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L’Ospedale S. Antonio di Padova non va ceduto

di Mirko Schipilliti
11 SET - Gentile Direttore,
vorrei fare chiarezza sulle proteste contro la cessione dell’Ospedale Sant’Antonio all’Azienda Ospedale-Università di Padova, in previsione della manifestazione pubblica a Padova del 14 settembre e della riunione sindacale del 16 settembre con le due aziende. Il futuro dell’Ospedale Sant’Antonio della Aulss 6 Euganea è  stato infatti segnato, e secondo le ultime schede di dotazione ospedaliera passerà sotto le dipendenze dell’Azienda Ospedale-Università di Padova. Per questa scelta, pur cercando di presentarla come una razionalizzazione delle strutture per evitare “doppioni”, resta ancora sul tavolo la vocazione socio-sanitaria fortemente legata al territorio di questo ospedale, un punto fondamentale su cui più sindacati e associazioni si sono espressi, restando fortemente contrari alla cessione, fino a presentare due petizioni protocollate in Regione, con oltre 3000 firme di cittadini e due terzi dei medici del Sant'Antonio, ribadendo il proprio parere negativo, incluso il rifiuto di quanto imposto al personale per il passaggio da una gestione all’altra. Dopo mesi di proteste, e un sondaggio del quotidiano “il Mattino di Padova” secondo cui il 75% dei padovani è contrario al passaggio, abbiamo presentato recentemente un ricorso al TAR.

Per noi la cessione del Sant'Antonio all'Azienda Ospedale-Università come fosse un hotel che migra da un gestore all’altro resta illogica, illegittima, contraria alle sue prerogative assistenziali. Nel ricorso presentato dai nostri legali sono state evidenziate le anomalie di questo passaggio. Non è una questione corporativa ma di organizzazione sanitaria con pesanti ripercussioni a 360 gradi. Riteniamo non venga rispettato il Piano Socio Sanitario Regionale 2019-2023. Con la cessione del Sant’Antonio la Aulss 6 viene infatti privata tout court di un presidio, invece di rafforzarne il ruolo, ospedale volto a garantire cure di media e bassa complessità, e contro il principio di prossimità a cui hanno diritto i cittadini di Padova e del suo interland per riceverle.

Non si tratta nemmeno di un semplice travaso di letti, perché una volta ceduti all’Azienda Ospedale-Università essi avranno primariamente un’altra finalità, ovvero per cure ad alta e altissima complessità, né vi è stato un corrispondente incremento di letti negli altri ospedali della Aulss. Poi non è chiara la natura giuridica del passaggio: ufficialmente, nelle schede deliberate, si parla solo di “comodato d’uso gratuito” (e per quanto tempo?), il che riguarda l’immobile, e c’è una “scheda in itinere” sotto l’Azienda Ospedale-Università, ma nessuno ha spiegato veramente di che si tratta e perché.

La cosiddetta “cessione di ramo d’azienda” non esaurisce tutto, perché non migrano solo i dipendenti ma ogni cosa, inclusa la privacy del pazienti in cura. Non sono nemmeno specificati i criteri che dovrebbero essere seguiti nel tavolo di lavoro tra le due aziende per definire tempi e modalità del passaggio. E qual è la vera ragione del passaggio, se tanto – come si afferma – tutto resta come prima, e il Sant’Antonio continuerà a fare quello a cui già provvede senza nemmeno aver ancora costruito il nuovo polo ospedaliero? Per clinicizzare l’ospedale? È l’unica spiegazione.

Qualcuno sostiene che tanto la maggior parte dei pazienti ricoverati in Azienda Ospedale-Università sono del padovano: ma per quali patologie? Sono tutte a media e bassa complessità? E secondo chi sostiene questa giustificazione li avremmo forse potuti ricoverare tutti al Sant’Antonio? È invece vero il contrario: dove continueremo a ricoverare chi avrà bisogno di cure a media-bassa complessità e per malattie croniche, specie nella fascia più fragile della popolazione e peraltro sempre più anziana? In provincia? Ricordo inoltre che la soppressione delle Lungodegenze al Sant’Antonio, con previsione di incardinarvi al suo posto i 50 letti dell’ospedale di comunità, renderà sempre più difficili i ricoveri per i pazienti acuti pluripatologici e ad elevata intensità di cure, senza dimenticare quelli che afferivano alla Riabilitazione, che ancora non sanno dove verranno presi in carico.

