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Figo: Italia 2ª al mondo per parti cesarei, record in Campania


Troppi i tagli cesari in Italia, soprattutto al Sud, con punte che toccano il 60% in Campania e il 50% in Sicilia. L’allarme arriva dal VII congresso mondiale della Figo (la Federazione internazionale di ginecologia e ostetricia) e Ipfds, in corso a Palermo. Roccella: “Entro l’anno linee guida sul Parto cesareo e sulla Gravidanza fisiologica”.

10 MAG - La paura del dolore da parte delle donne, ma anche uno scorretto uso della medicalizzazione da parte dei ginecologi, ed ecco che l’Italia si posiziona al secondo posto per numero di tagli cesarei nel mondo e maglia nera in Europa. Una pratica utilizzata per circa il 38% dei parti, contro il limite clinicamente giustificabile del 15% indicato dall’Organizzazione mondiale della Sanità e ben al di sopra del 20% registrato in Francia e del 23% segnato in Inghilterra. Per non parlare di Olanda e Slovenia, che scendono addirittura sotto il limite indicato dall’Oms. Siamo, al mondo, secondi solo dopo il Messico e pari con il Brasile.

Dati che, per il nostro Paese, sono il segnale di un’assistenza a parto non corretta. “Molte donne, per cultura, preferiscono il parto cesareo a quello, forse più doloroso, tradizionale”, ha spiegato Antonino Perino, direttore della Clinica Ostetrica e Ginecologica dell'Università di Palermo e presidente del congresso insieme a Biagio Adile, primario di Urofinecologia nell’ospedale “Villa Sofia” di Palermo. Alla base del fenomeno, secondo Perino, c’è l’erronea convinzione che “il cesareo sia meno dannoso per il pavimento pelvico e impedisca, cosa non vera, l’insorgere di fenomeni quali l’incontinenza urinaria e anale”. Ma secondo gli esperti la responsabilità è anche dei medici, che hanno assecondato negli anni la crescita di un percorso maternità sempre più medicalizzato. “Bisogna ritornare al parto tradizionale, molto più sicuro e meno dannoso per la salute delle donne”, ha affermato Adile osservando come “le comunicazioni scientifiche di questa prima mattinata, evidenziano come il taglio cesareo non protegga, in effetti, dai traumi del pavimento pelvico. È la gravidanza in sé a creare stress al pavimento pelvico”.

L’ipotesi più corretta, secondo gli esperti riuniti a Palermo, potrebbe essere quella di una “terapia del dolore in travaglio da parto”. Una terapia analgesica che riduca lo sforzo e induca la donna a scegliere per il parto naturale. Ipotesi che, secondo Adile, porterebbe davanti agli occhi di tutti anche un’altra, evidente, conseguenza positiva: “La spesa sanitaria, di botto, sarebbe ridotta, con meno visite, meno interventi, meno esami clinici”.

Una sfida, quella per la riduzione del parto cesareo, accolta anche dal sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella, che a tale proposito ha annunciato l’emanazione, entro l’anno, di linee guida sul Parto cesareo e sulla Gravidanza fisiologica.

L.C.

10 maggio 2010
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