Nuovo Piano socio sanitario, iniziato l’esame in commissione
Per il Pd un testo che va decisamente migliorato. I dem chiedono chiarezza sui numeri e le risorse del fabbisogno del personale medico, infermieristico ed un programma di assunzioni, sia negli ospedali che nel territorio. Bartelle del M5S auspica una condivisione degli obiettivi perché “la sanità non deve avere colore politico”.
di Endrius Salvalaggio
22 OTT - Era il 30 maggio quando la Giunta regionale, su proposta del Presidente Zaia, approvò il Disegno di Legge riguardante il nuovo “
Piano socio sanitario regionale 2019-2023”. Proprio in questo mese, e per essere precisi, da venerdì ultimo scorso, è iniziato l’esame della V commissione sul nuovo Piano Socio Sanitario Regionale, il più importante documento programmatico della Regione atteso che la sanità incide per il 70% sui bilanci (e per la sanità veneta il bilancio pesa per oltre 9 miliardi).
“Devo dire che la programmazione sanitaria del Veneto ha già fallito sui territori – esordisce il Capogruppo del PD in Consiglio regionale,
Stefano Fracasso –. Per noi, due sono le questioni imprescindibili che il nuovo Piano deve affrontare: innanzitutto, l’assistenza per i non autosufficienti, in particolare per gli anziani, dato che sono circa 9 mila le persone della terza età, non autosufficienti, che non ricevono contributi e che quindi devono pagare di tasca propria almeno 2.300 euro al mese. Poi, c’è la drammatica carenza delle professionalità mediche: mancano 1300 medici negli ospedali, nei prossimi cinque anni andranno in pensione 1135 medici di famiglia su 3147. Mancano anche infermieri, OSS, psicologi, soprattutto nelle strutture periferiche. Senza professionisti della sanità qualsiasi piano è un libro dei sogni, niente più”.
Nelle contro proposte che il PD formula, vi è quella per cui il nuovo Piano contenga i numeri e le risorse del fabbisogno del personale medico, infermieristico ed un programma di assunzioni, sia negli ospedali che nel territorio.
“La programmazione regionale - Stefano Fracasso PD - ha fallito in particolare sulla cronicità e la non autosufficienza, basti pensare che sono state avviate solo 70 delle 300 Medicine di Gruppo Integrate previste. Noi vogliamo coinvolgere i territori, i comuni, le Conferenze dei Sindaci, fare una seria programmazione dell’assistenza territoriale domiciliare. Chiediamo un Piano della Domiciliarità, più strutture intermedie e Medicine di Gruppo Integrate”.
Claudio Sinigaglia, sempre del PD, evidenzia la necessità di una maggiore tutela dei lavoratori, più sicurezza nei posti di lavoro e una risposta concreta sui Pfas. “Le nostre proposte sono innanzitutto un richiamo forte alla tutela del lavoro; i dati sono allarmanti: nel 2018, fino a questo momento, si sono registrate ben 59 vittime sul lavoro, 16 in più rispetto allo stesso periodo del 2017. E’ necessario dare seguito e inserire nel nuovo Piano l’accordo che la Regione ha sottoscritto con le parti sociali per potenziare gli SPISAL (servizi di prevenzione, igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro). L’accordo prevede l’assunzione di 30 tecnici della prevenzione. Noi chiediamo che il nuovo PSSR renda stabili le previsioni di questo accordo, facendo del Veneto una regione dove il lavoro è sicuro. La nuova programmazione sanitaria regionale per i prossimi cinque anni deve anche rispondere in modo adeguato al problema dell’inquinamento da Pfas e all’emergenza rappresentata dalla diffusione della West Nile, epidemia che ha già provocato 15 decessi e per la quale, da marzo 2019, deve partire un capillare intervento di prevenzione sul territorio”.
Orietta Salemi del Partito Democratico, fa eco sulle malattie demenziali e sulle fasce più deboli, come bambini e anziani. “Il nuovo Piano deve affrontare e dare risposte adeguate alle nuove sfide in campo sanitario, rappresentate da malattie nuove ma in preoccupante aumento, legate soprattutto alla salute mentale, in particolare di bambini, adolescenti e anziani, quali autismo, Alzheimer, demenza, disturbi alimentari e del comportamento. Si deve creare una rete integrata di assistenza territoriale, tra la parte sanitaria, rappresentata dal ricovero ospedaliero, e quella sociale, con la presa in carico a livello territoriale del paziente dimesso dal nosocomio, per garantirgli le necessarie cure. Le diverse Ulss devono confrontarsi e fare rete tra di loro per garantire omogeneità nell’erogazione dei servizi socio sanitari. Fare rete territoriale vuol dire seguire un Protocollo condiviso e omogeneo, per offrire risposte integrate, organizzate e strutturate ai nuovi bisogni assistenziali, arrivando a effettuare diagnosi più precoci, prodromiche a interventi di prevenzione che possono poi contenere i costi sociali legati alla cura delle diverse patologie”.
Afferma a sua volta Patrizia Bartelle del Movimento 5 Stelle: “Il tema della sanità non deve avere colore politico perché il diritto alla salute è tutelato e riconosciuto dalla nostra costituzione Italiana per la quale i sindaci ne sono i responsabili e i consigli comunali ne condividono le responsabilità con atti pubblici. Le modifiche inserite nel PSSR - spiegala consigliera regionale - consentiranno ai primi cittadini di difendere le specificità dei nostri ospedali, nel momento in cui verranno in discussione le nuove schede ospedaliere, le riforme delle IPAB e le delibere applicative del nuovo piano socio sanitario regionale”.
In attesa dell’approvazione definitiva del nuovo PSSR 2019-2023, ciò che ci si auspica è che la nuova offerta sanitaria regionale presti tutela ai soggetti più deboli, dando un aiuto tangibile ai malati veneti.
Endrius Salvalaggio
22 ottobre 2018
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