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Concorrenza in sanità e trappole ideologiche

di Livio Tronconi

24 GIU -

Gentile Direttore,
non possiamo pretendere che le cose cambino se continuiamo a fare le stesse cose, così come che le crisi portino ai popoli ed alle nazioni grandi progressi, ma sta nella capacità della politica gestire la transizione tra passato e futuro, senza che la crisi ci precipiti nel dramma. E’ purtroppo drammatico ciò che si sta compiendo sul fronte del “riformismo” dell’apparato sanitario, stretto in una morsa di digiuno finanziario sui bisogni immediati dei cittadini e ubriacato da una mastodontica spesa per investimenti patrimoniali, di complesso realizzo e improbabile concreto utilizzo. Il tutto infarcito da pregiudizi ideologici, perdite di memoria breve e miopia nel cammino di riforma.

I tratti stucchevoli del pregiudizio ideologico che animano la contrapposizione tra erogatori pubblici ed erogatori privati del Servizio Sanitario Nazionale sono di per sé antistorici, ma tuttavia ancora attuali.

Ne è un esempio il testo della legge sulla concorrenza promosso dal Governo e licenziato dal Senato, ora in celere discussione alla Camera, il quale introduce un criterio analogo alle concessioni balneari per l’affidamento dei servizi sanitari, invocando obblighi comunitari che in realtà escludono espressamente i servizi sanitari dal regime della concorrenza competitiva.

Senza scadere nel ridicolo, è quanto meno anacronistico pensare di efficentare il servizio sanitario mettendo in competizione la sola componente privata, ponendola al bivio di un esito competitivo per il proprio futuro. Dal ché, pare non essere stato sufficiente aver mostrato nel corso della pandemia il proprio ruolo nevralgico nel far fronte alla cura dei cittadini, oltre al fatto innegabile di rivestire nel nostro Paese una funzione da sempre determinante nella ricerca scientifica e nell’innovazione della pratica terapeutica.

I cittadini sono sempre più spesso alla ricerca di un approdo sicuro, che si prenda carico con tempestività e continuità della loro salute, ancor più con l’accrescere delle cronicità. L’effetto opposto di quello che ci attende con la concorrenza applicata ai servizi alla persona.

E’ tempo di riflettere sulle reali potenzialità dell’apparato sanitario esistente, siano essi gli ottimi erogatori pubblici o privati, conservando al decisore politico gli obiettivi e gli strumenti finanziari, all’alta amministrazione le strategie di governo dell’offerta sanitaria, ponendo a sistema una sinergica integrazione di ruoli e collaborazioni pubblico-privato.

In un contesto di generale crisi economica aggravata dalle congiunture internazionali, di strutturale carenza di medici ed infermieri, di incoerenza finanziaria nel rapporto tra bisogni dei cittadini e spesa pubblica, di disomogeneo riposizionamento della domanda di salute sul territorio, di liste di attesa nell’accesso alle prestazioni diagnostiche e chirurgiche indegne per un Paese civile, quel che si sta realizzando con l’introduzione del regime concorrenziale nei servizi sanitari erogati dalla sola ospedalità privata non produrrà altro, per i cittadini più fragili nel momento del bisogno, se non il dramma dell’incertezza di un loro approdo sicuro.

Prof. Livio Tronconi

Professore di Diritto e Organizzazione Sanitaria, Università di Pavia

 



24 giugno 2022
© Riproduzione riservata

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