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Giunta Senato: nessuna incompatibilità per Mandelli e D’Ambrosio Lettieri: “Non hanno deleghe gestionali da presidenti di Ordini” 


Lo ha stabilito ieri la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato esaminando la situazione dei due senatori che hanno anche incarichi di vertice nell'Ordine dei farmacisti. Preso atto della cessazione delle cariche di Silvestro e Bianco dall'Ipasvi e dalla Fnomceo. Il testo integrale della seduta.

01 APR - La Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato ha approvato ieri sera a maggioranza la proposta della relatrice Pezzopane (PD) di prendere atto della cessazione delle cariche in precedenza ricoperte in ordine a collegi professionali dai senatori Bianco e Silvestro e di dichiarare compatibili con il mandato parlamentare le cariche ricoperte in ordini professionali, rivestite dai senatori D’Amborsio Lettieri e Mandelli.
 
Ecco il resoconto sommario integrale della seduta della Giunta:
 
La Vice Presidente Pezzopane, coordinatrice del Comitato per le cariche rivestite dai senatori, ricorda che la nota inviata dal senatore Airola in data 20 novembre 2014 ha avuto sicuramente il merito di sollevare una questione di grande interesse e rilevanza politica ed istituzionale, tanto da indurre la Giunta ad aprire opportunamente un approfondimento di merito vista la delicatezza del tema.
 
È indubbio che nell'opinione pubblica sempre più forte è l'attenzione per i temi etici, in quanto sempre più intollerabili appaiono agli occhi dei cittadini gli eccessi di quegli esponenti politici che sembrano interpretare il proprio ruolo pubblico come occasione per coltivare interessi personali, a volte anche illeciti. Così come agli occhi dell'opinione pubblica risulta davvero inaccettabile il sovrapporsi di ruoli politici ed istituzionali, specie quando questo comporta anche cumuli di indennità o altre provvidenze.
 
La sfera dell'immorale, dell'inopportuno e del politicamente scorretto appartiene sicuramente al dibattito politico, al confronto pubblico, all'auto organizzazione di partiti, movimenti, enti ed associazioni che devono trovare le loro regole negli statuti e nei regolamenti per regolare ogni aspetto della vita e delle relazioni con le istituzioni.
Tutto questo merita l'attenzione sia come singoli senatori sia come rappresentanti di gruppi e partiti nazionali. Ma il compito cui è chiamata la Giunta non è soffermarsi se alcune sovrapposizioni di ruoli siano inopportune o peggio, quanto piuttosto verificare l'applicazione, per la prima volta, di una legge approvata nella scorsa legislatura, nella consapevolezza che la scelta produrrà conseguenze significative.
 
In via preliminare, alla luce di alcune osservazioni emerse durante la discussione generale, si rammenta che, quanto agli accertamenti affidati alla Giunta in materia di incompatibilità parlamentari, si è affermata una prassi nel senso della separatezza dei giudizi riguardanti la convalida dei risultati elettorali (che investe l’esame di possibili questioni di incapacità elettorale o di ineleggibilità, oltreché di eventuali problematiche riguardanti le operazioni elettorali) e quelli relativi alle incompatibilità (prassi, da ultimo ricordata nella seduta della Giunta del 26 giugno 2013). Le Camere, pertanto, esaminano di norma le cariche ricoperte dai parlamentari dopo la convalida delle elezioni o comunque a prescindere da questa poiché la compatibilità o meno di una carica con il mandato parlamentare non influisce in alcun modo sulla validità dell'elezione.
 
Si ribadisce, pertanto, che l'avvenuta convalida di senatori proclamati eletti, a seguito della verifica dei risultati elettorali, non può in alcun modo pregiudicare i poteri della Giunta in materia di incompatibilità con il mandato parlamentare. A tal fine, ricordo che, ai sensi dell'articolo 18, comma 1, del Regolamento per la verifica dei poteri, i senatori sono tenuti non solo a trasmettere alla Giunta l'elenco di tutte le cariche ed uffici a qualsiasi ricoperti, retribuiti o gratuiti, entro trenta giorni dalla proclamazione o dalla nomina, ma anche a trasmettere analoga comunicazione, entro trenta giorni, per le cariche e gli uffici che vengono successivamente a rivestire o dismettere in corso di legislatura.
 
