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Il medico di carta

di Enzo Bozza
09 SET - Gentile Direttore,
provo a spiegare il senso di stanchezza e demotivazione che mi assale quando leggo la posta e trovo la solita sconcertante mail della mia azienda. L’ultima perla amministrativa arriva per Ferragosto, evidentemente cerca di eludere l’attenzione in un clima di caldo festaiolo: le deiezioni amministrative richiedono tempo e luogo giusto, così si spacciano per robetta da poco. Per quanto, l’odore, rimane lo stesso. La perla riguarda la richiesta e autorizzazione di trasferimento dei pazienti dall’abitazione ad una struttura di ricovero, quali RSA, Ospedale o Ospedale di Comunità.

All’inizio della mia folgorante carriera di medico di base, bastava una telefonata al Suem 118 per organizzare il trasporto in ambulanza. Poi, per volontà insondabili ma sicuramente di ampio spessore burocratico, veniva richiesta opportuna impegnativa rossa da consegnare ai congiunti del paziente da trasferire. Poi, la creatività dell’amministratore di turno ha ideato e voluto un modulo che inizialmente constava di una sola pagina, di rapida compilazione da consegnare ai congiunti di cui sopra, pochi dati salienti e pochi minuti dedicati, ma da aggiungere a tutta una serie di altri moduli che nel totale fa una pila di cartaceo a cui dedicarsi a fine giornata. Ma negli insondabili circuiti neuronali degli amministratori, deve essere scattata una profonda crisi di impegno istituzionale di stampo tecnico-scientifico, perché sotto Ferragosto, il modulo è raddoppiato: due pagine, con i dati anagrafici, fiscali, clinico-anamnestici, fenotipo e posizione geografico-logistica del paziente e, sicuramente in futuro, qualche dato genetico.

Se questa fosse una delle poche incombenze burocratiche, sarebbe accettabile, ma si aggiunge a tutta una serie di altre corbellerie che calano dall’alto dell’empireo aziendale senza alcuna preventiva consultazione o discussione: solo diktat a cui obbedire “uso ad obbedir, tacendo”, come recita il motto dei Carabinieri. Ma la desolante stanchezza e frustrazione, nascono da quello che si evince da questi diktat: la considerazione con cui veniamo trattati noi medici di base. Ignoranti e muti compilatori di moduli perché è risaputo che il nostro impegno clinico non è riconosciuto da nessuno, siamo gli sfaccendati che aprono bottega solo tre ore al giorno e, talmente in basso nella squadra del SSN, da esserne esclusi e impiegati per la compilazione di ricette, certificati e moduli.
Gli uscieri o portinai del SSN. Noi puliamo le scale e i capi decidono come e quando.

Dopo quasi quaranta anni di professione, mi arrivano mail con i report di prescrizione farmaceutica con i “consigli” per moderare la spesa, quando anche mia nonna sa che la maggior parte della prescrizione è indotta dai medici specialisti, quelli bravi che nessuno controlla perché bravi.
Noi asini del ricettario abbiamo bisogno di un supplemento di istruzioni dai farmacisti della USL laureati l’altro ieri. Sempre da asini, ci viene ordinato un atto notarile in triplice copia per trasferire un paziente. Sempre da asini, l’azienda ci organizza incontri sulle prescrizioni incongrue di esami imaging e di laboratorio, perché non sappiamo ancora prescrivere, dopo quaranta anni, ignorando con pervicacia quanto sbagliata sia la nostra posizione contrattuale che ci pone costantemente nei ricatti prescrittivi di pazienti e medici specialisti privati.

Tutto questo, non è solo offensivo, e su questo ormai da anni abbiamo chinato la testa rassegnati, ma produce stanchezza e demotivazione. Quella voglia di mollare tutto se non fosse per quanto dovuto ai pazienti e alla nostra professione in cui crediamo ancora, nonostante tutto.

Una volta, quando incontravi un collega medico di base, la domanda era: quando vai in pensione? Ora la domanda è: cosa farai dopo morto?

Dott. Enzo Bozza
Medico di base per i Comuni di Vodo e Borca di Cadore (BL)

09 settembre 2024
© Riproduzione riservata

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