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Residui di farmaci nel latte. L’Izs delle Venezie sperimenta un nuovo metodo di analisi

E’ una metodologia cosiddetta estrattiva, di nuova generazione, grazie alla quale, con un’unica analisi, è possibile identificare e semi-quantificare un consistente numero di molecole appartenenti a varie classi di farmaci eventualmente presenti in campioni in quanto assunti dall’animale nel corso della vita. L’obiettivo è avere controlli più veloci e sicuri, ma anche meno costosi. Al centro della sperimentazione i residui di farmaci nel latte

di Endrius Salvalaggio
10 SET - Un alimento che è entrato nella nostra dieta circa 10.000 anni fa: serve per il nostro nutrimento ed è un alimento fondamentale sia in età pediatrica che non; stiamo parlando del latte. Ma siamo sicuri, visto il largo consumo, intolleranza a parte, che il latte bovino che acquistiamo sia privo di qualche residuo di farmaco, come ad esempio di un residuo di molecola di antibiotico che l’animale, nel corso della sua vita, ha dovuto assumere? L’Istituto Zooprofilattico sperimentale delle Venezie, Ente sanitario di prevenzione, ricerca e servizi per la salute animale e la sicurezza alimentare, sta sperimentando una nuova strategia per rendere più efficaci e, per l’effetto, più attendibili i controlli sui residui di farmaci negli alimenti al fine di migliorare gli standard di sicurezza alimentare.

E’ una metodologia cosiddetta estrattiva, di nuova generazione grazie alla quale con un’unica analisi è possibile identificare e semi-quantificare un consistente numero di molecole appartenenti a varie classi di farmaci eventualmente presenti in campioni di alimenti di origine animale, con conseguente riduzione sia di tempi che di costi.


“Si tratta di un approccio analitico molto promettente - afferma Dr Giancarlo Biancotto, chimico responsabile del Laboratorio farmaci veterinari e ricerca - particolarmente efficace per monitorare e contenere il rischio chimico a maggior garanzia della salute dei consumatori”. “Il latte è un alimento dal grande valore proteico e nutrizionale – continua il Dr Biancotto – di largo consumo, ma che potrebbe essere contaminato da residui di antibiotici utilizzati durante il processo di produzione. L’approccio multiclasse permette di determinare, con un’unica analisi, quali e quante di queste sostanze sono eventualmente presenti, con livello di sicurezza e un grado di accuratezza maggiore rispetto ai metodi classici, pur mantenendo tempi di esecuzione rapidi”.

Questa nuova tecnica, che si distingue in due momenti, si basa sulla combinazione di cromatografia liquida e spettrometria di massa. Più semplicemente, nel primo step si assiste ad una separazione dei composti presenti nel campione, che poi, successivamente, va indagato per gli opportuni rilievi. Questo metodo consente di ricavare informazioni sia sulla struttura delle molecole che sulla loro concentrazione, anche quando queste sono presenti a livelli di contaminazione inferiori ai limiti di legge. Infatti, la spettrometria di massa consente di rilevare piccole quantità di sostanze in esame riuscendo a “leggere” il loro peso e a indagarne la struttura, in modo da determinare l’identità della molecola.

Ci sentiamo tuttavia di tranquillizzare i lettori perché nel 2016, su 2.570 campioni di latte analizzati in Italia nell’ambito del Piano nazionale disposto dal Ministero della Salute, sono state registrate solo 5 positività, vale a dire lo 0,2% del totale. Anche in Europa il problema è molto contenuto: i dati complessivi forniti dai Paesi membri per il 2016 riportano solo 38 positività (0,16%) su 23.934 campioni di latte analizzati.

Endrius Salvalaggio

10 settembre 2018
© Riproduzione riservata

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