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Toscana. Reti oncologiche, Pdta e dati di real life per garantire l’innovazione terapeutica in oncologia

Ma anche attivazione di sistemi informativi che leghino dati di appropriatezza prescrittiva ed efficienza economica all’esito delle terapie. Si è svolto a Firenze il quinto di una serie di incontri che vedono istituzioni, oncologi, farmacisti e anatomopatologi a confronto sui modelli di governo dell’innovazione farmaceutica. La Toscana si conferma Regione all’avanguardia.

15 OTT - Diffusione delle reti oncologiche, definizione dei Percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali (Pdta), selezione dei Centri prescrittori, attivazione di sistemi informativi che “parlino la stessa lingua” e leghino i dati di appropriatezza prescrittiva e di efficienza economica all’esito delle terapie. E ancora, ricorso alla Hta, coinvolgimento di gruppi di lavoro di valutazione del farmaco in seno alle Commissioni terapeutiche regionali, individuazione delle Unità farmaci antitumorali centralizzate (Ufa) e poi diffusione dei dati real life, ricorso al Vial sharing, attuazione del Drug day e inserimento del Test diagnostico di selezione biomolecolare all’interno del Pdta.
 
Sono questi solo alcuni dei molti strumenti che le Regioni potrebbero adottare per garantire da un lato il governo della spesa per l’assistenza farmaceutica, quindi sostenibilità ed equità d’accesso alle cure, dall’altro innovazione e sperimentazione di nuovi farmaci che migliorino esiti e qualità dell’offerta sanitaria. Per aprire le porte anche alla sostenibilità delle innovazioni terapeutiche che si affacceranno nei prossimi anni. Strumenti adottati dalla Toscana che si conferma una delle regioni capofila nell’organizzazione delle cure oncologiche. Un cammino intrapreso dal 2003,  sicuramente ancora con qualche aspetto da limare, ma in discesa rispetto a quello di tante altre regioni.
 
 
È quanto emerso nel corso del workshop “Il governo dell’innovazione farmaceutica: modelli di gestione sostenibile dei farmaci oncologici innovativi ad alto costo” organizzato nei giorni scorsi da Motore Sanità a Firenze. Il quinto di una serie di incontri che si si stanno tenendo nelle principali città italiane per capire come sostenere l’innovazione farmaceutica alla luce della difficile sfida della sostenibilità economica.
 
I percorsi da seguire per affrontare le sfide alla quali il mondo dell’oncologia deve rispondere non sono stati, infatti, delineati in tutte le Regioni come dimostrano i risultati preliminari del progetto di ricerca “La governance dell’innovazione farmaceutica in Italia” della Scuola Superiore Sant’Anna, presentati a Firenze dal ricercatore Francesco Attanasio.
 
La ricerca - condotta dal Laboratorio management e sanità Istituto di Management Scuola Superiore Sant’Anna, in collaborazione con il Dipartimento di scienze biomediche e neuro motorie Alma Mater Studiorum (Bologna) e il supporto non non condizionate di Msd che si concluderà alla fine del 2016 - ha mappato i diversi modelli di governance dell’innovazione farmaceutica in 10 Regioni italiane con l’obiettivo di rilevare le best practice e i modelli digovernance virtuosi idonei a favorire la diffusione e garantire sostenibilità, equità e qualità nell’accesso ai nuovi farmaci oncologici ad alto costo. Lo scenario emerso è ad alta variabilità con differenze anche importanti tra le varie Regioni (vedi approfondimento). Solo il 50% delle Regioni sotto la lente è supportata dalle reti oncologiche, il restante si affida nelle scelte da una rete professionale senza un mandato preciso o ad una rete auto-organizzata. E anche per i sistemi informativi senza i quali non esiste un governance per valutazione, costi, rischi e performance, le differenze sono elevate.
 