Si coglie altresì l'occasione per ricordare che l'articolo 66 della Costituzione stabilisce che "ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità". La citata disposizione configura un'autentica "prerogativa costituzionale", per cui risulta escluso qualsiasi controllo alternativo, concorrente o successivo ad opera di qualsivoglia autorità giurisdizionale od amministrativa: pertanto, spetta esclusivamente all'organo parlamentare preposto - la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari - accertare l'assenza di cause ostative al mantenimento dell'ufficio parlamentare nei casi di ineleggibilità e di incompatibilità, secondo le norme attualmente vigenti.
 
Si sottolinea altresì che, per il principio di leale collaborazione, è utile che la Giunta, nel rispetto della propria autonomia, si confronti con altri organismi, come ad esempio, l'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) che vigila sul rispetto delle norme previste per le pubbliche amministrazioni, nell'ambito del procedimento di accertamento e contestazione delle cause di incompatibilità disciplinato dall'articolo 19 del decreto legislativo n. 39 del 2013.
 
Come già evidenziato nella relazione introduttiva esposta nella seduta del 4 febbraio scorso, il Comitato per l'esame delle cariche rivestite dai senatori ha svolto un'ampia istruttoria alla quale è seguita un'articolata discussione - per la quale si ringraziano tutti i senatori intervenuti - tenutasi nelle sedute della Giunta del 18 febbraio, del 18 e 25 marzo scorsi.
 
Al fine di dirimere la questione se la carica di parlamentare risulta compatibile con quella di presidente di un ordine o di un collegio professionale, appare utile soffermarsi preliminarmente sulla natura giuridica di questi ultimiche, secondo la dottrina e la giurisprudenza prevalenti, vanno annoverati tra gli enti pubblici non economici a carattere associativo ed esponenziali di collettività non territoriali, intese come gruppi aventi interessi omogenei. La natura associativa deriva strutturalmente dal fatto che si tratta di enti alla cui base vi sono persone fisiche che appartengono ad una determinata categoria professionale: in tal senso, l'ordine è espressione di un particolare gruppo sociale-professionale e si pone quale ente esponenziale di tale gruppo e dei suoi interessi, così rientrando nel novero delle formazioni sociali di cui all'articolo 2 della Costituzione.
 
Il legislatore, ispirandosi ad una tradizione consolidata in molti ordinamenti giuridici europei, ha elevato l'interesse all'ordinato svolgimento di diverse attività professionali al rango di interesse pubblico, con conseguente riconoscimento di corrispondenti potestà pubblicistiche alle organizzazioni affidatarie della cura di tale interesse, concernenti, ad esempio, la tenuta degli albi professionali ed il controllo sulla condotta dei professionisti. Uno dei parametri da cui si ricava la natura pubblica degli enti professionali è costituito, peraltro, dalla loro sottoposizione al controllo ed alla vigilanza dello Stato (nel caso in esame, tramite il Ministero della salute).
 
Tuttavia, il legislatore se, da un lato, ha disciplinato una serie di funzioni pubblicistiche relative all'esercizio delle professioni, dall'altro non ha creato per la cura di questi interessi apposite organizzazioni pubbliche, ma si è avvalso delle preesistenti organizzazioni professionali. In tale ottica, quindi, gli ordini e collegi professionali denotano un carattere misto o bivalente giacché sono soggetti alla disciplina legislativa generale per quanto attiene al regime degli atti che emanano nell'esercizio delle loro potestà pubblicistiche, ma godono al contempo di autonomia normativa, organizzativa, amministrativa e finanziaria.
 
Date queste necessarie note introduttive, ai fini dello scrutinio sulla compatibilità tra la carica di senatore e quella di presidente di ordine o collegio professionale, con riferimento a quanto stabilito dall'articolo 2 della legge n. 60 del 1953 e successive modificazioni, in tema di incompatibilità parlamentari, appare esclusa la possibilità di configurare ordini e collegi professionali come enti che gestiscano "servizi di qualunque genere per conto dello Stato o della pubblica Amministrazione, o ai quali lo Stato contribuisca in via ordinaria direttamente o indirettamente".
 
