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Specializzandi: la Corte d’Appello stabilisce il risarcimento per i mancati compensi legati al ritardo di applicazione delle norme Ue


I medici, iscritti alla specializzazione tra il 1981 e il 1990, non avevano ricevuto compensi, ma la Corte di Appello di Napoli (sentenza 4245/2017) lo ha deliberato “per inadempimento dello Stato per omessa o tardiva trasposizione” delle direttive comunitarie". LA SENTENZA.

09 APR - Agli specializzandi tra il 1983 e il 1999 spetta il risarcimento per non essere stati pagati a causa del ritardo nel recepimento delle direttive Ue che hanno previsto, entro il 31 dicembre 1982  la remunerazione per l’attività svolta durante la Scuola.

A deciderlo è stata la Corte di Appello di Napoli (sentenza 4245/2017), ribaltando la decisione del Tribunale che aveva negato l’indennizzo  
ai medici, iscritti alla specializzazione tra il 1981 e il 1990,
non avevano ricevuto compensi e il Tribunale aveva respinta la richiesta di pagamento delle somme da parte dell’Università di Napoli, Miur e Mef richieste come corrispettivo o risarcimento per la violazione nell’attuazione del direttive comunitarie 75/363/Cee e 82/76/Cee che prevedevano entro fine 1982  l’adozione dei compensi.

La Corte di Appello sottolinea che la richiesta dei medici è di risarcimento danni “per inadempimento dello Stato per omessa o tardiva trasposizione” delle direttive comunitarie. Un risarcimento che spetta ai medici iscritti alla specializzazione dal 1° gennaio 1983 al 1990/91 che si prescrive nel termine di dieci anni perché l’obbligazione è “riconducibile all’area della responsabilità contrattuale”. Secondo la Corte il termine decorre dal 27 ottobre 1999, giorno in cui è entrata in vigore la legge 370/1999, che ha attuato le direttive comunitarie.

Secondo la Corte d’Appello poi non tocca ai medici ricorrenti provare di non aver percepito altre remunerazioni o borse di studio nel periodo in questione, né che il corso frequentato fosse esclusivo e a tempo pieno. Spetta invece allo Stato dimostrare che il medico semmai abbia avuto un compenso mentre frequentava il corso e comunque  il suo importo può incidere solo sulla somma dovuta.
Per quanto riguarda gli importi, la Corte giudica equi i 13 milioni di lire che l’articolo 11 della legge 370/1999 aveva stabilito per la borsa di studio agli specializzandi iscritti ai corsi dall’anno accademico 1990/91 e in base a questo riconosce ai ricorrenti somme comprese tra 26mila e 33mila euro.

Per quattro di loro, i cui ricorsi erano relativi al periodo precedente al 1° gennaio 1983, i giudici avevano sospeso il giudizio in attesa della decisione della Corte di giustizia dell’Unione europea, a cui si erano rivolte le Sezioni unite della Cassazione. Decisione arrivata il 24 gennaio 2018 con un’interpretazione favorevole ai medici: secondo la Corte europea “qualsiasi formazione a tempo pieno o a tempo ridotto come medico specialista iniziata nel corso dell'anno 1982 e proseguita fino all’anno 1990 deve essere oggetto di una remunerazione adeguata”.

“Deve in primo luogo rilevarsi  - si legge nella sentenza - che i medici appellanti hanno documentato sin dal primo grado con apposite certificazioni rilasciate dall’università frequentata, l’iscrizione, negli anni in questione, alle scuole di specializzazione (con il conseguimento del relativo diploma).
…. L’obbligo di retribuire i periodi di formazione relativi alle specializzazioni mediche, prescritto dall’art. 2, n. 1, lett. c) della direttiva ‘coordinamento’, s’impone soltanto per le specializzazioni mediche comuni a tutti gli Stati membri o a due o più di essi e menzionate dagli artt. 5 o 7 della direttiva «riconoscimento» (nello stesso senso, anche, la sentenza Gozza, C-371/97del 3 ottobre 2000)".

"Di conseguenza - secono i giudici -  soltanto entro il perimetro normativo delineato dalla direttiva citata può ritenersi sussistente il diritto derivante dalla violazione dell’obbligo statuale di trasposizione della direttiva medesima non senza tenere presente quanto ribadito dalle citate pronunce della Corte di Giustizia Ue secondo cui ‘il giudice nazionale è tenuto, tuttavia, quando applica disposizioni di diritto nazionale precedenti o successive ad una direttiva, ad interpretarle, quanto più possibile, alla luce della lettera e dello scopo della direttiva stessa’”.

09 aprile 2018
© Riproduzione riservata

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