrambi.
Il punto più chiaro e inquietante è che viene mandato a monte tutto il tema della risposta matura, e quindi multiprofessionale oltre che territoriale, alla cronicità. Nei fatti vuol dire tornare indietro di almeno dieci anni, a prima cioè che anche in Italia, e in particolare per prima nella Regione Toscana, passasse il Chronic Care Model come modello di riferimento per la risposta alla cronicità. Un modello, più di dieci anni fa descritto anche qui su QS, caratterizzato da tre elementi fondamentali: il coinvolgimento delle comunità, la promozione dell’auto-cura e l’investimento sui team multi-professionali.
Un modello ripreso dal Piano Nazionale della Cronicità del 2016 e base fondamentale della Mission 6 del nostro Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Se “Butti”, come fa Gemmato, i team multiprofessionali e le Case della Salute di fatto “butti” la base culturale e organizzativa dei moderni sistemi di tutela della salute.
Adesso ci sarà la solita rincorsa alle smentite e alle precisazioni, ma la scelta esplicita è stata fatta: medici di famiglia e farmacie territoriali al posto dei team multiprofessionali e degli infermieri di famiglia e di comunità.
Tra i punti oscuri c’è quello del riordino della assistenza ospedaliera su cui nulla si dice sia da parte del centrodestra che da parte di Fratelli d’Italia. Ma molto si è fatto nella Regione Marche laboratorio di Fratelli d’Italia: le maglie del DM 70 erano troppo strette e più che allargarle sono state buttate.
Il che porta a ipotizzare che ci possa essere un tanto clamoroso negli effetti quanto sotto traccia nei metodi ritorno ad una sanità pre-anni ’90 in cui il territorio è debole perché l’ospedale viene sviluppato senza logica.
E qui viene fuori il possibile ruolo di quella classe dirigente diffusa di cui ha parlato Sergio Fabbrini in una intervista, classe fatta dai giornalisti della stampa e della televisione, dai leader sindacali e imprenditoriali, da “quella società organizzata che non appartiene al mondo degli eletti ma è molto più responsabilizzata rispetto al mondo degli elettori”.
In questa classe se parliamo di sanità ci sono molti che scrivono anche qui su QS, certo molto più autorevolmente di me, e sta anche a loro, a noi, far capire che questo ritorno al passato della nostra sanità sarebbe un gravissimo errore. E bisogna farlo capire subito.
Claudio Maria Maffei