Gli scenari in Toscana. E il tema della sostenibilità è sicuramente molto avvertito in Toscana. Une delle regioni capofila della costruzione della rete oncologica, deve ora fare i conti con un equilibrio di bilancio sempre più difficile da mantenere. I dati dell’ultimo monitoraggio della Ragioneria dello Stato sulla spesa sanitaria nazionale segnalano rischi anche per la virtuosa Toscana che - pur presentando al IV trimestre 2015 un avanzo di 42,796 mln di euro - in considerazione dell’iscrizione di entrate da pay-back 2015, per 115 mln di euro, non supportate da atto formale - deve fare i conti con un risultato di gestione in disavanzo di 72,204 mln di euro. Ma l’attenzione all’innovazione farmacologica è molto alta.
 
“Rispetto al tetto del 3,5% la spesa ospedaliera la Toscana nei primi cinque mesi dell’anno si colloca al 9,14 % – ha spiegato Monica Piovi, Direttore Diritti di cittadinanza e coesione sociale, Regione Toscana– il tema della sostenibilità è quindi un tema forte. E non è facile invertire la tendenza di questo exploit, e il farmaco oncologico ha sicuramente avuto il suo peso. Obiettivo ora è creare un sistema alternativo al pay back che inizia ad avere della criticità con contenziosi che rischiano di far saltare il sistema. Soprattutto occorre iniziare a ragionare in termini di prezzo/volume”.Ma per Piovi, occorre chiarirsi anche sul concetto di innovazione: “Su questo ci giochiamo il futuro. Innovazione è qualcosa che dà un valore aggiunto, come poteva essere l’introduzione della Tac nella diagnostica. Quando parliamo di farmaco bisogna avere il coraggio di distinguere tra ciò che è nuovo e ciò che è realmente innovativo. In Regione lo stiamo facendo sui dispositivi medici grazie ad una commissione Hta. Dobbiamo anche imparare a trovare risorse laddove ci sono, non ragionare per silos, anche in altri contesti della sanità”.
 
La Toscana ha poi ricordato Piovi è stata una delle prime Regioni ad investire sulla rete oncologica: “Abbiamo acquisti centralizzati e know how che possiamo gestire nel settore degli acquisti. Abbiamo dati a disposizione, per fare scelte politiche. Dovremmo arrivare ad un costo per processo e non per singolo farmaco”.
 
Anche per Monica Calamai,Direttore Generale Aou Careggi, Firenze, è fondamentale avere una visione lungimirante sul tema innovazione. “Appropriatezza e allocazione corretta delle risorse sono fattori determinanti e non sono scontati – ha detto –bisogna quindi lavorare su questo con attenzione. Anche perché dobbiamo superare lo scoglio della mancanza di risorse, che sono sempre state limitate, avendo quindi la consapevolezza che non si può pensare di avere un finanziamento univoco. Bisogna avere una visione di insieme ragionando anche sul lungo periodo. Al Careggi abbiamo puntato e investito sull’innovazione: la spesa più alta, ed è in continua crescita, riguarda i device e non il farmaco. Sui farmaci innovativi, e anche su altre fette della farmaceutica, siamo al lavoro almeno da due anni ela spesa aumenta ma in maniera equilibrata. Quello che va cambiato è l’approccio al sistema. Bisogna ragionare sui nuovi fabbisogni del paziente che sempre di più punta alla qualità della vita”.
 
Un valore aggiunto nella gestione dell’innovazione farmacologica arriva dalla rete, ha poi proseguito Calamai. Una rete oncologica che ha ancora margini di miglioramento: “servono atti regionali per dare legittimità a chi deve coordinare”.
 