L’Azienda Ospedale-Università non ha lo stesso tipo di rapporto col territorio così come le Aziende ULSS. Da mesi si parla anche di un aggravio di costi, dovuto alle prestazioni per i cittadini in carico alla Aulss 6 che dovranno invece essere espletate dall’Azienda e conseguentemente rimborsate dalla stessa Aulss. Così si incide direttamente sulle risorse disponibili per i cittadini padovani. Infine ci sono le carriere dei medici ospedalieri, il cui inquadramento di prospettiva cambia per il diverso sistema organizzativo a cui andranno incontro, col rischio ulteriore di occupare posizioni marginali sotto la sfera d’influenza dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria, incidendo in maniera sfavorevole sulle aspettative di carriera ovvero inserendo elementi di incertezza e aleatorietà rispetto ai meccanismi ordinari di svolgimento della carriera stessa.

Dato che le preoccupazioni dei sindacati sono molteplici e ancora da risolvere, abbiamo programmato ulteriori richieste e azioni. Riteniamo che prima di cambiare lo status di un ospedale si sarebbe dovuto aprire un tavolo di confronto fra amministrazioni e dipendenti. Tutto questo non era mai stato fatto, anzi, siamo stati esclusi da ogni decisione. È stata del resto rigettata la nostra richiesta di partecipazione al tavolo di lavoro tra le due aziende per definire tempi e modalità della cessione. Entro 90 giorni dalla pubblicazione delle schede regionali sul BUR, quindi entro il 26 agosto, un tavolo di lavoro fra le due Aziende Sanitarie doveva definire le modalità del passaggio e un cronoprogramma su come dovrà realizzarsi, entro il 31.12.2020.

Abbiamo quindi ritenuto doveroso insistere su questa partecipazione, non essendoci alcuna norma che lo vieti né criteri sulle sue modalità di lavoro, chiedendo anche all’Ordine dei medici di Padova e alla Regione di intervenire. L'abbiamo dichiarato fin dall'inizio della nostra lotta contro l'indifferenza della burocrazia: non siamo pedine né merce di scambio. Ci hanno invece convocato congiuntamente (AULSS 6 e Azienda Ospedale-Università) prima il 13 agosto per informarci, in pieno periodo di ferie e con sole due settimane di anticipo, per poi comunicarci l’8 di agosto di aver spostato la convocazione oltre un mese più tardi al 16 settembre!

È inaccettabile, poco rispettoso e anomalo per un confronto su un tema così delicato. Con tutte queste modalità di comportamento si alimenta comunque soltanto un clima di preoccupazione e incertezza ancora vivo fra medici per il loro destino e le future modalità di lavoro. Pretendiamo trasparenza, come vorrebbe la legge, e tempestività, ed è inconcepibile essere stati esclusi anche da queste decisioni.

Pur restando fermamente contrari al passaggio, avevamo quindi proposto ai sensi del Contratto Nazionale almeno la costituzione di una Commissione bilaterale paritetica con medici di più discipline, con lo scopo di chiedere informazioni alle Amministrazioni oltre che ad avanzare delle proposte, convocata il 16 luglio scorso. Una sola riunione, nella quale abbiamo presentato alcuni quesiti: che tipo di “mobilità” sarà prevista per i medici e l’avvio di una contrattazione decentrata in merito; che vengano assegnati prima del passaggio tutti gli incarichi per anzianità di servizio come previsto dalla normativa, inclusi i primariati vacanti; come verranno gestiti i fondi aziendali; quali sono gli aggravi dei costi a cui andranno incontro le prestazioni una volta passate all’Azienda Ospedale-Università. La Commissione, che include oltre una trentina di componenti, non è tuttavia un organo negoziale, per quanto doveroso e anche a partecipazione sindacale. Il tavolo tra le due aziende è invece più determinante, poiché decide il piano di lavoro sul passaggio.

Oltre alla Commissione bilaterale c'è un’altra importante procedura che abbiamo chiesto di attivare quanto prima, prevista dal Contratto Nazionale: l'istituzione di un tavolo sindacale (la cosiddetta “contrattazione decentrata”) sulla mobilità dei dipendenti anche in relazione a questi processi di riorganizzazione. È l’articolo 4 comma 2, lettera F del Contratto Nazionale 3.11.2005. Si tratta di definire alcuni principi che regoleranno il passaggio alle dipendenze del nuovo datore di lavoro. Noi, per esempio, non accettiamo passaggi “forzati” in nessun senso in un momento di migrazione, né verso altri ospedali della Aulss né verso altri servizi dell'Azienda Ospedale-Università senza il coinvolgimento decisionale del dipendente.

