In Commissione sanità al Senato potrebbe essere avviata un'indagine sull'acquisto in eccedenza da parte della commissione europea dei vaccini contro il Covid. Ad annunciarlo è il neo presidente della Commissione Affari Sociali, Sanità, Lavoro pubblico e privato, Previdenza sociale di Palazzo Madama Francesco Zaffini di Fratelli d’Italia in questa intervista esclusiva a Quotidiano Sanità.
Diversi i temi affrontati, dalla prossima legge di Bilancio, nella quale si proverà ad affrontare alcune emergenze a partire da quelle legata alla carenza di personale sanitario, alla possibile revisione del Titolo V della Costituzione, fino al progetto di riforma della sanità territoriale.
Presidente Zaffini pensa che in commissione ci potranno essere convergenze con l’opposizione su un tema come quello della salute?
Do per scontato ci siano convergenze sul tema salute come spero anche sugli altri temi. Devo dire che anche nei miei cinque anni precedenti in Commissione Sanità raramente si è scesi sul piano dell’ideologia e quasi sempre si è mantenuta una certa unità in commissione. Mi auguro sia possibile proseguire su questa strada anche sul tema del lavoro, del sociale e dell’integrazione socio-sanitaria che sono i grandi blocchi di argomenti sui quali si dovrà esprimere questa nuova commissione.
La legge di Bilancio sarà il primo grande banco di prova per il Governo come per la commissione. Rispetto alle cifre indicate nella Nadef sia le Regioni che la Corte dei conti lamentano una scarsità di risorse soprattutto in tema di personale e costi legati all’energia. Cosa ne pensa?
Le Regioni hanno ragione sul mancato rimborso spese legate al Covid così come sul fatto che si debba tener conto delle attuali bollette energetiche. Pensiamo quanto arriveranno a spendere ospedali con centinaia di posti letto. Non è possibile che il fondo sanitario resti invariato o vada addirittura a retrocedere. Con la Nadef del governo precedente torniamo a fare bancomat con la sanità e questo non va bene. Sul punto, nel lavoro della commissione, mi pongo l’obiettivo di denunciare questo stato di cose. La sanità deve tornare al centro, non solo in termini di finanziamenti ma anche di impegno per ottimizzare l’allocazione delle risorse. Penso si debba anche rivedere Titolo V.
Pensa sia possibile una revisione costituzionale in questo senso?
La regionalizzazione della sanità è un valore ma vanno ridisegnati i confini delle materie concorrenti. Con il Covid abbiamo visto ad esempio la diatriba tra Regione Lombardia e Governo su chi dovesse effettuare le chiusure. Quella è materia che deve partire dall’iniziativa del ministero, le regioni devono essere però messe nelle condizioni di poter attuare quelle direttive. Il piano pandemico deve essere nazionale, non lo possono fare le Regioni ognuna per conto suo.
Ma su questo tema teme frizioni interne alla maggioranza visto che la Lega rispetto a FdI ha una ben più marcata spinta verso il regionalismo ed è inoltre favorevole a una maggiore autonomia?
No, non temo frizioni interne alla maggioranza con la Lega su questo. Io sono un profondo assertore della regionalizzazione della sanità avendo fatto per tre mandati il consigliere regionale in commissione sanità, quindi so di cosa parlo.
Nei giorni precedenti è esplosa la polemica per il ritorno anticipato del personale sanitario non vaccinato contro il Covid sui luoghi di lavoro. Condivide questa scelta del ministro Schillaci?
C’è un dritto ed un rovescio della medaglia che si compensano. La decisione del ministro è da condividere perché si prende atto di un’emergenza legata alla mancanza di personale. Il rispetto delle regole che per noi di centrodestra è prioritario anche se in questo caso viene meno. C’è però da dire che il Covid è profondamente cambiato e la linea di pensiero prevede oggi mai più obblighi vaccinali e mai più green pass. Far rientrare i medici in anticipo rispetto al termine fissato per legge può sembrare in conflitto con l’idea di rispetto delle regole ma tiene conto della necessità di dover gestire l’emergenza dovuta alla carenza di personale sanitario.
Cosa ne pensa dell’obbligo vaccinale per gli operatori sanitari, anche per lei il tema attiene unicamente ad una questione deontologica interna agli ordini?
Partiamo da una premessa, questo tema non è assolutamente all’ordine del giorno. Su questo posso quindi solo darle la mia visione personale. A mio parere un medico per definizione non può essere un no vax. Può essere scettico su alcune campagne vaccinali, come ad esempio sugli open-day con AstraZeneca, un vaccino con il quale si sono riscontrate diverse problematicità e eventi avversi, ma non può essere un no vax. L’obbligo credo sia però un passo non necessario ad oggi. Nel momento in cui avessimo a disposizione un vaccino realmente immunizzante nei confronti della trasmissibilità del virus allora si potrebbe prendere in considerazione l’obbligo per quel personale a contatto con i pazienti visto che la vera esigenza è quella di preservare i fragili dal rischio di contagio.
Come pensa si debba portare avanti l’attuale campagna vaccinale?
Sicuramente senza obblighi, la libertà vaccinale è presidio invalicabile per me. La gente va convinta e non costretta. Per convincere gli italiani serve una campagna informativa che dica la verità, non seguendo quindi quanto fatto da Speranza e Draghi che parlavano di vaccini immunizzanti. Quanto all’andamento della campagna vaccinale penso si debba procedere secondo alcune gerarchie andando ad offrirlo innanzitutto a fragili e over 60. Ma si dovrebbe offrire loro i nuovi vaccini bivalenti, non quelli vecchi che coprono da un virus che non esiste più. Oggi si perde tempo nel mettere a disposizione delle Regioni i vaccini aggiornati, come mai? Si vuole forse smaltire i troppi vaccini vecchi acquistati in eccedenza in sede europea? Spero che anche in questo senso si faccia in fretta una Commissione d’inchiesta. Le aggiungo anche che è mia intenzione proporre un’indagine conoscitiva in Commissione mirata proprio all’acquisto dei vaccini da parte della comunità europea.
Un’ultima domanda sulla riforma della sanità territoriale, anche lei come il sottosegretario Gemmato ha perplessità sul progetto delle Case della comunità?
No, l’impianto del Pnrr è quello, proporremo degli adeguamenti. Sicuramente il progetto delle farmacie dei servizi andrà avanti e sarà valorizzato. Ma da qui a dire che butteremo all’aria il progetto delle Case della comunità ce ne vuole.
Giovanni Rodriquez