Infatti, l'agire "per conto" implica una forma di rappresentanza indiretta che non sussiste nella fattispecie in esame poiché gli ordini e collegi professionali non agiscono per conto (e quindi in rappresentanza) dello Stato e della pubblica Amministrazione, né tanto meno essi gestiscono un "servizio pubblico", ma, conservando la propria natura di enti comunque dotati di ampia autonomia, sono affidatari della cura di un interesse pubblico generale all'ordinato svolgimento di una data attività professionale; la tenuta degli albi professionali o il controllo sulla condotta dei professionisti sono dunque motivati dall'affidamento a tali enti della tutela del gruppo di appartenenza, della dignità della funzione individualmente esercitata dai singoli professionisti, del prestigio di cui essa ed i suoi operatori devono essere circondati nel contesto sociale, dal quale dipende l'affidamento dei terzi e la garanzia di un corretto ed adeguato esercizio dell'attività professionale.
 
In questa direzione, si condividono le osservazioni emerse durante la discussione generale volte a sottolineare la distinzione tra il concetto di funzione, che attiene al proprium delle attività espletate dalla pubblica amministrazione e quello di servizio, inerente invece ad attività di tipo complementare. L'attività espletata dagli ordini professionali si connota, quindi, come una vera e propria funzione, in quanto tale non suscettibile di determinare situazioni di incompatibilità. A titolo esemplificativo, si è ricordato che la tenuta dell'albo da parte di un ordine professionale non può configurarsi come un mero servizio, rivestendo al contrario la valenza di vera e propria funzione, atteso che il predetto albo è strettamente connesso alla funzione di certificazione della presenza dei requisiti di legge, necessari per lo svolgimento di un'attività professionale.
 
Risulta quindi fondato sostenere che gli ordini e collegi professionali contribuiscono alla tutela ed alla realizzazione degli interessi generaliattraverso un'attività di collaborazione, di integrazione e di esecuzione, che si affianca a quella effettuata dalle principali amministrazioni dello Stato. Tuttavia, l'azione svolta dagli enti professionali e dai singoli professionisti non avviene per conto ed in luogo dell'attività statale e nemmeno vi si inserisce organicamente. L'ordine professionale, infatti, mantiene sempre il ruolo di soggetto esponenziale del gruppo professionale; non essendo inquadrabile nell'organizzazione statale, esso conserva la propria autonomia nel perseguire fini che attengono in primo luogo all'interesse settoriale. Si aggiunga poi che la Giunta delle elezioni del Senato (v. seduta del 26 febbraio 2008) ha ritenuto servizio pubblico "soltanto l'espletamento delle funzioni e l'erogazione delle prestazioni svolte dall'Amministrazione (direttamente o tramite concessione) ai cittadini fruitori del servizio", dovendosi escludere tutte le altre situazioni.
 
Anche l'altro elemento richiamato dal citato articolo 2 della legge n. 60 del 1953 - ossia il fatto che l'ente benefici direttamente o indirettamente di contribuzione in via ordinaria da parte dello Stato - non ricorre nel caso degli ordini e collegi professionali i quali non beneficiano di alcun contributo pubblico, tanto da escludere un obbligo di sottoposizione al controllo di gestione della Corte dei Conti (Cassazione civile, sez. I, sentenza n. 21226 del 14 ottobre 2011). Gli ordini professionali non fruiscono quindi di alcun finanziamento da parte della generalità, come del resto confermato dall'articolo 2, comma 2-bis del decreto-legge n. 101 del 2013, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2013, che prevede che tali enti si adeguino, tenendo conto delle relative peculiarità, ai principi generali di razionalizzazione e contenimento della spesa, "in quanto non gravanti sulla finanza pubblica".
 
I precedenti maturati in passato all'interno della Giunta - che ha ritenuto compatibile la carica di senatore con quella di presidente di ordine o collegio professionale - trovano fondamento alla luce delle considerazioni esposte.
 
