Autonomia. Respinta mozione di minoranza sul regionalismo differenziato in sanità
La mozione presentata dalla minoranza, chiedendo all’Esecutivo di “sollecitare il governo a mettere in campo azioni volte a estromettere la tutela della salute dalle materie su cui le Regioni possono avere autonomia, chiedendo altresì che l’eventuale attuazione del regionalismo differenziato in sanità venga gestita con equilibrio, colmando innanzitutto il gap strutturale tra Nord e Sud del Paese”.
17 MAG - L’Assemblea legislativa dell’Umbria ha respinto la mozione presentata dai gruppi di minoranza che chiedeva all’Esecutivo regionale di “sollecitare il governo a mettere in campo azioni volte a estromettere la tutela della salute dalle materie su cui le Regioni possono avere autonomia, chiedendo altresì che l’eventuale attuazione del regionalismo differenziato in sanità venga gestita con equilibrio, colmando innanzitutto il gap strutturale tra Nord e Sud del Paese, modificando i criteri di riparto del fabbisogno sanitario nazionale e aumentando le capacità di indirizzo e verifica dello Stato sulle Regioni”.
L’atto di indirizzo - spiega una nota della Regione – faceva riferimento alla “bozza del Ddl Calderoli per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a Statuto ordinario, pensata per modificare il quadro delle competenze attribuite alle Regioni”.
“Ci saranno Regioni – è stato evidenziato - in cui verranno garantiti livelli base e altre che, grazie a maggiori disponibilità economiche, potranno andare ben oltre i Lep. A parità di patologia avremo Regioni che si potranno permettere di dare cure ed assistenza adeguata, potendosi permettere di pagare la differenza fra il costo standard della prestazione minima e il costo totale di una cura appropriata, e altre no”.
“Tutto ciò comporterà una sperequazione e una palese discriminazione dei cittadini su base territoriale: le Regioni come l’Umbria, in alcuni casi dovranno decidere se interrompere le cure in corso o mettere a carico dei malati i costi eccedenti senza contare che non è da prendere in considerazione l’ipotesi di autorizzare le singole aziende sanitarie a coprire gli stessi costi eccedenti mettendoli in bilancio visto lo squilibrio ad oggi esistente in Umbria, quantificato in oltre 250 milioni”.
17 maggio 2023
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