La fine del Governo Draghi segna l’epilogo della XVIII legislatura e proietterà l’Italia in inedite elezioni autunnali. I temi in ballo a livello macro sono enormi per quantità e importanza (inflazione, guerra in Ucraina, attuazione Pnrr solo per citarne alcuni) ma anche per quanto riguarda la sanità le questioni che rimarranno appese o senza immediata soluzione sono parecchie.
La prima questione impellente riguarda le risorse, dato che visti i tempi ristretti tra le prossime elezioni e la formazione del Governo (si parla di ottobre) il tutto in uno scenario di crisi economica è molto probabile in Manovra ci sarà poco spazio per interventi corposi come chiesto dalle Regioni. C’è poi tutta la partita Covid con l’ondata estiva che sta terminando ma con l’incognita di una prossima sfuriata autunnale del virus che potrebbe nuovamente colpire il Paese con tutto ciò che potrebbe comportare a partire dalla campagna vaccinale. È chiaro che in piena campagna elettorale sarà complicato prendere decisioni di qualsiasi tipo senza scatenare polemiche.
Questione delicata sarà poi l’attuazione del Dm 77 dove manca all’appello un tassello decisivo per far decollare la misura: la riforma dei medici di famiglia senza la quale l’intero progetto rischia di franare prima d’iniziare il suo percorso.
Rischia di sparire dai radar anche il Decreto Tariffe. Il provvedimento è atteso da oltre 5 anni quando fu emanato il Dpcm di aggiornamento dei Lea. Il tema è molto complesso e infatti dopo la pubblicazione di alcune bozze e le successive polemiche il Ministero si era di nuovo messo al lavoro per una nuova stesura. Ora tutto inevitabilmente si fermerà di nuovo così come anche i nuovi criteri per il riparto del Fondo sanitario.
Altro tema che finirà nel cassetto è quello della nuova convenzione con le farmacie così come il nuovo payback sui dispositivi medici. Una norma presente da molti anni ma mai di fatto applicata. Al palo resterà anche l’aggiornamento del Dm 70 sugli standard ospedalieri.
Probabilmente sarà accantonata anche l’idea di rivedere il tetto di spesa per il personale che nonostante le piccole modifiche degli ultimi anni rappresenta un ostacolo per superare la carenza ormai cronica di operatori sanitari. E sempre sul personale è molto probabile che la fine del Governo comporterà un ritardo sul rinnovo del contratto della dirigenza medica e sanitaria.
Quanto al Parlamento, c’è da vedere che fine farà l’iter di conversione in legge del Ddl concorrenza sui cui c’è stata grande bagarre anche nella giornata di crisi a Palazzo Madama. Ricordiamo che l'approvazione di questo provvedimento può infatti considerarsi in un certo senso propedeutica per l'accesso ai fondi del Pnrr. Sul binario morto rischia anche di restare il riordino degli Irccs già approvato in prima lettura dalla Camera. Dubbi che possa vedere la luce anche il provvedimento sul fine vita.
Lo stop al Governo rischia poi di posticipare l’emanazione anche di molti decreti attuativi come quello per i ristori per i familiari del personale sanitario deceduto a causa del Covid o quello
In stand by anche il Sunshine Act per cui mancano i decreti attuativi per la creazione del registro telematico dove raccogliere le erogazioni in beni o denaro da parte delle imprese nei confronti del personale della sanità.
Dubbi anche sulla riforma di Aifa dato che il 15 ottobre scade la proroga di Cts e Cpr, organi senza i quali di fatto l’Agenzia del farmaco si blocca. E ancora: potrebbe saltare poi anche la nuova riorganizzazione del Ministero della Salute.
Insomma, come al Monopoli si riparte dal via: altro Governo altro giro di dadi.
Luciano Fassari