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I dottori della gleba 

di Giovanni Leoni
18 SET - Gentile Direttore,
la pubblicazione sul Corriere del Veneto a firma della giornalista Michela Nicolussi Moro in data 15 settembre 2018 descrive con precisione la carenza per AULSS e per Specialità dei medici ospedalieri della mia regione. Se confermate queste cifre impongono alcune considerazioni in merito: la prima è che il Veneto si rivela una terra dei miracoli in quanto gli ospedali lavorano anche con 1300 medici in meno.
 
Ma quando usciranno i dati nazionali i miracoli si moltiplicheranno.
 
La seconda è quindi un ringraziamento al Ministro Grillo che ha chiesto formalmente i dati a tutte le Regioni d’Italia, il Veneto ha risposto per primo. Si vede che nel recente passato queste informazioni non erano di grande interesse, presumo fossero anche noti a livello Stato - Regioni, ma io considero i risultati.
 
La seconda è un ringraziamento a tutti i colleghi che hanno retto un sistema carente del 17.3% della forza lavoro in media per dovere professionale e nei confronti dell’utenza contro tutto e contro tutti. In pratica dovete immaginare un motore umano ospedaliero veneto dotato di un motore a 8 cilindri ma ne ha solo 6 che funzionano e si sobbarcano il lavoro di 8.
 
Calcolando un reparto di 10 medici ed un Primario tutto è andato avanti ed il lavoro continua come se niente fosse con due medici di meno a colpi di straordinari mai recuperati, anche quelli notturni, attività extra di ambulatori e sale operatorie a gettone.
 
Tanto qualcuno ha pensato che con 10 anni di blocco contrattuale i medici accettano di lavorare per qualche soldo in più ,e così è stato per alcuni reparti, ma fino ad un certo punto: in fisica si chiama punto di rottura.
 
Anche le gravidanze non sostituite con un personale medico sempre più al femminile ha dato un contributo alla mancanza di supporto per una somma di fattori, mentre la Riforma Fornero ha trattenuto in servizio medici che da tempo sarebbero già stati in pensione già usurati da anni di urgenze.
 
La terza e la più impressionante è che un buco di 1300 medici si costruisce o con anni di deprivazione sistematica non sostituendo pensionamenti o trasferimenti dai reparti o con una programmazione accuratamente mirata all’economia di sistema invece che alla sua naturale manutenzione scaricando sugli addetti ai lavori che si rapportano ogni giorno con una umanità sofferente.
 
Calcolando in costo medio di un medico in 75.000 euro anno e moltiplicandolo per 1300 unità si ottengono 127 milioni di euro all’anno che moltiplicati almeno per 5 anni arrivano a 634 milioni di euro di stipendi risparmiati, solo per il Veneto. Vivissimi complimenti.
 
Inoltre il prelievo del 5% sul fondo della Libera Professione dei medici - Fondo Balduzzi - garantisce fondi importanti a tutte le Regioni per il pagamento dei pacchetti prestazionali aggiuntivi sale operatorie, ambulatori e guardie notturne a gettone.
 
Nella Manifestazione Intersindacale a Roma del 30/11/2017: nel periodo 2010-2015 Il SSN ha visto 6375 medici in meno, sono stati aboliti 2011 primariati e 4510 strutture semplici.
 
Inoltre dal 2010 al 2016 le Regioni hanno avuto 5 miliardi e 1/2 in più fra ticket e finanziamento, hanno risparmiato 2 miliardi e 59 milioni sulle risorse umane, hanno speso 3.5 miliardi per i farmaci e 0,5 miliardi per il file F ma i residui 2,5 miliardi dove sono finiti?
Le Regioni devono spiegare come hanno speso questi soldi, le emergenze non devono strutturare alcuni capitoli di spesa regionale a danno di altri, cioè i dipendenti del SSN.
 
Non è stato riconosciuto usurante un lavoro come quello del medici ospedalieri come se guardie notturne, festivi e reperibilità sistematiche non logorassero il fisico ed il sistema nervoso oltre alla relative responsabilità professionali avvelenate dal contenzioso legale sempre più incombente.
 
Ed anche la Libera Professione dovrà essere confinata a quello che è: un falso problema a livello ospedaliero perchè quella che è carente è l’attività istituzionale con i pazienti che devono essere seguiti al livello oncologico e cardiovascolare che devono avere la priorità, poi ci sono gli invalidi, gli esenti per reddito, quelli che comunque non vanno nel privato e non possono farlo semplicemente perchè non hanno i soldi per poterselo permettere.
 
Ma la visita ambulatoriale è solo una parte dell’orario di lavoro di un medico che è di 38 ore alla settimana di cui 4 dedicate all’aggiornamento professionale , e nel Veneto di queste 4 ore 30 minuti sono già state destinate alla riduzione delle liste di attesa.
 
Il resto dell’orario è destinato all’attività di reparto, sale operatorie e guardia notturna e festiva, per molti reparti poi c’è il lavoro in reperibilità con tutte le note ipocrisie già evidenziate dal sottoscritto, tuttora irrisolte, anzi peggiorate.
 
Adesso stiamo vedendo l’inizio del tracollo del sistema perchè, da rappresentante sindacale, il confronto con i miei colleghi del Veneto è univoco : la qualità di vita dei medici è nettamente peggiorata negli ultimi anni ed adesso sappiamo anche le motivazioni.
 
Da qui gli episodi clamorosi di questi giorni come le autodimissioni dei medici della Pediatria di Camposanpiero Primario compreso che hanno dichiarato coraggiosamente la loro inadeguatezza organizzativa ad affrontare situazioni cliniche a cui hanno dedicato l’intera esistenza.
 
L’ampliamento immediato dei posti in Scuola di Specializzazione con una riflessione per le aree più in difficoltà ed equiparamento ai laureati per anno è ormai ineludibile, chi non lo farà a vario titolo dovrà assumersene la responsabilità diretta davanti ai cittadini.
 
Sono circa 10.000 inoltre i medici che sono tuttora solo in possesso della laurea e fuori dai corsi per la Medicina del Territorio o Ospedaliera.
 
La circolazione degli specializzandi per stage semestrali degli ospedali di rete all’Università come già avviene in alcune realtà come a Padova può essere ampliata e resa sistematica.
Escluse le attività in autonomia come guardie notturne e visite specialistiche, il loro apporto è determinante per la vita dei reparti in maggiore carenza di personale.
 
L’affiancamento nella vita di reperto e la divisione del compiti e’ da sempre la trave portante della crescita del medico ospedaliero.
 
Episodi di bandi per posti in Pronto Soccorso andati deserti si moltiplicheranno come i casi di Pediatri ed Anestesisti in autodimissione e senza medici i reparti semplicemente chiuderanno.
 
Credo che anche i sindaci debbano dare delle risposte ai loro concittadini e anche con una certa velocità.
 
Niente è impossibile in sanità, anzi è tutto voluto , con un numero di aspiranti dottori 8 volte superiore ai posti in Facoltà selezionati in modo discutibile attraverso il numero chiuso, 10.000 medici laureati e non specializzati in attesa , la crisi del ricambio dei medici è accuratamente costruita
da tempo per risparmiare sui bilanci e nel frattempo circa il 15% dei nostri giovani cerca miglior fortuna all’estero e poi non torna più.
 
Prendiamone atto e cominciamo anche ad analizzare le responsabilità di questo stato di cose.

Dott. Giovanni Leoni   
Segretario CIMO Regione Veneto

18 settembre 2018
© Riproduzione riservata

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