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Dalla relazione del presidente Anelli un chiaro segnale di cambiamento

di Ornella Mancin
03 APR - Gentile direttore,
difficile non cogliere la grande ventata di novità e il clima di cambiamento che si respira leggendo la relazione del Presidente Anelli. Dopo anni che da più parti (comprese le pagine di QS) si è levato un grido di denuncia e di dolore per il sempre maggiore svilimento della professione medica, finalmente qualcuno che occupa un posto in grado di condizionare le scelte future, manda un segnale chiaro verso il cambiamento.

Le riforme avviate fin qui hanno introdotto dice il presidente Anelli “nell’ottica del contenimento della spesa , metodi e meccanismi che hanno pian piano portato alla sostituzione degli obiettivi di salute con obiettivi di carattere economico , hanno trasformato il SSN in un’azienda e dato rilievo a figure manageriali a discapito di medici e operatori sanitari, considerati meri erogatori di servizi”.

Che questo sia successo è sotto gli occhi di tutti ed è la principale causa del disagio e del malessere con cui tanti di noi stanno vivendo la professione e che fa venire a molti il desiderio di scappare quanto prima dal lavoro.

La spinta al contenimento della spesa per la sopravvivenza del SSN ha fortemente condizionato il nostro agire mettendo a rischio la relazione di cura. La prima preoccupazione nel nostro lavoro sta diventando rispondere ai criteri di appropriatezza, seguire i protocolli e le linee guida, adempiere a tutte le prassi burocratiche previste.

Tutto questo sta minando alle radici la nostra professione, ci ha tolto autonomia di giudizio e sta rendendo oltremodo faticoso operare in “scienza e coscienza”.

“Serve allora un cambio di passo”, un cambio di passo che ci permetta di restare medici “portatori di una dimensione umanistica oltre che tecnico-scientifica, che deve essere difesa perché tutela in primis il paziente”.

Come sarà possibile questo cambio di passo?

Il Presidente Anelli lancia un programma: “costruire una piattaforma che risolva la questione medica rilanciando i postulati che sono da millenni alla base della professione , tra cui autonomia e responsabilità professionale”.

E’ indubbio che il recupero dell’autonomia è elemento essenziale per ogni possibile cambiamento: autonomia ribadisce Anelli da “ ogni forma di condizionamento politico” per poter esprimere in “libertà le nostre proposte”.

“Autonomia per cambiare” scrive il prof Cavicchi (QS 26.03.2018) “Autonomia non per restare la professione che si è sempre stati , cioè non per conservare ma per diventare la professione che non si è ancora diventati”.

In una società profondamente mutata non è pensabile rimanere arroccati ad una visone di medico del passato, non cambiare nei confronti di una società che cambia vuol dire rimanere indietro.

Cambiare quindi per non scomparire, per riacquistare tutto il valore e l’autorevolezza di una professione intellettuale che negli ultimi anni è stata sempre più delegittimata. Cambiare per recuperare autonomia di giudizio, per poter curare al meglio ,avendo come fine principale non i vincoli di bilancio ma la salute del paziente.

Ma più autonomia significa anche più responsabilità, perché non è pensabile tornare ad una figura di medico che non debba fare i conti con la disponibilità dei mezzi. Dopo anni di “medicina amministrata” in cui il nostro lavoro è diventato sempre più un cercare di stare dentro a degli indicatori stabiliti, saremmo capaci di recuperare la capacità e la voglia di decidere in proprio assumendosene il rischio?

Tuttavia non sembrano esserci alternative perché come dice il prof. Cavicchi “E’ attraverso l’autonomia che la professione tenta la strada della rilegittimazione sociale. Non più quindi sostenibilità contro il medico ma sostenibilità attraverso il medico. Non più appropriatezza contro il medico ma appropriatezza attraverso il medico".

Per questa autonomia serve un pensiero nuovo a cui tutti dobbiamo concorrere.

Bene quindi la convocazione degli Stati generali della professione perché “ noi vogliamo essere protagonisti e motori del cambiamento”.

E in questo noi ci stanno uomini e donne, perché la questione medica è comune agli uomini e alle donne, il problema dell’identità della professione, del suo ruolo in questa società è comune tanto agli uomini quanto alle donne, il futuro incerto della professione è un problema comune degli uomini e delle donne.

Nella questione medica tuttavia oggi c’è una realtà nuova la crescita numerica costante delle donne medico che, lo dico subito a scanso di equivoci, vuol dire prima di tutto mettere anche le donne medico in condizione di contribuire al rinnovamento della professione e alla risoluzione della “questione medica”.

Ringrazio pertanto il Presidente Anelli per il richiamo alle donne medico e per come ha chiuso la sua relazione perché le donne devono davvero lavorare non per le donne ma per la Fnomceo e più precisamente lavorare alla questione medica , dando un contributo specifico di genere per un medicina che sta volgendo rapidamente al femminile ,convinte però ” che non è la Fnomceo che si deve occupare di noi , siamo noi tutti, uomini e donne, che dobbiamo occuparci unitariamente della Fnomceo”.

Uomini e donne insieme per costruire un pensiero riformatore capace di rifondare la professione medica perché possa “ridare fiducia agli operatori” e perché continui a restare “garante della dignità della persona umana al di là di ogni logica mercantile”.
 
Ornella Mancin
Medico di famiglia
Cavarzere (VE) 


03 aprile 2018
© Riproduzione riservata

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