Se il Sant'Antonio è quello della scheda ospedaliera “in itinere” sotto l'Azienda Ospedale-Università, per garantire quei servizi è necessario il personale che attualmente vi lavora, ma non accettiamo modifiche repentine che spostino i medici dove non hanno mai scelto di lavorare. Inoltre, deve essere data la possibilità a tutti i dipendenti di scegliere se voler restare nella Aulss 6 o se voler muoversi verso altri ospedali. Si tratta di passaggi delicati, che non possono essere messi in cantiere last minute. Infine, il quarto momento giuridicamente determinante dovrebbe essere l'applicazione dell'art. 47 legge 428/90 e dell'art. 2112 del Codice Civile sul “trasferimento d’azienda”, ovvero quando, almeno 25 giorni prima del passaggio, i sindacati verranno convocati per essere informati di ogni modalità, e avremo 7 giorni di tempo per presentare richiesta di consultazione per una trattativa. In tale caso si trasferiscono debiti e crediti all’azienda incorporante, i dipendenti debbono conservare la propria posizione economica, ma ci chiediamo anche se sarà possibile accettare di essere ricompensati, ad esempio, da una diversa retribuzione di risultato e da un minore importo per l'incarico di anzianità assegnato.

Infine, ci sono altri tre punti salienti su cui va fatta chiarezza. Non riteniamo che il nuovo Piano Socio-Sanitario Regionale del Veneto 2019-2023 abbia rispettato quanto previsto dagli indicatori del DM 70/2015 in merito ai criteri affinché un ospedale si possa ritenere effettivamente tale, e quindi in merito agli ospedali ancora presenti in Veneto e che a nostro avviso dovrebbero essere accorpati o piuttosto riconvertiti. Infatti, esaminando nel dettaglio i reali requisiti strutturali, organizzativi e tecnologici posseduti da questi ospedali e confrontandoli con quelli minimi richiesti dal suddetto DM 70 ci si rende conto che dei 69 ospedali veneti, a nostro giudizio 18 non posso essere ritenuti tali. Dei restanti 51 ospedali generalisti 10 sono ben lontani dal rientrare nei criteri del DM70 ma senza peraltro interessare il Sant’Antonio. Perché mai si dovrebbe quindi intervenire sul Sant’Antonio con manovre così poco credibili?

Inoltre, l’anno scorso ANAAO ha presentato ricorso contro il Protocollo d’intesa tra la Regione e l’Università, contro un atto che ha posto le basi per la futura arbitraria clinicizzazione (quando un servizio ospedaliero diventa di tipo universitario) di strutture sanitarie appartenenti al Servizio Sanitario Regionale mediante la preposizione di personale universitario al posto di quello ospedaliero (per esempio i primariati), e ciò senza che siano stati preventivamente determinati in modo puntuale i criteri di individuazione delle suddette strutture. Di fatto, il passaggio del Sant’Antonio all’Azienda Ospedale Università che così si espanderà, ne sottintenderà anche una possibile clinicizzazione, ma sulla base di quali criteri?

Sul piano metodologico-scientifico è invece assolutamente inaccettabile che qualcuno affermi che con l’annessione del Sant’Antonio ci saranno cure più sicure, ovvero insinuare anche il benché minimo dubbio nella popolazione che attualmente vi siano cure meno sicure, per cui avremmo bisogno di questo passaggio per garantire qualità e sicurezza in tutto l’ambito delle cure. La ricerca scientifica internazionale non dice affatto questo: gli studi (incluso quello del 2016 realizzato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa in Italia e pubblicato sul British Medical Journal) affermano che non vi sono migliori risultati in termini di appropriatezza, efficienza, soddisfazione dei pazienti e outcomes tra ospedali universitari e non. Altri studi hanno poi evidenziato che in ambito sanitario i cambiamenti infrastrutturali e nell’ambiente di lavoro non sono esenti da un incremento di rischi sotto più profili. Lo sanno i politici?

Non si può usare in modo strumentale il passaggio del Sant’Antonio. La sua cessione resta inspiegata, inopportuna, illegittima, illogica sotto più profili e rischiosa. Stiamo usando e useremo ogni strumento legittimo per opporci. La retromarcia su tutti i fronti è d’obbligo. Perché, piuttosto, non dare il futuro nuovo ipotizzato nuovo “Giustinianeo” in carico alla Aulss 6?

Dott. Mirko Schipilliti
Segretario Aziendale Anaao Assomed Aulss 6 Euganea
Componente Consiglio Regionale AAnaao Assomed Veneto
Componente Commissione Nazionale Emergenza Urgenza Anaao Assomed


11 settembre 2019
© Riproduzione riservata

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