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Subito una norma per limitare responsabilità civile e penale di chi fronteggia l’emergenza Covid

di Tiziana Frittelli

È il concetto stesso di emergenza, mai come adesso invocabile, a marcare la “differenza” e a giustificare una rivisitazione della responsabilità in ambito sanitario funzionale e congrua con tale stato di fatto eccezionale, in un contesto che, privo di consolidate coordinate esperenziali e scientifiche, impone agli operatori di lavorare in situazione di costante ed estrema alea. Da qui, la ormai ineludibile necessità di porre una nuova regola di responsabilità che calibri e limiti la responsabilità civile e penale di coloro i quali, responsabilmente, fronteggiano le emergenze.

16 MAR - E’ da più di un anno che Federsanità, con i propri esperti, si sta spendendo, a vari livelli istituzionali, per favorire con la massima urgenza la riapertura, in sede parlamentare, della discussione sulla possibilità di procedere ad una immediata revisione legislativa dei vigenti assetti normativi, sia di profilo penale che di profilo civilistico, che attualmente disciplinano la responsabilità in campo sanitario delle strutture (pubbliche e private) e degli esercenti la professione sanitaria alla luce del perdurante stato emergenziale correlato alla pandemia COVID 2019.
 
Brucia, pertanto, ancora di più, in assenza di tale auspicata revisione emergenziale della attuale legislazione in materia di responsabilità sanitaria, leggere le recenti sconcertati notizie relative alla iscrizione nel registro degli indagati, per omicidio colposo, del personale sanitario, medico e infermieristico, impegnato nelle attività di vaccinazione anti COVID-19, a seguito dell’improvviso decesso di un paziente successivamente alla somministrazione del vaccino.
 
Brucia, altresì, l’inchiesta della procura di Pescara sui vertici della Asl per epidemia colposa e abuso d’ufficio per la crescita esponenziale di contagi nel capoluogo adriatico.
 
Federsanità si associa al grido di allarme lanciato dall’Anaao Assomed e da Fnomceo, a fronte dell’inerzia di un legislatore che, in tema di responsabilità professionale sanitaria, sembra aver “rimosso” l’idea e l’impegno per esitare un intervento normativo “straordinario” congruo con l’attuale contesto emergenziale, in conformità con la “straordinarietà” della realtà in cui i professionisti della sanità e le aziende sono chiamati ad operare per garantire il diritto alla salute dei cittadini.
 
Il mondo sanitario ha affrontato e sta ancora affrontando un periodo terribile perché ha dovuto far fronte ad un nemico sconosciuto. La riprova è la mutevolezza e la continua evoluzione sul campo delle stesse posizioni scientifiche e delle misure organizzative che si sono susseguite nel tempo, ivi comprese, in quest’ultima fase, le posizioni e le valutazioni in tema di sicurezza ed efficacia dei vaccini, vale a dire il percorso oggetto di quel repentino e spiazzante attenzionamento giudiziario di cui si è detto sopra. Il S.S.N. si è, quindi, mosso, senza univoche e consolidate linee guida in tema di percorsi clinico assistenziali ed organizzativi correlate alla emergenza COVID, linee guida che avrebbero dovuto orientare i professionisti e, soprattutto, scriminarli ai sensi e per gli effetti dell’articolo 6 della legge Gelli.
 
La situazione emergenziale è stata talmente nuova e spiazzante che la stessa AGENAS, nell’espletamento della sua funzione di supporto tecnico-scientifico all’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità, in collaborazione con il Coordinamento rischio clinico della Commissione Salute, con il Centro collaborativo dell’OMS per il fattore umano e la comunicazione per la qualità e la sicurezza delle cure, con gli esperti dell’Istituto Superiore di Sanità e con altri esperti dell’Osservatorio, si è trovata costretta, in assenza di mature proposte da parte delle società scientifiche, a lanciare una raccolta delle buone pratiche tratte dalle esperienze organizzative e clinico-assistenziali via via attivate dalle aziende sanitarie del territorio nazionale in merito alle soluzioni autonomamente individuate in risposta alla situazione emergenziale conseguente all’epidemia di Covid-19.
 
E’ consolidata opinione di questa Federazione che, in tale dimensione di strutturale incertezza ed emergenza, l’intervento straordinario del legislatore debba comunque muoversi su più livelli.
 
