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Questione infermieristica? Le professioni calpestate sono altre

di Gianni Melotti

23 AGO - Gentile Direttore,
confesso che, personalmente, non mi prende più di tanto la querelle che si sta portando avanti tra medici ed infermieri. Come fisioterapisti abbiamo anche noi le nostre belle gatte da pelare con certi personaggi che continuano ad ignorare quanto è successo negli ultimi 20 anni. Costoro ancora oggi pretendono di operare per antica prassi consolidata ignorando le leggi esistenti.

Chiara, a questo proposito, una recente sentenza del Tar del Lazio quando  sostiene che, i fisiatri, “Contestano all’impugnato decreto la violazione di asseriti diritti dello specialista, ma non indicano le norme che detto diritto avrebbero consacrato, per la semplice ragione che non esistono. Non esiste infatti una norma che imponga al fisioterapista, allorché eroga prestazioni rientranti nella propria competenza, di agire alla presenza o quanto meno sotto il controllo dello specialista”.

Ma, come dicevo in premessa, poco mi interessano le questioni medico-infermieristiche e neanche sarei intervenuto se non avessi letto la lettera di uno di loro, con laurea quinquennale, che mi ha stimolato a farlo.

Premetto che io sono forse l'unico o uno dei pochi che, a suo tempo, si era battuto per una scuola media superiore in infermieristica. Per non essere frainteso, chiarisco che il problema non si poneva per il personale di riabilitazione che dal 1974 aveva l'obbligo della scuola media superiore per l'accesso ai corsi triennali. Quello per il quale mi battevo avrebbe dato la stessa  possibilità che avevano ragionieri e geometri, tanto per citare, di accedere all'università, anche ai sedicenni che, dopo il biennio superiore, sceglievano di fare l'infermiere. Come sia andata a finire lo sappiamo e non mi pare che le cose siano migliorate di molto.

Il mio sospetto è che ora si voglia passare da una sanità medico-centrica ad una in un delicato equilibrio tra “padelle e pappagalli” dove gli infermieri, proprio quelli quinquennali, almeno in Lombardia, stanno occupando tutti i posti dirigenziali senza porsi minimamente il problema della conoscenza dei percorsi di studio degli altri laureati magistrali delle aree tecnico sanitarie di riabilitazione e prevenzione. Illuminante il caso  nel quale la dirigenza era finita nelle mani di una ostetrica e da parte loro, a conferma del mio sospetto, ne è arrivato un ricorso alla magistratura amministrativa, poi ovviamente perso.

Non voglio buttare benzina sul fuoco ma, per essere credibili, non basta lamentarsi perché si tenta di trovare con ogni mezzo di svilire e sottovalutare l'evoluzione della professione infermieristica, quando, in tutti questi anni, si sono calpestate le altre professioni sanitarie dirigendo i fallimentari Sitra lombardi nel silenzio più assordante proprio da parte infermieristica.

Gianni Melotti
 

23 agosto 2012
© Riproduzione riservata

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