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Pfas: in Veneto plasmaferesi e scambio plasmatico funzionano. Abbattimento medio nel sangue tra 35 e 68 per cento

Il dato è emerso nel corso della conferenza stampa tecnico-scientifica durante la quale è stato presentato un Report dal titolo “Primi risultati aggiornati al 14 dicembre 2017 relativi all’applicazione del secondo livello del protocollo di screening  della popolazione esposta a sostanze perfluoroalchiliche a seguito dell’utilizzo della plasmaferesi per i soggetti con alte concentrazioni di Pfas”


15 DIC - La plasmaferesi e lo scambio plasmatico, le due tecniche utilizzate dai sanitari del Veneto per abbattere la presenza di sostanze perfluoroalchiliche (Pfas e Pfoa) nella popolazione interessata al grave inquinamento verificatosi in alcuni Comuni delle province di Vicenza, Verona e Padova, funzionano.

Finora, con un centinaio di casi trattati, senza il verificarsi di effetti collaterali, hanno determinato una discesa media di presenza di inquinanti nel sangue pari al 35% con la Plasmaferesi, e del 68% con lo scambio plasmatico.

Questo dato di sintesi è emerso nel corso della conferenza stampa tecnico-scientifica durante la quale è stato presentato un Report dal titolo “Primi risultati aggiornati al 14 dicembre 2017 relativi all’applicazione del secondo livello del protocollo di screening  della popolazione esposta a sostanze perfluoroalchiliche a seguito dell’utilizzo della plasmaferesi per i soggetti con alte concentrazioni di Pfas”.
 
Proprio nei giorni scorsi, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, rispondendo a un questiion time alla Camera, aveva tuttavia sottolineato che al momento non c'è “nessuna evidenza scientifica su possibilità di rimuovere PFAS o PFOA attraverso uso plasmaferesi”, suscitando la reazione contrariata del Veneto.

E oggi il Veneto scende direttamente in campo con i risultati di uno studio, "effettuato su rigorose basi scientifiche" e corredato da ampia bibliografia internazionale, illustrati dal direttore generale della Sanità regionale Domenico Mantoan insieme alla responsabile della direzione regionale Prevenzione Francesca Russo, Alberta Alghisi, al direttore di Medicina trasfusionale dell’Ulss 8 di Vicenza, e a Giustina De Silvestro, direttore del Dipartimento interaziendale di Medicina trasfusionale dell’Azienda ospedaliera di Padova.

La plasmaferesi è una procedura che consiste nella rimozione di piccole quantità di plasma (dove l’inquinante si annida nell’albumina ndr) senza necessità di sostituzione per il basso volume sottratto e viene utilizzata nei casi “meno gravi” con concentrazioni fino a 200 ng/ml.

Al di sopra,  si utilizza lo scambio plasmatico (sigla tecnica Pex) che consiste invece nella rimozione di elevati volumi di plasma con sostituzione di un volume equivalente a quello prelevato infondendo una soluzione fisiologica albuminata al 4 per cento.

Entrambe le terapie fanno parte di una pratica denominata complessivamente aferesi, il cui massimo livello scientifico è determinato dalle specifiche linee guida della Società americana di aferesi (ASFA 2016).

Nel corso della presentazione del rapporto, Mantoan ha precisato che “tutto è stato fatto in scienza, coscienza e prudenza, su basi tecniche ben definite, e tramite grandi professionalità come quelle delle dottoresse Alghisi e De Silvestro e dei loro team sanitari. I risultati scientifici di oggi parlano chiaro sull’efficacia delle scelte fatte, con l’obbiettivo di togliere il prima possibile dal sangue delle persone questi inquinanti, che hanno un tempo di dimezzamento naturale di 5 anni, il che significa un periodo di 20-25 anni per farli scomparire del tutto. Al momento uno studio del Registro tumori del Veneto ha dimostrato che non ci sono evidenze di effetti sull’insorgenza di tumori, mentre è certo che si tratta di sostanze interferenti endocrine, il che non è un problema da poco”.

Nel corso della conferenza stampa, lo stesso Mantoan ha annunciato che i Nas si sono presentati negli uffici della sanità regionale per acquisire documentazione e atti sulla vicenda. “Siamo sorpresi – ha detto – perché tutto quanto riguarda la vicenda Pfas è stato via via reso noto con tempestività e trasparenza, inviato alle Istituzioni competenti e alla magistratura, e pubblicato sul sito web della Regione. Non occorreva scomodare i Nas, bastava ci chiedessero e avremmo inviato tutto senza alcun problema”.

I tecnici e i clinici presenti hanno commentato con un certo stupore le critiche arrivate alla plasmaferesi dal ministero della Salute e dal ministro Lorenzin, facendo presente che la stessa procedura viene utilizzata per circa 50.000 donatori di sangue l’anno in tutta Italia, sulla base del decreto dello stesso ministro del 2 novembre 2015 e che vengono effettuate in Italia 27.000 aferesi terapeutiche (plasmaferesi o scambio plasmatico), delle quali circa 4.000 in Veneto. A sostegno, è stato diffuso il testo del parere favorevole alla pratica utilizzata per le persone contaminate da Pfas richiesto al Comitato regionale per la bioetica, presieduto da Massimo Rugge dell’Università di Padova, trasmesso alla Regione il 5 ottobre scorso.

Vi si legge, tra l’altro, che “le procedure di plasmaferesi e scambio plasmatico finalizzate a ridurre la concentrazione di Pfas sono incluse tra quelle previste dalle Linee guida internazionali sull’uso dell’aferesi nella pratica clinica per rimozione di sostanze tossiche”.

“Riteniamo di avere basi scientifiche ed etiche solidissime – ha detto Mantoan – anche perché, se la plasmaferesi è inutile, controindicata o addirittura pericolosa per i veneti contaminati da Pfas, allora dovrebbe esserlo anche per i 50.000 donatori di sangue che la ricevono ogni anno in tutta Italia”.

15 dicembre 2017
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