Al fine di evitare possibili fraintendimenti “politici”, che verosimilmente hanno contribuito a neutralizzare il precedente tentativo parlamentare di revisione legislativa degli attuali assetti normativi in materia di responsabilità civile, si ribadisce ancora una volta che l’intervento propugnato da questa Federazione attiene esclusivamente alla complessiva rivisitazione della categoria della responsabilità per malpractice, da connotare ovviamente ed esclusivamente in stretta aderenza alla straordinarietà dell’evento pandemico.
 
Tale intervento è mirato, pertanto, oltre che alla ridefinizione della responsabilità penale in ambito sanitario, alla riperimetrazione dell’ambito della responsabilità contrattuale della struttura, nonché dei professionisti alla stessa afferenti, che rispondono in termini di rivalsa.
 
A questo punto, per andare sul concreto, credo sia doveroso intervenire con la immediata introduzione di una disciplina legislativa in deroga ai vigenti assetti normativi, che, in tal senso, resterebbero, quindi, meramente sospesi temporalmente: la temporanea disciplina in deroga sarebbe, quindi, limitata nel tempo e meglio modulabile in relazione alla specificità ed eccezionalità dell’evento pandemico Covid.
 
Del resto, tale tecnica improntata sull’istituto della deroga legislativa temporanea, è stata già adottata in recenti interventi legislativi correlati alla emergenza Covid.
 
Significativo, al riguardo, è stato l’intervento da parte del D.L. 16-7-2020 n. 76 (Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale), convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120, che, proprio con riguardo alla riparametrazione della responsabilità per danno erariale in tempo di Emergenza Covid, all’articolo 21, prevede, al comma 2, una deroga temporanea, calibrata fino al 31 dicembre 2021, con riferimento alla responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica, limitata, per detto periodo, ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta (commissiva) del soggetto agente sia da lui dolosamente voluta.
 
In tale omologa prospettiva e con la stessa tecnica della deroga temporanea si potrebbe agire anche nella materia della responsabilità in ambito sanitario nel contesto della emergenza Covid, su vari livelli.
 
In primo luogo, è necessario e urgente profilare una fondamentale deroga riguardante l’articolo 590 sexies del Codice Penale: per tutti gli eventi avversi occorsi nel contesto e a causa della emergenza Covid, la cui entità sia tale da modificare significativamente le normali condizioni di operatività, la punibilità penale dovrebbe essere sempre limitata ai soli casi di colpa grave, specifica o generica, sia che dipenda da imperizia, sia che dipenda da negligenza o imprudenza.
 
In tale contesto, la colpa si considera grave unicamente laddove consista nella macroscopica violazione dei principi basilari che regolano la professione sanitaria o dei protocolli o programmi emergenziali predisposti dalle autorità e dagli enti competenti per fronteggiare la situazione in essere, tenuto conto anche della proporzione tra le risorse umane e materiali disponibili e il numero di pazienti su cui è necessario intervenire, nonché del carattere eterogeneo della prestazione svolta in emergenza rispetto al livello di esperienza e di specializzazione del singolo professionista.

In secondo luogo, è ipotizzabile un regime di deroga temporanea - fino alla cessazione della emergenza Covid - all’articolo 7 della L. 24/2017, disponendo la “sospensione” dell’attuale disciplina regolante la responsabilità contrattuale della struttura (combinato disposto dei commi 1 e 2), la responsabilità diretta extracontrattuale dell’operatore (primo periodo del comma 3) nonché la responsabilità contrattuale dell’operatore (secondo periodo del comma 3) e profilando in tali casi, con riguardo e limitatamente agli eventi occorsi nel periodo intercorrente dall’inizio della pandemia Covid alla relativa cessazione (definendo, quindi, in senso strutturalmente “retroattivo” l’ambito applicativo dell’intervento, altrimenti inutile) una eccezionale e temporanea disciplina delle responsabilità per le fattispecie di cui sopra conformata ai soli casi del dolo ed (estrema) colpa grave.
 
