Quale marketing in sanità?
17 GIU -
Gentile Direttore,
vorrei condividere con i suoi lettori l’esperienza di un recente workshop sul “Marketing in sanità” organizzato nel Lazio dagli IFO in collaborazione con la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e con il coordinamento scientifico del Prof. Giuseppe Turchetti, ordinario di Economia e Gestione delle Imprese nella stessa scuola pisana.
L’introduzione di prospettive nuove quali “
l’umanizzazione delle cure”, “
la centralità del paziente” e “
l'empowerment del cittadino”, “
la promozione delle scelte di cura consapevoli” ci impongono l’utilizzo del marketing in sanità quale strumento innovativo di miglioramento per riconoscere ed intercettare le richieste dei pazienti, programmare l’offerta di servizi di qualità, gestire il rapporto con gli utenti finali e con i nostri professionisti, nonché con tutti i molteplici
stakeholders nel settore sanitario.
E’ stata pertanto una interessante occasione di confronto con esperienze extraregionali al fine di condividere e ragionare sulle iniziative che si possono implementare in un contesto sempre più dinamico e competitivo come il nostro settore sanitario.
Il Prof. Giuseppe Turchetti ha introdotto i concetti fondamentali legati alla comunicazione, al brand e all’immagine aziendale che passano attraverso azioni di informazione organizzate innanzitutto per i referenti interni e poi per i target di interesse.
A seguire tre grandi realtà della sanità italiana hanno portato la propria esperienza:
l’Azienda ospedaliera universitaria di Careggi con il Direttore Generale Monica Calamai , l’Azienda Ospedaliera Gaslini di Genova con il dg Paolo Petralia e infine a me è toccato l’onore di riassumere la nostra esperienza come IFO-INMI, gli unici IRCCS pubblici del Lazio.
Uno spazio è stato riservato all’interessante e caldo tema dei finanziamenti europei per la salute nell’ambito del
programma Horizon 2020, con l’intervento di Caterina Buonocore dell’Agenzia per la Promozione della Ricerca Europea (APRE). I lavori si sono poi chiusi con una interessante discussione su criticità ed opportunità.
Personalmente ho raccontato come nel mio breve ed intenso anno nel ruolo di commissario sono partita da una riorganizzazione radicale legata alla definizione dell’atto aziendale. Passare da 5 a 3 dipartimenti ha comportato un cambiamento di prospettiva che ci consente di coltivare le singole eccellenze, operare le massime sinergie e mantenere le autonomie necessarie.
Abbiamo quindi ragionato per aree di competenza e interconnessioni funzionali, sradicandoci dalle vecchie concezioni basate sui singoli ruoli. Il modello ci ha portati ad ottenere il riconoscimento quale Comprehensive Cancer Center dalla massima organizzazione europea, l’OECI, che ha attribuito la certificazione solo ad altri 13 istituti nell’UE.
Ci riconoscono in pratica la qualità clinica, organizzativa e relazionale per curare a 360° il cancro, ma ci spingono anche a fare sempre di più e secondo parametri molto precisi. Di recente abbiamo dato vita al
Clinical Trial Center, una piattaforma che ci consente di svolgere ricerca fin dalla fase 1. Tutto questo significa essere riferimento per specifiche patologie, avere alte specialità ed organizzarsi per gruppi di lavoro e unit in modo che più specialisti si facciano carico della persona e della sua malattia.
Con questa visione sono organizzate le UNIT ed ho portato come esempio la psoriasi unit: specifiche patologia che necessita di alte specialità. Veicolare queste eccellenze al grande pubblico significa mettere a punto progetti come “Ho a cuore la mia pelle” o sensibilizzare le persone a rivolgersi dal medico ai primi sintomi o iniziative in piazza per screening e informazione oppure organizzare campagne sui social in modo da raggiungere la cittadinanza ed i vari target. La nostra mission di
assistenza ai massimi livelli con tecnologie d’avanguardia e terapie innovative, di
ricerca scientifica traslazionale, cioè velocemente trasferibile al letto del paziente e, infine,
di formazione per il trasferimento di competenze ad altri operatori, come si realizza a livello di Marketing?
Un esempio pratico di marketing sociale è stata l’inaugurazione, nella stessa giornata del workshop, dei nuovi divani nella sala d’attesa dell’atrio principale: una donazione fatta in memoria del compagno di un manager che ha trascorso molto tempo nei nostri Istituti e che ha pensato di aderire al progetto di “Accoglienza e decoro” da noi promosso per rendere più confortevoli gli ambienti.
Il nostro modello di comunicazioneprevede massimo rigore scientifico; procedure definite; preparazione; collaborazione con le Istituzioni, sintonia con i cittadini. La forza di questo modello ci ha consentito ad esempio di gestire egregiamente l’ importante emergenza sanitaria di ebola, lo scorso anno e di zika quest’anno. La parola d’ordine è, sempre alla luce del nostro motto “
la Persona prima di tutto”,
fare rete: all’interno tra gli operatori, con le principali istituzioni, con i paesi esteri ( numerose le delegazioni estere che vengono ad osservare come operiamo e stiamo mettendo a punto collaborazioni con paesi arabi e asiatici) e con le associazioni di pazienti e di volontariato insieme ai quali organizziamo e promuoviamo iniziative di umanizzazione.
In conclusione operiamo a 360 gradi al fine di migliorare l’organizzazione, innovare procedure, acquisire strumenti altamente tecnologici, organizzare eventi culturali ed iniziative che considerano le esigenze globali della persona e soprattutto lo comunichiamo. Lo facciamo attraverso i canali classici e le piattaforme di web site. Internet e la rete, i social media e la minore distanza tra medico e paziente mettono il cittadino in condizione di non essere più oggetto passivo dello sguardo medico, ma soggetto attivo della cura e compartecipe al funzionamento del sistema. L’empowerment del paziente, cioè il potenziamento delle capacità critiche e decisionali del cittadino ci aiutano insomma a fare meglio.
Marta Branca
Commissario straordinario Ifo, Roma
17 giugno 2016
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