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Prato. Arrestati quattro ginecologi dell’ospedale, visitavano “in nero” cittadini cinesi. Asl li sospende

Secondo le accuse, i quattro medici, tre uomini e una donna, avrebbero effettuato visite private ai cittadini cinesi in orario di servizio e usando strutture e mezzi dell’Azienda sanitaria. Sospesi dalla Ausl che si costituirà parte civile per ottenere il risarcimento dei danni subiti sia patrimoniali che di lesione d'immagine

09 LUG - Dal peculato alla truffa aggravata ai danni dello Stato. Sono queste le accuse che a vario titolo sono state mosse a quattro medici ginecologi in servizio all’ospedale di Prato e tre cittadini cinesi, sottoposti dai carabinieri del Nucleo investigativo di Prato agli arresti domiciliari con un’ordinanza di firmata dal Gip Scarlatti su richiesta della Procura.
 
Secondo le accuse, i quattro medici avrebbero effettuato visite private ai cittadini cinesi in orario di servizio e usando le strutture e i mezzi dell’Azienda sanitaria, incassando le parcelle al nero.
 
Immediata la reazione della Ausl Toscana Centro che ha attuato la sospensione dal servizio e attivato un’ulteriore procedura per la valutazione della responsabilità disciplinare. Non solo ha, inoltre, inviato la comunicazione ai rispettivi Ordini dei Medici e Chirurghi di appartenenza dei quattro dipendenti. Nel procedimento penale che sarà istaurato l’Azienda si costituirà parte civile, al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti sia patrimoniali che di lesione d'immagine.
 
“Inaccettabili e da isolare” così il direttore generale Paolo Morello Marchese ha definito i comportamenti emersi nella vicenda. "Tali comportamenti sono gravissimi e indirettamente – ha  detto –recano danno alle centinaia di operatori che ogni giorno lavorano con onestà nei nostri servizi e che mi sento di tutelare in tutti i modi”.
 
Le indagini sono iniziate nell’autunno dell’anno scorso quando una giovane donne cinese si presentò in ospedale perché si era sentita male dopo aver assunto una pillola abortiva. La ragazza aveva spiegato di essersi rivolta a una mediatrice cinese che l’aveva accompagnata da un medico italiano che a sua volta le aveva dato il farmaco. Una perizia ha poi accertato che quei medicinali potevano arrivare solo dal circuito ospedaliero e le intercettazioni telefoniche disposte dalla Procura hanno poi consentito di risalire ai medici finiti agli arresti domiciliari, tra cui però non figura, perché non ancora individuato, quello che fornì alla giovane cinese le pillole per l’aborto.
 
Secondo quanto emerso dalle indagini svolte dai carabinieri del nucleo investigativo le pazienti cinesi pagavano una parcella che va dai 100 ai 150 euro agli stessi mediatori, che poi ne giravano una parte ai medici.  Alle pazienti, che in questo modo saltavano la trafila della prenotazione al Cup, non è stato contestato nessun reato, nella convinzione che non sapessero come funziona il sistema della prenotazione del sistema sanitario regionale toscano.

09 luglio 2018
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