Di diverso tenore, invece, possono essere le valutazioni che scaturiscono dalla recente normativa introdotta dal decreto legislativo n. 39 del 2013 recante "Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico",con particolare riferimento all'articolo 11 che recita: "Gli incarichi amministrativi di vertice nelle amministrazioni statali, regionali e locali e gli incarichi di amministratore di ente pubblico di livello nazionale, regionale e locale, sono incompatibili con la carica di Presidente del Consiglio dei ministri, ministro, Vice Ministro, sottosegretario di Stato e commissario straordinario del Governo di cui all'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, o di parlamentare".
 
La finalità della norma richiamata - sulla quale la Giunta è interpellata per la prima volta - si inquadra all'interno di una complessiva ratio legis volta ad evitare, in senso preventivo, l'accesso e la permanenza in incarichi pubblici per soggetti che si trovino in situazioni che possono minare la loro imparzialità. Lo spirito di questa nuova disciplina, introdotta nel 2013, è senz'altro da condividere attesa la necessità ineludibile di rimuovere ogni fattore che pregiudichi il rispetto del principio di trasparenza per le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici, soprattutto nell'ottica di prevenire i fenomeni di corruzione.
 
In merito alla posizione dei singoli senatori investiti della questione, si segnala che la senatrice Silvestro ha dichiarato che in data 16 marzo 2015 ha concluso il mandato di Presidente della Federazione nazionale dei Collegi IPASVI, a seguito delle recenti elezioni che hanno rinnovato le cariche per il periodo 2015-2018 all'interno della suddetta Federazione. Ha inoltre comunicato che, nella medesima tornata elettorale, è stata proclamata eletta nel Comitato centrale della stessa Federazione per lo stesso triennio e che nel Comitato centrale non ricopre alcuna carica apicale.
 
Inoltre, il senatore Bianco ha comunicato che non ricopre più né la carica di Presidente dell'Ordine provinciale dei medici chirurghi e odontoiatri di Torino (dal 31 dicembre 2014) né quella di Presidente della Federazione Nazionale Ordini Medici Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCeO), dal 27 marzo 2015.
 
Di conseguenza, la Giunta non può che prendere atto della cessazione delle predette cariche in precedenza ricoperte dai senatori Bianco e Silvestro, essendo tale organo chiamato unicamente a pronunciarsi sulla compatibilità o meno del mandato parlamentare rispetto alle cariche effettivamente rivestite dai membri del Senato in virtù del principio della necessaria attualità delle stesse.
 
Sulla base delle risultanze emerse, inoltre, i senatori D'Ambrosio Lettieri e Mandelli ricoprono cariche di vertice di rilievo nazionale all'interno degli ordini o collegi professionali, assunte prima dell'entrata in vigore del citato decreto legislativo n. 39 del 2013 (ossia il 4 maggio 2013).
 
In tale ottica, appare dirimente ricordare le disposizioni transitorie previste dall'articolo 29-ter del decreto-legge n. 69 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 98 del 2013 che recitano: "In sede di prima applicazione, con riguardo ai casi previsti dalle disposizioni di cui ai capi V e VI del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, gli incarichi conferiti e i contratti stipulati prima della data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo in conformità alla normativa vigente prima della stessa data, non hanno effetto come causa di incompatibilità fino alla scadenza già stabilita per i medesimi incarichi e contratti".
 
In conclusione, alla luce delle considerazioni esposte, si propone che la Giunta dichiari la compatibilità delle cariche dei seguenti senatori, in quanto assunte prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39 e, pertanto, soggette alla norma transitoria prevista dall'articolo 29-ter del decreto-legge n. 69 del 21 giugno 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 98 del 9 agosto 2013:
D'Ambrosio LettieriLuigi, Vice Presidente della Federazione Ordini Farmacisti Italiani;
MandelliAndrea, Presidente della Federazione Ordine Farmacisti Italiani.
 
