I tamponi è così difficile contarli? Nelle Marche “rosso Europa” pare proprio di sì
di Claudio Maria Maffei
22 NOV -
Gentile Direttore,
una mappa della rischiosità delle varie Regioni europee che ha molta diffusione e quindi molto credito è quella dell’ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control), che puntualmente viene riportata e commentata qui su QS. Nel
commento all’ultimo report aggiornato al 18 novembre si è riportato l’aumento dei contagi anche in Italia con la Provincia Autonoma di Bolzano che passa in rosso scuro e 3 Regioni che rimangono di colore rosso: Friuli- Venezia Giulia, Marche e Veneto.
Sempre nello stesso commento si riportava la proposta della Commissione di introdurre limitazioni a prescindere dal green pass in base ai colori della mappa Ecdc prevedendo ad esempio che in provenienza dalle zone rosse diventi possibile l’obbligo di quarantena in mancanza di test preliminare alla partenza (antigenico rapido o PCR).
A fronte di una ricaduta della mappa così potenzialmente pesante ci si aspetterebbe un forte presidio da parte dei sistemi di sorveglianza a livello nazionale e regionale dei due dati che sono utilizzati per l’assegnazione da parte della Ecdc della fascia di rischio:il tasso di notifica cumulativo di casi COVID-19 di 14 giorni e il tasso di positività ai test per l'infezione da COVID-19 calcolato su tutti i tamponi effettuati sia diagnostici che di screening (qualunque screening) sia molecolari che antigenici.
Ad esempio si finisce in rosso se il tasso di notifica cumulativo di casi COVID-19 di 14 giorni si colloca tra 75 e 200 e contemporaneamente il tasso di positività al test dei test per l'infezione da COVID-19 è del 4% o più. Il primo dato relativo all’incidenza dei nuovi casi è utilizzato anche in Italia per l’assegnazione della fascia di rischio e quindi è presidiato. Il dato sulla percentuale di positività dei tamponi totali invece in Italia non influisce sulla valutazione di “rischiosità” e quindi pare sia lasciato al buon cuore delle singole Regioni. Almeno così pare guardando i dati di venerdì 19 novembre ricavati dalle
elaborazioni del dott. Paolo Spada per la pagina Facebook di Pillole di Ottimismo.
In quella data le Marche erano al sesto posto in Italia come tasso di incidenza settimanale di nuovi casi (126 ogni 100.000 abitanti), ma erano di gran lunga al primo posto come tasso di positività calcolato su tutti i tamponi con un 5,8% ben al di sopra del valor soglia del 4% che per l’Ecdc porta in rosso. Allo stesso tempo il Friuli-Venezia Giulia che aveva avuto nell’ultima settimana quasi 300 casi ogni 100.000 abitanti risultava con il suo 2,5% molto al di sotto del limite “consentito”. Nella giornata di venerdì le Marche (1,5 milioni di abitanti) aveva avuto 283 positivi e il Friuli-Venezia Giulia (1,2 milioni di abitanti) ne aveva avuti 660. Ma mentre il Friuli-Venezia Giulia aveva segnalato di aver fatto nello stesso giorno quasi 26.000 tamponi le Marche ne avevano segnalati meno di 5.000.
Questa sottostima del numero totale di tamponi totali effettuati nelle Marche è incoerente con i dati di realtà che vedono i laboratori privati letteralmente assaliti dalle richieste di tamponi a qualunque titolo, ma sistematica, perché da mesi le Marche sono nelle mappe della Ecdc in rosso senza che questo sembri destare preoccupazioni né tantomeno azioni correttive. Le
precedenti segnalazioni sulla stampa locale di questa criticità non hanno sortito alcun effetto. Confido nella autorevolezza di QS per far arrivare questo messaggio: il metodo di calcolo dei tamponi totali non è né discrezionale, né irrilevante.
Questo messaggio è anche per chi riceve i dati dalle Regioni e li elabora quotidianamente, e cioè Ministero della Salute e Istituto Superiore di Sanità. Anche una rapida occhiata alla
loro ultima elaborazione giornaliera pubblicata qui su QS lo scorso venerdì 19 novembre evidenzia disomogeneità tali sui dai relativi ai tamponi da inficiare pesantemente il loro utilizzo a scopo di monitoraggio. Si prenda il confronto tra il numero di test molecolari e test antigenici effettuati: nelle Marche gli antigenici sono meno del 15% del totale e in alcune Regioni come il Veneto sono più del 50%.
Se i dati sui tamponi non sono utili ai fini di un monitoraggio epidemiologico della pandemia meglio lasciar perdere le quotidiane percentuali di positività e le relative elaborazioni periodiche (e magari già che ci siamo anche l’indice Rt), ma se servono o comunque l’Europa “ci guarda” vanno resi più affidabili e quindi rilevati in modo omogeneo e corretto da parte delle Regioni. Anche a questo dovrebbe servire un rilancio del ruolo della epidemiologia nel Servizio Sanitario Nazionale e nei Servizi Sanitari Regionali.
Claudio Maria Maffei
22 novembre 2021
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