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La guerra al Coronavirus la facciamo senza armi?

di Marco Coccetta, Cristina Cenci

04 MAR - Gentile direttore,
in Italia, in piena emergenza coronavirus abbiamo finito le maschere FPP2 e FFP3 e allora sai che facciamo? Introduciamo per decreto (legge 2 marzo 2020 n 9 art 34 comma 2 e 3), l’utilizzo delle maschere chirurgiche “quale dispositivo idoneo a proteggere gli operatori sanitari…” anche prive del marchio CE previa valutazione da parte dell'Istituto Superiore di Sanità”.
 
Del resto ce lo dice l’OMS nelle recenti indicazioni per un uso razionale dei DPI. Sono disponibili in lingua inglese e già tradotte in italiano da alcune direzioni aziendali degli ospedali maggiormente coinvolti nell’emergenza attuale, affrontata dal nostro paese ed in prima linea da tutto il personale, sanitario e non.
 
Colpisce, nel leggere la tabella, che il personale addetto alle pulizie della stanza ove alloggia il paziente affetto da COVID-19, abbia bisogno degli stessi DPI, ci pare ovvio, ma necessario sottolineare, che le possibilità e modalità di contatto con il pz sono nettamente diverse da quelle del personale che assiste quello stesso malato, anzi, per il personale sanitario, non è fatto cenno alla necessità di indossare scarpe chiuse da lavoro!
 
Nella stessa tabella l’uso della maschera facciale filtrante FFP3 o FFP2 è riservato alle procedure che generano aerosol effettuate sui pazienti COVID-19 positivi.
 
Quali sono queste procedure? Chi deve saperlo? Chi deve dirlo? Chi deve indossare le mascherine chirurgiche e chi le FFP3 o FFP2 tra il personale sanitario che assiste il malato?
 
Su queste domande, in queste ore, si sta giocando la sicurezza e la tenuta di un sistema, quello della salute, già al collasso prima dell’emergenza COVID-19.
 
Infatti un eventuale contagio del personale medico e non medico, potrebbe farci perdere quella forza lavoro che fino ad oggi ha tenuto in piedi il SSN, decimato negli organici e nei posti letto da almeno 10 anni di tagli lineari, come ampiamente denunciato da CIMO a tutti i livelli aziendale, regionale e nazionale
 
Sappiamo già come andrà a finire, prima che le direzioni aziendali rispondano alle nostre domande. I medici e il personale sanitario tutto, per il loro spirito di sacrificio e fedeli al loro codice etico, nonché per stato di necessità, saranno costretti a mettere a repentaglio la loro incolumità, in questo delicato momento che il nostro paese sta attraversando.
 
Ma questa volta non è solo la nostra incolumità a rischio. È a rischio l’incolumità generale perché un medico o un operatore sanitario non medico, contagiato dal SARS-COV 2, ancora prima di saperlo, potrebbe aver infettato altro personale sanitario e altri pazienti, ricoverati in ospedale per motivi diversi dalla COVID-19.
 
L’emergenza coronavirus non è ancora pienamente arrivata nella nostra regione e nei nostri ospedali, ma abbiamo raccolto in questi giorni tante testimonianze di colleghi dagli ospedali del nord. Che in assenza del criterio epidemiologico previsto dalla circolare ministeriale del 27 gennaio per poter fare il tampone per SARS COV 2, hanno continuato a visitare i tanti pazienti con patologia respiratoria in fase di accertamento eziologico, indossando la sola mascherina chirurgica... e sappiamo tutti come è andata a finire...Codogno, Cremona, Crema, Treviso...solo per citarne alcuni.
 
È dal 31 gennaio che lo stato italiano ha proclamato lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale e ci si accorge solo ora che le FFP2 e le FFP3 scarseggiano? Quale era la dotazione delle stesse in ogni azienda/ASL del territorio italiano, prima dell’emergenza coronavirus, dal momento che servono per limitare la diffusione di infezioni nosocomiali a trasmissione aerea e droplets???  E quante ne sono state ordinate dal 31 gennaio ad oggi, per farsi trovare pronti a limitare la diffusione del “nuovo virus” proprio tra gli operatori sanitari e dentro le mura dei nostri ospedali?
 
Sarebbe auspicabile che tutto il personale sanitario che sta prestando o presterà le proprie cure ad un paziente sintomatico per COVID 19 lo possa fare dopo aver messo in atto tutte le misure di profilassi previste per controllare e limitare la trasmissione di patogeni dentro l’ospedale: per via aerea, droplets e contatto diretto e indiretto, come raccomandato da OMS, EDCD, CDC e dallo stesso Ministero della Salute, prima che emergesse un “nuovo virus” di cui ancora non conosciamo esattamente tutto:
- calzari lunghi fino al ginocchio;
- guanti in nitrile;
- sovracamice monouso in TNT impermeabile con polsini stretti o tuta 3° Cat. Tipo 3 o 4;
- FFP2 o FFP3 a seconda delle diverse attività cliniche compiute sul malato;
- occhiali a tenuta;
- visiera con calotta;
- copricapo.
 
In una situazione come quella che si sta delineando sarebbe auspicabile avere una precauzione in più e un rischio in meno, non il contrario.
 
Il vero problema infatti è che noi medici temiamo che il peggio debba ancora arrivare e abbiamo piena consapevolezza che sarà messa a dura prova la tenuta del sistema. Ma siamo pronti, come sempre, in silenzio e a testa bassa perché prima di tutto vieni il bene comune. E il diritto alla Salute.
 
Visto che la politica ha deliberato con decreto che possiamo andare in guerra senza armi, sarebbe bello avere i politici al nostro fianco. Quando visitiamo, facciamo esami diagnostici, intubiamo, ventiliamo manualmente, rianimiamo, pazienti affetti da COVID 19 con la sola mascherina chirurgica anziché con le FFP2 e le FFP3 e gli altri DPI.
 
Dott. Marco Coccetta
Segretario Regionale CIMO Umbria
 
Dott.ssa Cristina Cenci
Vice Segretario Regionale CIMO Umbria

04 marzo 2020
© Riproduzione riservata

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