Coronavirus. Non è colpa dei testicoli se colpisce più i maschi. Lo studio dell’Auo di Padova smentisce ricerca Usa
Una ricerca condotta dal Montefiore Health System e dall’Albert Einstein College of Medicine, in collaborazione con l’Ospedale di Malattie Infettive Kasturba di Mumbai in India, suggeriva che i testicoli potessero essere una sorta di rifugio per il coronavirus. Ma per la squadra guidata da Carlo Foresta “le evidenze ad oggi disponibili sembrano non supportare tale ipotesi, in quanto studi su uomini positivi non hanno rilevato il virus né a livello del liquido seminale né nel testicolo”.
22 APR - Non sarebbe vero che i maschi sono più colpiti dal COVID-19 rispetto alle femmine a causa del possibile accumulo del virus SARS-Cov2 a livello testicolare. Lo affermano i ricercatori dell’Aou di Padova che correggono quando pubblicato su alcuni giornali che riprendevano uno studio condotto negli Usa dal Montefiore Health System e dall’Albert Einstein College of Medicine, in collaborazione con l’Ospedale di Malattie Infettive Kasturba di Mumbai in India.
Il gruppo di studio della unità di Andrologia e Medicina della Riproduzione dell’Azienda Università di Padova diretto dal prof.
Carlo Foresta e composto da ricercatori di espressione multidisciplinare (oltre a Foresta, ordinario di Endocrinologia, c’erano
Luca De Toni, farmacologo;
Manuela Rocca, genetista;
Andrea Di Nisio, biologo;
Iva Sabovic, biotecnologa), ha infatti investigato le possibili ragioni della maggiore prevalenza di casi di coronavirus tra gli uomini concordando sulle seguenti considerazioni.
1. “La proteina ACE2, presente a livello polmonare e bersaglio del virus SARS-Cov2, è espressa anche a livello testicolare, dove interviene nel processo di produzione di spermatozoi e di ormoni sessuali maschili, pertanto è possibile ipotizzare che il virus SARS-Cov2 possa riconoscere il testicolo come organo bersaglio. Tuttavia le evidenze ad oggi disponibili sembrano non supportare tale ipotesi, in quanto studi su uomini positivi non hanno rilevato il virus né a livello del liquido seminale né nel testicolo. D’altra parte il virus potrebbe raggiungere i testicoli solo attraverso la circolazione sanguigna, ma ad oggi non è riportata presenza di virus nel sangue. Allo stato attuale queste informazioni dovrebbero tranquillizzare circa la possibilità di un coinvolgimento testicolare nell’infezione”.
2. "L’evidenza di una maggior frequenza e severità dell’infezione nell’uomo rispetto alla donna, con conseguente aumento della letalità, può essere messa in relazione al ruolo del testosterone nella manifestazione clinica. L’infezione da COVID-19 si sviluppa sostanzialmente nel polmone dove è fortemente espressa la proteina ACE2 che riconosce la struttura del virus. Tuttavia, la penetrazione del virus nella cellula polmonare, e quindi l’infezione, avviene per effetto di un enzima (TMRPSS2) che è regolato positivamente dal testosterone. Nelle donne, la mancanza del testosterone potrebbe quindi limitare l’ingresso del virus nelle cellule polmonari, l’infezione e le sue conseguenze”.
3. “Il massivo legame del virus alla proteina ACE2 che lo riconosce, ne riduce la quantità disponibile non legata dal virus, riducendo quindi le funzioni fisiologiche ad essa associate. Normalmente la proteina ACE2 partecipa della regolazione della pressione sanguigna, e la sua riduzione comporta un aumento di pressione. I livelli di questa proteina sono aumentati nella donna, poiché gli ormoni femminili ne stimolano la produzione. Pertanto la maggior presenza di ACE2 dovuta agli estrogeni è un fattore protettivo per le manifestazioni cliniche dovute all’infezione virale nelle donne”.
4. “La minore suscettibilità di importanti manifestazioni cliniche nelle donne può essere anche associata ad una condizione genetica, poiché il gene che codifica per la proteina ACE2 è localizzato sul cromosoma sessuale X. Nelle donne, la presenza di due cromosomi X prefigura una maggior espressione di questo gene”.
“Tutte queste considerazioni supportano una differenza di genere nell’approccio clinico e soprattutto terapeutico all’infezione da Covid-19”, osserva in conclusione il gruppo di ricerca.
22 aprile 2020
© Riproduzione riservata
Altri articoli in QS Veneto