A seguito degli accertamenti effettuati, si è altresì appurato che il senatore D'Ambrosio Lettieri risulta essere stato eletto il 17 gennaio 2014 (ossia dopo l'entrata in vigore del menzionato decreto legislativo n. 39 del 2013) alla carica di Presidente dell'ordine interprovinciale dei farmacisti di Bari e Barletta-Andria-Trani, per il triennio 2015-2017 e che il senatore Mandelli risulta essere stato eletto il 29 settembre 2014 - fino all'espletamento delle nuove elezioni - Presidente dell'ordine dei farmacisti delle province di Milano, Lodi, Monza e Brianza.
 
A seguito di ulteriore richiesta di approfondimento, i due senatori in questione hanno inteso specificare che l'articolo 29 del d.P.R. n. 221 del 1950, recante il regolamento di esecuzione del decreto legislativo del C.P.S. n. 213 del 1946 - che prevedeva che "i presidenti degli Ordini, dei Collegi e delle Federazioni nazionali curano l'esecuzione delle deliberazioni dei rispettivi organi collegiali e dirigono l'attività degli uffici" - risulterebbe abrogato implicitamente dall'articolo 4 del decreto legislativo n. 165 del 2001 che sancisce il principio della separazione tra le funzioni di indirizzo politico-amministrativo da quelle di gestione amministrativa.
 
Ad avviso degli stessi senatori, il predetto principio di separazione sarebbe stato recepito tanto nel regolamento interno e di organizzazione  quanto nel regolamento di amministrazione e di contabilità, anche attraverso alcune recenti modifiche che hanno riguardato i predetti regolamenti relativi sia all'ordine interprovinciale dei farmacisti di Bari e Barletta-Andria -Trani (senatore D'Ambrosio Lettieri) sia all'ordine dei farmacisti delle province di Milano, Lodi, Monza e Brianza (senatore Mandelli); di conseguenza, entrambi i senatori sostengono che il Presidente dell'ordine non ha deleghe gestionali dirette, essendo attributario di poteri di rappresentanza, impulso e coordinamento degli organi di vertice politico dell'ente, mentre il Direttore generale dello stesso ente esercita i compiti e le responsabilità legate all'attività gestionale dell'ente.
 
Limitatamente a queste cariche la Giunta è chiamata ad effettuare una verifica diretta a stabilire se ricorrono le condizioni di incompatibilità previste dall'articolo 11 del citato decreto legislativo n. 39 del 2013.
A tale riguardo, soccorrono le definizioni recate dal medesimo decreto legislativo ai fini dell'inserimento degli ordini o collegi professionali tra gli enti pubblici non economici, desunto anche dall'articolo 3, comma 1, del D.P.R. n. 68 del 1986. Peraltro, gli ordini e collegi professionali all'esame sono sottoposti alla vigilanza del Ministero della salute, requisito indicato dall'articolo 1, comma 2, lettera b) del decreto legislativo n. 39 del 2013.
 
Oltre a questo profilo di ordine soggettivo, si rende necessario accertare la specifica posizione ricoperta dal senatore D'Ambrosio Lettieri all'interno dell'ordine interprovinciale dei farmacisti di Bari e Barletta-Andria-Trani e dal senatore Mandelli all'interno dell'ordine dei farmacisti delle province di Milano, Lodi, Monza e Brianza, alla luce di quanto previsto dall'articolo 1, comma 2, lettera l) del decreto legislativo n. 39 del 2013 secondo il quale "per incarichi di amministratore di enti pubblici e di enti privati in controllo pubblico" si intendono "gli incarichi di Presidente con deleghe gestionali dirette, amministratore delegato e assimilabili, di altro organo di indirizzo delle attività dell'ente, comunque denominato, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico".
 
Come sostenuto autorevolmente da diverse parti, compresa l'ANAC, la norma in questione, soprattutto nella parte in cui introduce la formula "deleghe gestionali dirette" non appare formulata chiaramente. Ciò impone una valutazione ed una verifica in concreto - come suggerito dallo stesso Presidente dell'ANAC - che tengano conto, oltre che del dato normativo richiamato, soprattutto dei regolamenti interni degli ordini professionali coinvolti, affinché si accerti se e quali poteri siano esercitati effettivamente dai Presidenti di questi enti.
 
