La pandemia e la formazione del medico. Cosa deve cambiare?
di Guido Rasi
Le Regioni non si sono coordinate tra loro e hanno dimostrato tutta la debolezza di un sistema frammentato e frammentario. Per evitare che ogni Regione abbia uno standard di qualità diverso è auspicabile intervenire anche sulla formazione e sull'aggiornamento continuo, servendosi di tutti gli strumenti di cui disponiamo. A cominciare da quello legislativo, come previsto dai decreti attuativi della Legge Gelli
23 APR - Una buona sanità si poggia su una solida formazione medica. È una verità che questa pandemia ha reso ancora più evidente: come possiamo garantire le migliori cure e assistenza ai malati se noi operatori sanitari non stiamo al passo con l'avanzare delle nostre conoscenze riguardo al virus Sars-CoV-2 e la malattia che causa, Covid-19? Basta pensare che il modo di trattare i pazienti Covid oggi non è lo stesso di un anno fa. A cominciare dai test diagnostici fino alle terapie domiciliari. E ancora: dai vaccini ai farmaci, dalle tecniche di rianimazione ai protocolli di riabilitazione e così via. È evidente che la formazione degli operatori sanitari oggi è più importante che mai.
Ma la necessità di un aggiornamento costante da parte degli operatori sanitari è centrale non solo per l'emergenza Covid-19 in corso o per nuove possibili pandemie che potremmo dover affrontare in futuro. Ma lo è anche perché la medicina continua a fare passi in avanti e una buona sanità è quella che riesce a cogliere e fare sue tutte le opportunità che il progresso offre. La tecnologia ci ha regalato, ad esempio, le cartelle elettroniche e la telemedicina. Ma se non sappiamo sfruttarle, anziché migliorare la gestione della sanità, la complicheremmo. Inoltre, alcuni settori, come l'oncologia o la cardiologia, si arricchiscono continuamente di nuovi farmaci, robot chirurgici, ecc., opportunità che si possono cogliere solo con un'adeguata formazione. Anche l'etica evolve insieme medicina e, se non aggiornata, rischia di ostacolare il progresso.
L'aggiornamento continuo rappresenta dunque un pilastro della professione sanitaria. Non a caso è già un obbligo che tutti i professionisti sanitari devono rispettare, non solo perché previsto dalla legge, ma anche perché rappresenta un elemento centrale della deontologia e della professione stessa.
La pandemia impone intanto una svolta. Due gli elementi necessari: la centralizzazione e la standardizzazione. Il primo obiettivo, quindi, è quello di creare una cabina di regia, capace di contrastare l’attuale frammentarietà della formazione professione. Il secondo passo sarà quello di concentrare gli sforzi nella selezione delle nuove conoscenze, oggi più numerose che mai: oggi abbiamo la necessità di filtrare circa 7mila pubblicazioni al giorno, in modo da offrire agli operatori sanitari nuove conoscenze da usare subito nella pratica clinica. È un cambiamento importante che va fatto con grande senso di responsabilità.
Gli strumenti ci sono. Di recente ho accettato l’incarico di Direttore Scientifico di Sanità In-Formazione, provider del gruppo Consulcesi, che ha una forte vocazione per l'innovazione, fatta di prodotti tecnologici in grado di rendere la formazione professionale in Italia competitiva a livello europeo. Vogliamo e dobbiamo agevolare gli operatori sanitari a migliorarsi e, di conseguenza, contribuire al miglioramento delle prestazioni offerte ai malati. Ma per riuscirci bisogna agire in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale. Qualcosa che sembra essere mancata in questa pandemia. La gestione dell'emergenza è stata eterogenea. I medici si sono trovati abbandonati e smarriti, senza ricevere indicazioni chiare e, all’inizio della pandemia, senza avere nemmeno gli strumenti necessari.
Le Regioni non si sono coordinate tra loro e hanno dimostrato tutta la debolezza di un sistema frammentato e frammentario. Per evitare che ogni Regione abbiano uno standard di qualità diverso è auspicabile intervenire anche sulla formazione e sull'aggiornamento continuo, servendosi di tutti gli strumenti di cui disponiamo. A cominciare da quello legislativo, come previsto dai decreti attuativi della Legge Gelli che instaura un legame tra polizze assicurative e formazione ECM. L’atteso via libera delle Regioni consentirebbe l'attuazione di questa norma e rappresenterebbe, non solo un segnale importante per la classe medica, ma anche un primo passo per una sanità nuova, migliore di quella di cui oggi godiamo.
Guido Rasi
Professore di Microbiologia all'Università di Tor Vergata di Roma
23 aprile 2021
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