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Pharmaceutical care. Il nuovo ruolo del farmacista: "Non più solo farmaci"


Vi é ormai una visione convergente e condivisa a livello mondiale sul fatto che il ruolo del farmacista e della farmacia non può e non deve essere più relegato alla logistica e alla dispensazione ma che dovrà indirizzarsi sempre più verso servizi avanzati basati su competenze specifiche molto più orientate al paziente che al farmaco

12 SET - Fra il 31 agosto e il 9 settembre si sono tenuti due eventi scientifici molto importanti per i professionisti del farmaco: il congresso annuale dell’International Pharmaceutical Federation (FIP) a Dublino e quello della Royal Pharmaceutical Society a Birmingham.

Il Congresso della FIP aveva diverse aree tematiche, come ovvio, ma quelle che sono più affini al progetto che stiamo sviluppando e portando in Italia con il patrocinio di FOFI sono state quelle incentrate sulla farmacia di comunità, la ricerca applicata a questo setting e quindi la creazione, lancio, sviluppo, valutazione, sostenibilità ed implementazione dei sevizi cognitivi in farmacia.

Dall’andamento delle presentazioni e del dibattito, si può constatare che vi é ormai una visione convergente e condivisa a livello mondiale sul fatto che il ruolo del farmacista e della farmacia non può e non deve essere più relegato alla logistica ed alla dispensazione ma che dovrà indirizzarsi sempre più verso i servizi avanzati, ad alto valore aggiunto e che questo alto valore aggiunto deve essere basato su competenze specifiche molto più orientate al paziente che al farmaco.

Quindi lo sviluppo della figura del farmacista si identifica nella introduzione del concetto di Pharmaceutical Care: presa in carico del paziente, monitorizzazione dell’aderenza e dei trattamenti ma non solo. Sempre di più ci si sta rendendo conto che fornire servizi di alta qualità implica anche un nuovo approccio alla gestione del paziente, una gestione condivisa fra medici, farmacisti, infermieri che hanno al centro della loro attività il miglioramento della condizione dei pazienti. Il futuro ha due temi ricorrenti, approccio multidisciplinare e ricerca multidisciplinare. Fra i vari interventi uno sicuramente ha suscitato un notevole interesse da parte dell’uditorio, e ha visto come protagonisti una farmacista e un medico di medicina generale irlandesi.

I due professionisti, utilizzando l’esempio di un paziente asmatico, hanno condotto un role play (gioco di ruolo)che aveva due obiettivi:
1) l’ottimizzazione della terapia dell’asma grazie alla collaborazione;
2) determinare qual é la sfera di competenza del farmacista e quale quella del medico.

Il fatto più rilevante di questa presentazione é stato che i due professionisti hanno utilizzato la Medicine Use Review quale trait d’union fra le due professioni. La conclusione di questo intervento, infatti, consisteva nell’ottimizzazione della terapia realizzata identificando quali erano i fattori che contribuivano ad un trattamento sub-ottimale dell’asma: scarsa aderenza alla terapia, non corretta tecnica inalatoria, comorbilità a cui si aggiungevano però la possibilità di ottenere dei risultati migliori attraverso la condivisione delle informazioni, la discussione delle possibili soluzioni utilizzando le diverse competenze dei due professionisti. Anche al congresso dell’RPS di Birmingham, del resto,  si è parlato dell’asma, con una presentazione, fatta da una rappresentante della associazione dei pazienti asmatici (Asthma UK) che ha testimoniato il ruolo fondamentale che il farmacista ha nell’implementazione della terapia in accordo con il medico.

Ma dell’evento dell’RPS vale la pena di segnalare un focus molto approfondito su Pharmaceutical Care, dove alcuni tra i maggiori esperti al mondo, venuti rispettivamente dagli Stati Uniti e dall’Australia sono intervenuti, sottolineando due punti fondamentali:
1) la pharmaceutical care si può praticare soltanto se il farmacista si focalizza sul paziente e lo pone al centro della sua attività;  
2) occorre dimostrare che la Pharmaceutical Care genera outcome clinici e risparmi economici rilevanti tanto da indurre il governo ad estendere questo tipo di attività e rifinanziarla con piani quinquennali.

A livello mondiale, lo si è constatato anche in queste due occasioni,  lo sviluppo dei servizi cognitivi non è ancora omogeneo, anche perché, in diverse situazioni, la formazione dei farmacisti è ancora prevalentemente incentrata sulle materie tradizionali e riserva poco spazio allo sviluppo delle competenze e degli skills necessari a erogare una prestazione professionale. Vi è però un consensus generale sull’importanza della formazione post laurea al fine di acquisire le competenze richieste per fornire questi. Un punto è apparso fondamentale ed è stato sempre sottolineato: i servizi avanzati devono essere forniti da farmacisti accreditati le cui competenze devono essere verificate e certificate da strutture ad hoc che, a loro volta, abbiano sviluppato le capacità e le competenze necessarie.

Questo è diventato un elemento imprescindibile non soltanto per garantire uno standard elevato ed omogeneo dei servizi erogati dal farmacista in farmacia ma anche ai fini della loro remunerazione da parte del servizio sanitario. I paesi che sono attualmente più all’avanguardia in questo ambito hanno anche sviluppato strumenti e modelli per formare i farmacisti e fornirgli le competenze necessarie per far evolvere la professione, anche quando non vi è un servizio sanitario universalistico: è il caso degli  Stati Uniti, che recentemente si sono dotati di un ente di accreditamento sul modello di quello inglese.

Calando questo quadro generale nella realtà italiana possiamo dire che la progettualità supportata dalla Federazione degli Ordini dei Farmacisti è perfettamente allineata alle linee guida e alla tendenza internazionale: si sta seguendo un percorso chiaro e strutturato.

Infatti, ovunque i servizi avanzati della farmacia si sono affermati, sono stati riconosciuti e rimborsati, la conditio sine qua non  per raggiungere questo obiettivo e’ stata creare studi scientifici molto rigorosi, produrre dati inattaccabili che sostengano in modo scientifico l’utilità dell’intervento del farmacista. Il progetto che è stato avviato e si sta sviluppando in Italia risponde senz’altro a questi requisiti.

Andrea Manfrin
professore ordinario alla Medway School of Pharmacy dell’Università di Kent

coordinatore del progetto pilota Mur (Medicines Use Review) in Italia
 

12 settembre 2013
© Riproduzione riservata

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