Il d.P.R. n. 221 del 5 aprile 1950, recante il Regolamento per l'esecuzione del decreto legislativo n. 233 del 13 settembre 1946 sulla ricostituzione degli ordini delle professioni sanitarie, prevede, all'articolo 29, che "i presidenti degli Ordini, dei Collegi e delle Federazioni nazionali curano l'esecuzione delle deliberazioni dei rispettivi organi collegiali e dirigono l'attività degli uffici".
 
Tale norma, contrariamente a quanto sostenuto dai senatori interessati, non risulta implicitamente abrogata dall'articolo 4 del decreto legislativo n. 165 del 2001, dato che l'articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge n. 101 del 2013 ha espressamente stabilito che "gli ordini, i collegi professionali, i relativi organismi nazionali e gli enti aventi natura associativa, con propri regolamenti, si adeguano, tenendo conto delle relative peculiarità, ai principi del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ad eccezione dell' articolo 4", con ciò escludendo quindi per gli ordini professionali l'applicabilità del principio di separazione tra indirizzo politico e di gestione amministrativa previsto dal citato articolo 4 del decreto legislativo n. 165 del 2001.
 
Tuttavia, è indubbio che, indipendentemente da tale assetto normativo, gli ordini professionali in questione si siano adeguati al citato principio di separazione, mettendo a fuoco con maggiore chiarezza, soprattutto con le recenti modifiche ai regolamenti interni, che il Presidente svolge una funzione di indirizzo politico-amministrativo, mentre il Segretario o il Direttore, nell'ambito della propria funzione di gestione amministrativa, è il responsabile dell'intera attività tecnica, amministrativa e gestionale dell'ordine. Appare utile peraltro segnalare che l'articolo 27, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001 stabilisce che gli enti pubblici non economici - e, quindi, anche gli ordini e collegi professionali - si adeguano ai principi dell'articolo 4 del citato decreto legislativo, anche in deroga alle speciali disposizioni di legge che li disciplinano, adottando appositi regolamenti di organizzazione.
 
Tale circostanza risulta suffragata dai seguenti elementi: il regolamento di amministrazione e di contabilità tanto dell'ordine dei farmacisti delle province di Milano, Lodi, Monza e Brianza, quanto di quello dell'ordine interprovinciale dei farmacisti di Bari e Barletta-Andria-Trani (articolo 2, comma 2, lettera a) espressamente stabiliscono che "l'Ente adegua il proprio ordinamento contabile ai principi contenuti nell'articolo 4 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modifiche ed integrazioni".
 
Inoltre, il Comitato Centrale della Federazione ordini farmacisti italiani ha deliberato, nella seduta del 16 marzo 2015, una modifica dell'articolo 19 del regolamento interno, nel senso di specificare che il Presidente svolge le proprie attività "nell'ambito della propria funzione di indirizzo politico-amministrativo" (articolo 19, comma 2, articolo 22, comma 1), mentre il Direttore generale svolge le proprie attribuzioni "nell'ambito della propria funzione di gestione amministrativa dell'Ente" (articolo 25, comma 1) ed "ha la responsabilità complessiva dell'attività amministrativa, della gestione e dei risultati operativi conseguiti, in termini di qualità, quantità e costi" (articolo 25, comma 2).
 
Analoghe modificazioni volte a delineare più nitidamente la separazione tra la funzione di indirizzo politico e quella di gestione amministrativa sono state introdotte da parte dei Consigli direttivi, rispettivamente il 19 marzo 2015 ed il 23 marzo 2015, nei regolamenti interni dell'ordine interprovinciale dei farmacisti di Bari e Barletta-Andria-Trani (articoli 18 e 19) e dell'ordine dei farmacisti delle province di Milano, Lodi, Monza e Brianza (articoli 18 e 19).
 