Raccoglie la sfida dell’appropriatezza Gianni Amunni, Direttore dell’Istituto Toscano Tumori e Direttore Ispo Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologia di Firenze. “La spesa per i farmaci oncologici è destinata a crescere – ha sottolineato – perché la popolazione invecchia e si va verso una cronicizzazione delle malattie che ormai appartiene anche a quelle neoplastiche e si traduce in un tempo di cura più lungo con nuove molecole che entrano in gioco. Il punto centrale è quindi cercare di razionalizzare per non razionare in un’ottica di appropriatezza e sostenibilità. Il tema dell’appropriatezza è un tema che sta a cuore dell’oncologo anche perché subiamo una forte pressione mediatica. Una diagnosi di cancro campo mette in moto una serie di aspettative alle quali l’oncologo deve rispondere nonostante sia da una parte pressato da enti regolatori che ci dicono se utilizzare o meno il farmaco, e dall’altra dai contabili che ci dicono qual è la disponibilità in termini di spesa. Dobbiamo quindi uscire da questa spirale e il modello di rete diventa un sistema di governo di tutta l’oncologia, dalle risposte di base all’innovazione. E il modello organizzativo delle reti da qualunque porta entri ha comunque un obiettivo: l’appropriatezza”.
 
Ricordiamo, ha aggiunto “che le azioni di risparmio sull’oncologia servono per rimodulare gli investimenti in oncologia”. “La rete – ha detto Amunni – deve diventare lo strumento attraverso far passare la programmazione. Ragioniamo quindi sui modelli organizzativi, sulla necessità diuna nuova formazione medica, anello debole della catena, e su quella di arrivare ad un’integrazione non ancora completa. E ancora, ragioniamo sulla necessità avere strumenti informatici validi, omogeneità di accesso e incrementiamo la ricerca clinica. Ma “la scommessa di una rete matura – ha concluso – sono volumi ed esiti”.
 
In un’ottica di rete è però essenziale riuscire a garantire omogeneità delle cure su tutto il territorio ha ricordato Simona Dei, Direttore Sanitario USL Toscana Sud Est citando i dati dell’USL Sud Est che nel 2015 ha speso 20.042.427 milioni di euro per i farmaci oncologici e la stima di spesa per il 2016 sarà di 24.373.395 ossia il 19,1%. “Le decisioni vanno centralizzate – ha detto – affinche ogni ammalato, ovunque sia, trovi le stesse risposte di assistenza terapeutica. Trovare omogeneità e mettere a confronto i clinici, possibilmente con mezzi informatici è la corretta risposta di funzionamento di una rete”.
Gabriella Fontanini,Direttore Anatomia e Istologia Patologica 3 Aou Pisana ha puntato i riflettori sulle opportunità che i test di diagnostica biomolecolare offrono sul fronte dell’appropriatezza e quindi della sostenibilità e quindi sulla necessità di avere una rete di laboratori attiva sul territorio. Un punto questo che ha incassato l’assenso degli esperti.
 
“In questi anni – ha affermato Fontanini – si è assistito a un miglioramento delle diagnostiche dell’anatomia patologica sia come indagine di patologia classica che molecolare. Se la regione prevede che alcuni Centri possano svolgere questo tipo di lavoro, deve garantire una rete di laboratori che abbia determinate caratteristiche: dev’essere in grado di gestire flussi elevati di lavoro per garantire l’accessibilità e la qualità ai pazienti, dev’essere dotato di strumentazioni innovative per conoscere il profilo molecolare del paziente e le caratterizzazioni biologiche delle neoplasie. La necessità è quella di utilizzare più metodologie quindi di indentificare i centri in cui certe attività vengano svolte in maniera estensiva e favorire un’integrazione a livello territoriale anche con le strutture più periferiche”.
 
Se la rete di laboratorianatomia patologica costituisce un tassello importante per una maggiore appropriatezza delle cure anche le Unità farmaci antitumorali centralizzate sono una leva strategica
 
“L’Ufa potrebbe rappresentare un tassello fondamentale nella rete anche per la mole dei dati a disposizione – ha spiegato Michele Cecchi, Farmacista Ospedaliero Dirigente presso la Farmacia Interna Aou Careggi, Firenze – offre inoltre l’opportunità di realizzare dosi personalizzate che soddisfano essenziali  criteri di qualità e sicurezza tanto per i pazienti quanto per gli operatori sanitari addetti alla manipolazione dei farmaci antitumorali. E grazie alla centralizzazione degli acquisti è possibile conseguire importanti risparmi; il 5% dei farmaci iniettabili è risparmiato con la centralizzazione”.
 

15 ottobre 2016
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