In tale prospettiva le strutture sanitarie e socio sanitarie pubbliche e private e gli esercenti le professioni sanitarie non dovrebbero rispondere civilmente, all’infuori dei casi in cui l’evento dannoso sia riconducibile:
a) a condotte intenzionalmente finalizzate alla lesione della persona;
 
b) a condotte caratterizzate da colpa grave, specifica o generica, sia che dipenda da imperizia, sia che dipenda da negligenza o imprudenza, consistente nella macroscopica violazione dei principi basilari che regolano la professione sanitaria o dei protocolli o programmi emergenziali predisposti dalle autorità e dagli enti competenti per fronteggiare detta pandemia
 
c) a condotte gestionali o amministrative caratterizzate da colpa grave in quanto poste in essere in macroscopica violazione dei principi basilari che regolano la sicurezza delle cure, la prevenzione e la gestione del rischio connesso all'erogazione di prestazioni sanitarie e all'utilizzo appropriato delle risorse strutturali, tecnologiche e organizzative.
 
Ai fini della valutazione della sussistenza della colpa grave di cui alle lettere b) e c) del precedente periodo dovrebbero anche essere considerati la proporzione tra le risorse umane e materiali disponibili e il numero di pazienti su cui è necessario intervenire, nonché il carattere eterogeneo della prestazione svolta in emergenza rispetto al livello di esperienza e di specializzazione del singolo operatore.
 
In terzo luogo è auspicabile introdurre un regime di deroga temporanea - fino alla cessazione della emergenza Covid - anche rispetto allo stesso articolo 9 della L. 24/2017, disponendo la “sospensione” della vigente disciplina regolante la responsabilità per rivalsa o responsabilità amministrativa nei confronti degli operatori, attualmente correlata alle ipotesi di dolo e di colpa grave e profilando in tali casi una eccezionale e temporanea disciplina limitata esclusivamente al dolo, analogamente, del resto, a quanto già previsto dal citato articolo 21 del D.L. 16-7-2020 n. 76 con riguardo alla responsabilità in rivalsa erariale in campo amministrativo-contabile, con, tuttavia, alcune differenze sostanziali, in quanto l’ambito applicativo del suddetto intervento, proprio al fine di dare piena effettività alla previsione - pena l’inutilità dello stesso intervento - dovrebbe fare riferimento a fatti verificatisi durante il periodo di emergenza Covid, con valenza pertanto strutturalmente retroattiva, senza, altresì, discriminare tra condotte omissive e commissive dell’operatore, di difficile adattamento nel caso della responsabilità professionale
 
In buona sostanza è il concetto stesso di emergenza, mai come adesso invocabile, a marcare la “differenza” e a giustificare una rivisitazione della responsabilità in ambito sanitario funzionale e congrua con tale stato di fatto eccezionale, in un contesto che, privo di consolidate coordinate esperenziali e scientifiche, impone agli operatori di lavorare in situazione di costante ed estrema alea.
 
Da qui, la ormai ineludibile necessità di porre una nuova regola di responsabilità che calibri e limiti la responsabilità civile e penale di coloro i quali, responsabilmente, fronteggiano le emergenze. Ciò proprio al fine di tener conto delle difficoltà operative, strutturali e gestionali che in tali evenienze occorre fronteggiare consentendo che i servizi di pubblica necessità possano comunque essere garantiti pure in contesti estremi.
 
Come già prospettato in passato da Federsanità, tali interventi di temporanea ridefinizione dei limiti della responsabilità civile e penale di strutture e operatori sanitari in costanza della emergenza Covid dovrebbero essere poi affiancati, in prospettiva evolutiva, da un consolidamento a regime ed ulteriore sviluppo di adeguate tipologie di ristoro di tipo indennitario, che esaltino il valore della solidarietà sociale e l’importanza di una rinnovata alleanza tra paziente e SSN, insita nella mediazione tra il fondamentale interesse all’adeguato ristoro delle vittime e quello, altrettanto fondamentale, di mantenere vivo e solido il Servizio Sanitario Nazionale, impedendone, a legislazione vigente, il sicuro default.
 
Su questo fronte chiediamo al Governo di costruire una sinergia a livello europeo, che consentirebbe, anche in termini di sostenibilità economica, una politica di solidarietà estesa e condivisa con il perimetro europeo di diffusione della pandemia.
 
Tiziana Frittelli
Presidente di Federsanità-Confederazione delle Federsanità Anci regionali

16 marzo 2021
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