Nei regolamenti interni degli stessi ordini professionali non si riscontrano norme che attribuiscano al Presidente di questi enti "deleghe gestionali dirette" secondo il dettato dell'articolo 1, comma 2, lettera l) del decreto legislativo n. 39 del 2013. A tale riguardo, si rammenta che in ambito amministrativo la delega di poteri comporta il trasferimento dell’esercizio del potere da un organo ad un altro organo (delega interorganica) o da un soggetto ad un altro soggetto (delega intersoggettiva).
 
Può, dunque, definirsi come un atto amministrativo organizzatorio per effetto del quale, nei casi previsti dalla legge, un organo od ente, investito in via originaria della competenza a provvedere in una determinata materia, conferisce ad altro organo o ente, autoritativamente ed unilateralmente, una competenza di tipo derivato in quella stessa materia. Inoltre, la suddetta delega deve essere esplicita, inequivoca ed effettiva, formalmente accettata dal delegato, e tale da valere solo per gli specifici compiti indicati.
 
Tale modulo organizzativo non sembra adattarsi alla figura del Presidente degli ordini in questione che, come rilevato in precedenza, secondo i regolamenti interni, non assume la veste di soggetto delegato al quale sono affidati compiti gestionali diretti, essendo titolare di competenze in materia di programmazione ed indirizzo (articolo 4, comma 1, lettera a) dei regolamenti di amministrazione e contabilità sia dell'ordine interprovinciale dei farmacisti di Bari e Barletta-Andria-Trani sia dell'ordine dei farmacisti delle province di Milano, Lodi, Monza e Brianza).
 
Ai fini delle proprie valutazioni conclusive, la Giunta non può non tener conto delle modifiche che, sia pur solo recentemente, sono state inserite nei regolamenti interni degli ordini professionali in discussione, anche con l'obiettivo di rimuovere quelle situazioni che avrebbero potuto dare luogo ad una clausola di incompatibilità. Appare del resto indicativo che lo stesso Presidente dell'ANAC - nella sua audizione dell'11 marzo scorso presso le Commissioni riunite Affari costituzionali ed Affari sociali della Camera dei deputati - abbia sostenuto che le modifiche dei regolamenti interni degli ordini professionali consentono di evitare questo meccanismo di incompatibilità e che sussiste uno spazio per cui il Presidente dell'ordine, pur essendo al vertice dell'ente, non abbia deleghe gestionali dirette. 
 
In tal senso, prima di sottoporre alla Giunta la proposta conclusiva ed indipendentemente dalle questioni specifiche che interessano i richiamati senatori, si rileva l'opportunità di formulare una forte raccomandazione affinché gli ordini ed i collegi professionali si pongano il problema dell'applicazione della normativa intervenuta e si adoperino, con ogni sforzo, per adeguare i propri regolamenti interni alla luce delle esigenze, così fortemente avvertite e sollecitate dall'opinione pubblica, di una maggiore trasparenza ed attenzione per la prevenzione della corruzione.
 
Per effetto delle argomentazioni esposte, sulla base dei riscontri effettuati sulla normativa interna degli ordini professionali, così come recentemente modificata, non si rinvengono pertanto elementi sintomatici sufficienti a comprovare una delega gestionale diretta ai sensi del citato articolo 1, comma 2, lettera l) del decreto legislativo n. 39 del 2013 e non è di conseguenza configurabile la causa di incompatibilità di cui all'articolo 11 del medesimo decreto legislativo, con riguardo alla posizione del senatore D'Ambrosio Lettieri, Presidente dell'ordine interprovinciale dei farmacisti di Bari e Barletta-Andria-Trani e del senatore Mandelli, Presidente dell'ordine dei farmacisti delle province di Milano, Lodi, Monza e Brianza.
 
Si propone, pertanto, che la Giunta dichiari la compatibilità della carica ricoperta dal senatore:
D'Ambrosio Lettieri Luigi, Presidente dell'ordine interprovinciale dei farmacisti di Bari e Barletta-Andria-Trani;
MandellI Andrea, Presidente dell'ordine dei farmacisti delle province di Milano, Lodi, Monza e Brianza.
 
Non facendosi ulteriori osservazioni, la Giunta approva, a maggioranza, la proposta complessiva, formulata dalla senatrice Pezzopane.

01 aprile 2015
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