In Italia il 16% dei medici fuma. Ma tra gli altri operatori sanitari si supera il 25%. La ricerca dell’Iss
L’Istituto: “I risultati indicano che è urgente migliorare la competenza del personale sanitario sui danni del fumo di tabacco, i meccanismi della dipendenza, il ruolo dell’industria del tabacco, le politiche di controllo e sui metodi per smettere di fumare. Attualmente questa tematica è praticamente assente nei percorsi di studio dei professionisti della salute”.
01 LUG - Negli ultimi due decenni in Italia, la prevalenza di fumatori tra i medici è diminuita in modo consistente mentre resta più alta e appena in lenta riduzione tra gli operatori sanitari non medici. Questo è confermato da uno studio condotto sui dati 2014-2018 del sistema di sorveglianza PASSI i cui risultati sono stati pubblicati a giugno 2021 sugli Annali dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) nell’articolo “
Smoking prevalence among healthcare workers in Italy, PASSI surveillance system data, 2014-2018”.
Dall’analisi del campione preso in esame, ampio e rappresentativo a livello nazionale, si nota che all’interno del gruppo dei medici la prevalenza del fumo è del 16,0% e varia in base alle caratteristiche demografiche: le donne fumano meno degli uomini, i medici ultra 50enni fumano meno dei più giovani, i medici del Nord fumano meno di quelli del Sud Italia.
Invece, tra gli operatori sanitari non medici, la prevalenza è 25,3% e non varia con l’età e il genere, ma dipende dalle variabili socio economiche: una migliore condizione economica e un miglior livello di istruzione sono fattori protettivi.
“Bisogna evidenziare – rileva l’Iss - che, in questo studio, gli operatori sanitari non medici sono un gruppo non omogeneo dal punto di vista socio economico, perché include infermieri, operatori socio sanitari e anche i tecnici tra i quali chimici, biologi e fisici. Certamente la quota più importante è quella degli infermieri ed è rilevante che in questo sottogruppo le donne fumano quanto gli uomini”.
Fino ad ora, in base agli studi effettuati nei primi anni 2000 e a quelli più recenti effettuati in singoli ospedali, si riteneva che la prevalenza di fumo tra gli operatori sanitari italiani fosse molto elevata.
Oggi sappiamo che la prevalenza di fumo tra i medici (16% nel periodo 2014-2018) è inferiore a quella dei lavoratori di altri settori (28,6%). Si suppone che la riduzione sia avvenuta per il migliore accesso dei medici all‘informazione sui danni per la salute attribuibili al fumo. Tra gli operatori sanitari non medici invece la prevalenza è tuttora troppo elevata e, in particolare, quelli con basso livello di istruzione hanno tassi che possono superare il 30%.
Indicazioni per la pratica della sanità pubblica derivate da questo studio
Questi risultati indicano che “è urgente migliorare la competenza del personale sanitario sui danni del fumo di tabacco, i meccanismi della dipendenza, il ruolo dell’industria del tabacco, le politiche di controllo e sui metodi per smettere di fumare. Attualmente questa tematica è praticamente assente nei percorsi di studio dei professionisti della salute. Pianificatori, agenzie formative e ordini professionali dovrebbero arricchire i curricula formativi sia a livello universitario che post-laurea”.
01 luglio 2021
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